Nel cuore geografico e simbolico del Messico, lontano dalle metropoli e dalle spiagge, ci sono città che non appartengono soltanto al passato ma continuano a vivere come organismi vibranti di cultura e identità. Sono i cosiddetti Pueblos Mágicos: luoghi che racchiudono una lunga tradizione, un patrimonio architettonico unico e un’anima popolare ancora autentica. Ottenere questo titolo governativo non è semplice. Richiede la conservazione delle usanze, delle arti e dei mestieri, la cura dell’ambiente urbano e non ultimo la capacità di offrire un turismo sostenibile focalizzato a conoscere e rispettare la storia, l’arte, la cultura e la natura in totale sicurezza. Alcune città nel tempo hanno perso questo riconoscimento; altre, come Guanajuato e San Miguel de Allende, l’hanno superato, guadagnando il rango più alto: quello di Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco.
LABIRINTO MULTICOLOR
Adagiata fra montagne minerarie e vallate tortuose, Guanajuato è un labirinto di case colorate e di vicoli che si arrampicano come fili di un tessuto antico. Durante il periodo coloniale la città fu la spina dorsale dell’economia spagnola nel Nuovo Mondo. Le sue miniere d’oro e soprattutto d’argento fornirono per quasi due secoli la maggior parte dei metalli preziosi esportati verso l’Europa, generando immense fortune e un fasto architettonico che ancora oggi stupisce.
Una ricchezza che si tradusse in un paesaggio urbano dove si mescolano palazzi, conventi e chiese tardo barocche, piazze con giardini rigogliosi e ben curati e balconi in ferro battuto che al primo impatto sembrano città siciliane della Val di Noto immerse in un’atmosfera cubana.
Guanajuato non è una città pianificata; è cresciuta per necessità e ingegno seguendo il corso dei torrenti che un tempo la attraversavano e che ne hanno modellato le strade. Durante il XVIII secolo, a causa delle frequenti inondazioni, si decise di incanalare il fiume Guanajuato in un lungo tunnel sotterraneo. Era il 1780 quando nacque quella che oggi è una delle opere più singolari del mondo urbano: la Calle Miguel Hidalgo, conosciuta come La Subterránea. Costruita lungo l’antico letto del fiume, si estende per quasi due chilometri sotto il centro storico, attraversando arcate e volte imponenti.
Con il passare degli anni, l’ingegnoso sistema si è ampliato fino a oltre 13 chilometri di gallerie, divenendo non solo una via di comunicazione ma anche un capolavoro di architettura funzionale. È stata proclamata una delle 13 meraviglie create dall’uomo in Messico: una strada intricata che scorre nel sottosuolo di una città che vive in verticale.
L’ECO DELLA LIBERTÀ
Molto prima dell’arrivo degli spagnoli, il territorio di Guanajuato era abitato dagli Otomí, Pames e Guamares, popoli che svilupparono forme di vita civica e religiosa articolate, con centri cerimoniali e tradizioni minerarie. Quando nel 1541 i primi conquistadores spagnoli giunsero attratti dalle leggende di ricchezze inesauribili, trovarono un territorio già modellato dall’uomo. In pochi decenni, Guanajuato divenne un epicentro economico e culturale del Vicereame della Nuova Spagna, collegando il centro del Paese alle miniere settentrionali lungo la celebre Ruta de la Plata. Durante l’epoca coloniale, la città raggiunse un fasto senza precedenti. L’oro e l’argento finanziarono palazzi aristocratici, chiese imponenti, piazze e conventi. Una ricchezza anche culturale che alimentò l’orgoglio di appartenenza e che fece di Guanajuato un centro cruciale per la libertà messicana.
Nel 1810, quando esplose la rivolta per l’indipendenza, qui ebbe luogo la sanguinosa battaglia dell’Alhóndiga de Granaditas, l’assalto degli insorti guidati da Miguel Hidalgo alle forze realiste. Fu un episodio violento e decisivo, che ancora oggi è ricordato come simbolo di coraggio e di rinascita nazionale.
PAROLA D’ORDINE CULTURA
Dopo un secolo di guerre civili e rivoluzioni, il XX secolo riportò a Guanajuato un nuovo respiro. Nacquero nuove istituzioni culturali che ne ridefinirono il volto. Tra queste l’imponente Teatro Juárez completato nel 1903. Con le sue 12 colonne corinzie e le otto muse scolpite che vegliano sul frontone, il teatro è un tributo alla bellezza e all’ambizione dell’epoca porfiriana. Fu inaugurato alla presenza dello stesso Porfirio Díaz con la rappresentazione dell’Aida di Giuseppe Verdi e divenne subito un simbolo nazionale.
