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Allarme lavoro, 29mila adv rischiano il posto

Almeno 29mila dipendenti della filiera del turismo rischiano il posto di lavoro. È l’allarmante dato evidenziato da Fiavet Lazio, che ha ribadito il valore di questo settore, che si attesta sul 13% del Pil, con una rete di 4,2 milioni di occupati, di cui 29mila – appunto – nell’ambito delle agenzie di viaggi a livello nazionale, senza tenere conto del lavoro prestato dai titolari e da collaboratori familiari. Un settore che tra le sue voci principali di fatturato ha i viaggi di nozze all’estero e i tour internazionali, e per questo è tra i più colpiti dalla pandemia.

Secondo l’associazione, poi, c’è un altro fenomeno parallelo al Covid: la legalizzazione di imprese cosiddette “no profit”, che non sono adv autorizzate e non contribuiscono al Pil. Le istituzioni – denuncia Fiavet Lazio – permettono a circa 38 mila operatori abusivi, non solo di essere competitor sleali per le agenzie di viaggi, ma anche di evadere le tasse fino a circa 2 miliardi di euro. Soldi che potrebbero essere spesi per sanare gli enormi buchi neri venutisi a creare a causa della forzata chiusura.

Nella sua nota, l’associazione sottolinea poi come le imprese di viaggi legali si sarebbero aspettate pieno appoggio e tutela da parte dello Stato in un momento di forte crisi. Al contrario, soprattutto i recenti interventi pubblici dei membri del governo Draghi hanno spiazzato gli operatori turistici.

Forse all’esecutivo sfugge, insiste Fiavet Lazio, che le adv e t.o. autorizzati e con regolare licenza pagano le tasse allo Stato italiano e che i loro 29.000 dipendenti sono persone che abitano in Italia, che pagano le tasse in questo Paese e che ora rischiano il posto di lavoro.

“L’estate – prosegue la nota – doveva segnare il rilancio di questo settore, così fortemente compromesso, invece sono arrivati a pioggia una serie di alert, assolutamente legittimi della Farnesina, in merito alle partenze verso l’Europa, che però sono stati subito rielaborati dai media con grandi titoli generando il panico. Ci rendiamo conto che l’informazione è importante: avvisare, assistere, accompagnare chi viaggia è d’altronde alla base del nostro lavoro. Siamo i primi noi a farlo. È importante che i nostri connazionali stiano bene, ma la soluzione migliore sono gli avvisi, non i moniti. Per esempio suggerire a chi è in partenza di essere prudente, utilizzare la mascherina, lavarsi spesso le mani, mantenere il giusto distanziamento fisico. Che poi sono le stesse regole che si chiede di rispettare in Italia”.

A Fiavet Lazio le parole del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, non appaiono affatto eque: da un lato denigra il viaggio all’estero e dall’altro esalta il viaggio in Italia, come se avesse dimenticato che i contagi sono risaliti in egual misura anche nel nostro territorio nazionale.

La nota si conclude con amare constatazioni: “Dove sono i ristori mancanti per tutti coloro che non hanno potuto operare nel lunghissimo periodo di 17 mesi di buco operativo, durante i quali agenzie e tour operator hanno tenuto duro pensando ottimisticamente al futuro? Qualcuno se n’è approfittato e questa storia comincia a farsi sentire. Soprattutto se si pensa ai tanti fondi non erogati in modo efficace come i bonus vacanze rimasti inutilizzati. Circa la metà delle famiglie aventi diritto non li hanno spesi, o non li hanno potuti spendere. È bene che le istituzioni, piuttosto che chiudere i canali per l’Europa, si attivino invece a favore dell’unico strumento utile: il green pass. Va fatta pressione affinché gli Stati membri dell’Ue formulino delle linee guida comuni e non, come si è visto, che si muovano con una gestione autonoma. La cooperazione è l’arma più potente per contrastare il diffondersi del virus, non il blocco delle nostre vite e dei viaggi, e va indicato ai cittadini, chiaramente, come comportarsi, tanto all’estero quanto in Italia”.

 

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