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Alpitour, anno uno:
lo schema di Ezhaya

Ezhaya_Pier_Alpitour

La nuova vita di Alpi è tutta racchiusa in un numero: l’indivisibile uno. Uno come l’anno corrente, il 2021. Uno come la società madre Alpitour Spa che riporta a casa, assorbendole, le figlie Eden Viaggi Spa e Press & Swan Spa. Uno come One, il nome del nuovo contratto unico stipulato con le adv. Uno come parametro di ogni azione condotta in pandemia dal direttore generale t.o. Pier Ezhaya, il cui schema – raccontato in questa intervista esclusiva – è stato, appunto, riportare all’unità i tour operator di casa.

Partiamo dal già annunciato riassetto aziendale. Che evoluzioni ci sono?
«Il grosso del lavoro è stato fatto, siamo molto soddisfatti dell’assetto raggiunto. Oggi abbiamo una struttura estremamente semplificata che ha messo a fattore comune i talenti delle tre Spa con la catena decisionale più snella, immediata e focalizzata per poli. A Torino e Pesaro farà capo il mainstream, a Milano le specialties. In particolare, a Pesaro, stiamo ultimando i lavori nella nuova sede, dove prevediamo di trasferirci in estate. La squadra ora è molto forte con le persone giuste al posto giusto. E consolidando i volumi, abbiamo anche maggiore forza contrattuale con i fornitori esteri».

La pandemia ha accelerato una riorganizzazione che era già prevista?
«Esatto. Aver potuto realizzare questo a motori fermi è stato ottimale. Anzi, non riesco a pensare a come avremmo potuto mettere insieme tre società con i flussi normali di attività. È come aver fatto un tagliando alla macchina approfittando di averla ferma sul ponte».

L’attenzione ora è sui brand: in una logica di semplificazione, bisognerà fare qualche rinuncia.
«È evidente che dovremo convogliare l’offerta su meno marchi. Il nostro obiettivo è tornare in comunicazione e per farlo dovremo focalizzarci sui brand con maggiori potenzialità».

Ci può dire quali sono?
«Alpitour, Francorosso, Eden Viaggi, Bravo Club e Turisanda. Le indagini di mercato ci dicono che questi sono i marchi più noti a livello di cliente finale. In particolare, Alpitour, Francorosso ed Eden Viaggi hanno un livello altissimo di awareness. È ovvio che non possiamo non sfruttare questa opportunità costruita in tanti anni di attività».

Parliamo del rapporto con le agenzie di viaggi. C’è un nuovo contratto? Cosa prevede?
«Anche in questo caso abbiamo deciso di semplificare. Abbiamo approfittato della riorganizzazione societaria per elaborare il nuovo contratto chiamato One. Oggi, attraverso un unico schema semplice e con solo quattro commissioni diverse, è possibile vendere qualsiasi prodotto del Gruppo. Nell’ultimo anno, voglio ricordarlo, siamo stati molto vicini al trade anche con campagne come Alpitour è con te, Ripartiamo, Twenty-one e Freedom, tutte iniziative che hanno permesso alle agenzie di offrire ai clienti un’ampia gamma di soluzioni e tutele».

Guardiamo al futuro. Quando aprirete le vendite per l’estate?
«Le vendite sono già aperte, ma purtroppo in questa situazione gli ordini sono piuttosto esigui. Crediamo, però, che appena cambierà il mood nel Paese ci sarà una forte risposta della domanda turistica. L’importante è superare questo periodo così buio e cupo»

È possibile fare previsioni sulla ripartenza?
«Lo scenario è in continua evoluzione e anche molto instabile, ma confidiamo nella primavera. Prevediamo una situazione ancora critica fino a marzo-aprile. Dopo potrebbe esserci un miglioramento delle condizioni grazie anche all’aumento progressivo delle persone vaccinate e immunizzate e all’arrivo della stagione estiva che riduce la contagiosità del Covid-19. Va anche detto che stiamo imparando a convivere con questo virus e quest’estate saremo più pronti».

