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Alitalia, per la vendita rispunta l’ipotesi spezzatino

Ai primi di marzo verrà pubblicato l’ennesimo bando per la vendita di Alitalia con una ipotesi spezzatino alla quale starebbero lavorando il commissario, Giuseppe Leogrande, e il direttore generale, Giancarlo Zeni, affidando alla società di consulenza Rothschild l’incarico di redigere i contenuti del bando stesso.

L’indicazione di procedere ad una vendita scorporata verrebbe direttamente dal Mise: nel dettaglio le tre linee di vendita riguarderebbero innanzitutto il settore aviation (quello più appetibile, ndr) con flotta, diritti di volo e personale navigante composto da circa 6.500 addetti, a seguire l’handling aeroportuale e la manutenzione per un totale di quasi 5.000 addetti.

E sempre secondo le prime indiscrezioni nel bando sarebbe delineato uno schema modulare rispetto alle valutazioni degli offerenti non più basato sul prezzo di vendita – che comunque complessivamente non supererebbe il miliardo di euro – bensì sulla conditio sine qua non di un business plan che rispetti i livelli occupazionali.

Sul bando e sull’ipotesi spezzatino, comunque, grava pesantemente il prestito-ponte di 1,3 miliardi di euro che, a questo punto, verrebbe riversato su una bad company, secondo uno schema ben conosciuto non solo in Italia ed in Alitalia, ma anche nell’Unione Europea che non ha certo spento i riflettori su queste manovre del Governo per salvare la compagnia aerea nazionale.

Su questi soldi, infatti, grava l’ipotesi di “aiuti di Stato” su cui le compagnie aeree competitor, a partire da British Airways, hanno insistentemente animato il dibattito mediatico, chiedendo in più occasioni alla Ue di fare chiarezza e far scattare quelle eventuali infrazioni che non farebbero certo bene all’epilogo dell’intera vicenda.

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