Dal 1972, il Teatro Juárez è il cuore del Festival Internazionale Cervantino, uno degli eventi culturali più importanti al mondo. Ogni ottobre, per 18 giorni, la città intera si trasforma in un palcoscenico a cielo aperto: balletti classici e folkloristici, spettacoli teatrali, musica sinfonica e popolare invadono vicoli, piazze e gradinate di pietra. Il festival, nato per volere del drammaturgo Enrique Ruelas, che volle portare il teatro in strada e per connettere il pubblico con le opere di Cervantes, è oggi membro delle più importanti reti internazionali che legano festival europei e asiatici, ed è considerato uno dei più prestigiosi al mondo al pari di quelli di Avignone, Santander e Berlino. Ogni anno rende omaggio a uno Stato messicano e a un Paese straniero promuovendo il dialogo culturale e la diffusione delle arti. Un’esperienza indimenticabile che da sola vale il viaggio.
L’ENERGIA DEI GIOVANI
Al centro di questo fermento culturale e dello stesso Festival Cervantino è l’Universidad de Guanajuato, erede dello storico Colegio del Estado che prese a sua volta il posto del potente collegio gesuita il cui ricordo è mantenuto dalla sua grandiosa chiesa dedicata al romano San Filippo Neri. Il suo edificio principale, bianco e monumentale, domina la città come una cattedrale della conoscenza. Oggi l’università accoglie circa 44.000 studenti provenienti da tutto il Paese e dall’estero, rendendo Guanajuato una città universitaria cosmopolita. La presenza giovanile conferisce alla città un’energia costante. Nei bar e nei caffè si discute di arte, politica e musica; nelle piazze si incontrano studenti, musicisti e viaggiatori. Ogni sera, i gruppi di estudiantinas – giovani musicisti in costume tardo rinascimentale – percorrono i vicoli suonando chitarre, trombe e mandolini, cantando serenate e leggende popolari. Seguendoli, cittadini e turisti formano allegre processioni notturne che attraversano il cuore antico di Guanajuato: è una delle tradizioni più amate e caratteristiche del luogo.
La vita notturna della città, animata e bohémienne, alterna locali storici, piccoli teatri, musica dal vivo e spazi culturali aperti fino a tardi. Guanajuato non dorme mai del tutto: le sue notti, illuminate dai lampioni in ferro Belle Époque e dal suono delle chitarre, sono un’estensione della sua vocazione artistica, vivace e divertente.
L’IRONIA DI IBARGÜENGOITIA
Ma per comprendere l’essenza di Guanajuato è consigliabile prendersi un po’ di tempo e fermarsi in uno dei giardini della città per sfogliare le pagine di uno dei suoi figli più autorevoli, lo scrittore e giornalista Jorge Ibargüengoitia (1928– 1983). Con la sua prosa ironica e disincantata, Ibargüengoitia descrisse la provincia messicana come un teatro umano fatto di contraddizioni, sogni e fallimenti. Nel romanzo “Estas ruinas que ves”, ispirato proprio alla sua città natale, rappresentò con umorismo tagliente il carattere dei guanajuatenses e il peso della loro eredità storica. Ibargüengoitia seppe guardare con affetto e sarcasmo al suo luogo d’origine, svelandone l’anima quotidiana oltre la facciata monumentale. La sua tomba, nel Parco Florencio Antillón, è oggi un punto di riferimento simbolico per chi ama la letteratura messicana e per chi riconosce nelle sue parole il ritratto più vero di Guanajuato: una città splendida, contraddittoria e vivace.
IN MEMORIA DI ALLENDE
A circa 90 chilometri da Guanajuato, anche San Miguel de Allende rappresenta un crocevia di storia, arte e cultura. Fondata nel XVI secolo, prosperò grazie al commercio lungo la Ruta de la Plata e divenne un centro coloniale di grande armonia urbana. La città deve parte del suo prestigio a Ignacio Allende, uno dei protagonisti dell’indipendenza messicana. Figura militare di rilievo, Allende fu accanto a Miguel Hidalgo nel primo grido d’emancipazione e la città ne conserva ancora oggi memoria e orgoglio, con monumenti e dediche in suo onore a partire dalla sua casa natale, oggi un museo irrinunciabile per capire la storia messicana.
RINASCITA CON L’ARTE
Il periodo porfiriano portò nuove influenze architettoniche: le panchine in ghisa della piazza principale ricordano i giardini parigini, mentre la cupola del convento delle Monjas si ispira a quella dell’Hôtel des Invalides. La città mantiene un’eleganza sobria, con case color miele e strade acciottolate che conducono verso il santuario neogotico di San Miguel Arcángel.
Dopo la crisi delle miniere, all’inizio del XX secolo, San Miguel cadde in un lungo silenzio. Fu poi dichiarata Monumento Storico Nazionale nel 1926 e, grazie all’arrivo di artisti americani nel dopoguerra, conobbe una rinascita inattesa. Pittori, scrittori e intellettuali statunitensi si stabilirono qui attratti dalla luce, dai colori e dal ritmo tranquillo della città.
La fondazione nel 1939 della Escuela de Bellas Artes, diretta da Stirling Dickinson, trasformò la città in un centro internazionale delle arti visive. Oggi, circa 20.000 immigrati statunitensi e canadesi sono residenti permanenti integrati perfettamente con la comunità locale che contribuiscono a creare un ambiente cosmopolita e creativo, che racconta un Messico vitale in grado di mantenere fede alla sua lunga tradizione di avanguardia culturale dell’intero Continente americano.