Cosa si venderà inizialmente? Su quali prodotti potranno contare le adv?
«Partiamo dalle certezze. Sicuramente Italia, tanta Italia, ma anche il Mediterraneo con Grecia e Spagna. Certo, mon potremo però pensare di fare un’estate con solo queste tre destinazioni. Dovremo necessariamente allargare il raggio d’azione almeno all’Egitto e alla Tunisia, all’East Africa con Kenya, Zanzibar e Madagascar e anche all’Oceano Indiano. Per il resto del mondo, staremo a vedere. In attesa di questo ci siamo mossi sull’Italia con la linea It Parade che valorizza le eccellenze turistiche, gastronomiche e culturali del nostro Paese».

I corridoi turistici restano un miraggio?
«Purtroppo sì. Il dialogo con il ministero degli Esteri al momento è fermo. Da tempo abbiamo chiesto di aprire corridoi turistici verso Paesi Covid free, ma finora non siamo stati ascoltati. Avevamo suggerito di adottare il modello crociere con un tampone pre/post viaggio che avrebbe creato una bolla di sicurezza sanitaria, ma non c’è stata da parte del governo la volontà di prendere questa decisione. A dire il vero, la Farnesina è sempre stata possibilista, mentre il ministero della Salute ha bloccato ogni proposta. Un rifiuto senza spiegazioni, se non quella della pandemia. Quasi una posizione ideologica, più che una valutazione dei rischi e delle opportunità».

C’è anche il tema del passaporto vaccinale in discussione a Bruxelles.
«Sì, anche se è arrivato un forte parere negativo dell’Oms. Comunque, la cosa che più mi indigna è che non ci sia un coordinamento europeo su queste cose. Oggi da Francoforte o da Parigi puoi andare in molte destinazioni, dall’Italia in nessuna. I nostri alberghi in Egitto sono pieni di polacchi e russi. La Polonia fa parte dell’Ue, o sbaglio? Per la ripartenza del travel serve assolutamente un tavolo comune europeo».

La ripartenza coinciderà anche con il riscatto dei voucher. Questo quanto peserà sulle casse?
«Graverà tanto. Se i voucher sono stati un aiuto prezioso a inizio pandemia, a scadenza comporteranno uscite di cassa importanti che forse non tutte le realtà hanno ben valutato. Va infatti considerato che, quando li attivi, importi servizi che dovrai pagare e per i quali non riceverai cash. Il dato oggettivo è che i voucher sono stati un beneficio per la cassa nel 2020, ma saranno un onere nel 2021. Trovare un equilibrio sarà un’operazione complessa per gli operatori».

Sempre in tema di cassa: è più soddisfatto o arrabbiato per quanto ottenuto dal settore?
«Qui dovrei mettermi il cappello di Astoi e non mi piace mai mischiare le cose. Ma posso rispondere come uomo d’azienda. Sono soddisfatto dei ristori marzo-luglio. Nessun settore turistico europeo ha ottenuto tanto e bisogna avere l’onestà di riconoscerlo, invece di protestare sempre e a prescindere. Non sono soddisfatto, invece, di come questi fondi non siano ancora arrivati nelle casse delle imprese o per anomalie tecniche o, come nel caso delle 77 aziende più grandi tra cui Alpitour, per dei blocchi delle autorizzazioni europee. Il settore soffre da mesi e necessita di interventi veloci, tanto più se sono già stati approvati. Non sono soddisfatto neanche di quanto stanziato da agosto a dicembre: solo 100 milioni rispetto ai 625 di marzo-luglio. Non c’è nessuna proporzionalità tra questi due stanziamenti e nel periodo agosto-dicembre si stima che il settore abbia perso 7 miliardi di euro di fatturato. Quindi, sono soddisfatto solo in parte. Ma l’unica strada che vedo per ottenere risultati è il dialogo con il governo invece dell’assalto a Capitol Hill».

E intanto il premier Giuseppe Conte sale al Colle per rassegnare le dimissioni. Una cosa del genere che effetto ha sul settore?
«La crisi di governo è una pessima notizia, al di là della propria idea politica. Vuol dire instabilità. Vuol dire immaginare di ricominciare il dialogo con nuovi interlocutori istituzionali. Proprio ora che, dopo aver discusso tanto, eravamo riusciti a far conoscere e capire il settore nella sua complessità. Vuol dire ripartire dal “Via” come nel Gioco dell’Oca. Speriamo che ciò non accada».

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