Di tempo ce n’è fino al 2028 per realizzare un «sogno»: far sì che Astoi Confindustria Viaggi diventi – senza margini di obiezione – il più alto rappresentante del turismo organizzato. Un pezzo di strada è stato percorso. Resta l’ultimo, fondamentale, miglio. Pier Ezhaya, appena rieletto per la terza volta presidente, è già in marcia. Lo dimostra in quest’intervista esclusiva in cui rivela il suo manifesto, che prevede due mosse potenti. La prima: attivare verticali specializzate nei vari “turismi”, tra cui l’arrembante segmento education, adattando lo Statuto. E poi la seconda e più complessa: dotare l’associazione dei tour operator di un ramo distribuzione, con Aidit tra i partner papabili con cui collaborare strutturalmente. Non sarà la superfederazione su cui per tempo si è fantasticato, ma poco ci manca.
Terzo giro di giostra alla guida di Astoi Confindustria Viaggi. Con che spirito inizia il nuovo mandato?
«Con grande entusiasmo e senso di responsabilità. Ho spiegato ai soci che è stato molto difficile per me conciliare il mio incarico privato in Alpitour – che non è per niente banale – con quello istituzionale in Astoi, ma ho raccolto un forte consenso sul mio operato e un diffuso auspicio per una mia prosecuzione. Ho così deciso di accettare questa importante manifestazione di fiducia che si tradurrà in grande senso di responsabilità verso chi l’ha riposta in me».
Qual è il suo programma per il prossimo triennio?
«I punti chiave sono sostanzialmente tre, al netto delle situazioni di emergenza che per natura si presentano senza preavviso. Il primo è la direttiva pacchetti; sappiamo che nell’arco di questo mandato sarà ratificata dal nostro governo, ma c’è ancora molto da fare. È pur vero che l’abbiamo migliorata in molti suoi punti ma rimane ancora una direttiva ingiusta verso il nostro comparto e dobbiamo pertanto risolvere ancora due o tre punti determinanti per il nostro futuro. Il secondo punto è la formazione. Veniamo da un programma in nove moduli fatti con Accenture, una delle società primarie nel campo della consulenza e dobbiamo proseguire. Siamo l’unica associazione ad aver messo a disposizione dei propri soci un programma di formazione di questo tipo e dobbiamo continuare ad accompagnarli in questo importante periodo di trasformazione, tecnologica ma anche sociale e di costume. Infine, il terzo punto è difendere la visibilità sui media. Oggi Astoi gode di un’ampia visibilità e spazio sui canali consumer. È importante mantenerla per riuscire a far arrivare ai clienti finali il valore del nostro comparto».
Le chiederei se c’è ancora un filo di speranza riguardo alla costituzione di una superfederazione, che raggruppi tutte le sigle del turismo organizzato, ma temo di sconfinare nell’utopia…
«In realtà c’è un progetto, ma forse è presto per parlarne perché è di difficile attuazione. Il mio sogno far diventare Astoi un’associazione plurale e multiforme in cui trovino casa alcuni segmenti di turismo che oggi non sono coerentemente rappresentati. Al nostro interno abbiamo una rilevante quota di soci del segmento education, ne abbiamo qualcuno che si occupa di incoming, uno che fa crociere e uno che si occupa di charter nautico. Mi piacerebbe se sotto il cappello di Astoi si costituissero delle “verticali” specializzate in questi segmenti di turismo adattando Statuto e regolamento alle singole verticali perché bisogni e caratteristiche sono molto diversi tra loro. Sarebbe interessante avere anche un ramo distribuzione, magari iniziando a collaborare più strutturalmente con Aidit, che è già in Confindustria e in Federturismo, ma questo è un passo ulteriore. Insomma, lo scopo è far diventare Astoi il massimo rappresentante del turismo organizzato. Pur abbandonando purtroppo ogni progetto federativo interassociativo».
Progetto assai interessante. Nel frattempo, come procede il dialogo con le altre sigle?
«Direi che funziona in base alle associazioni che abbiamo davanti. Con alcune c’è una relazione attiva e costruttiva; con altre un rapporto di buon vicinato; con altre ancora semplicemente non ci parliamo».
In molti avrebbero scommesso sulla sua rielezione. Così come sulla conferma di Mele vicepresidente. Un volto nuovo è invece la vp eletta Ricciardi. Come accoglie il suo ingresso in carica?
«Con grande soddisfazione. Conosco bene Antonietta Ricciardi perché nel mio primo mandato era nel Consiglio direttivo. È una persona capace, seria ed è dotata di un forte spirito associativo. Mi piace pensare che uno dei due vicepresidenti sia anche il rappresentante del segmento education, che deve avere sempre più rilevanza e dignità nella nostra associazione. Poi, come tutte le cose, si verificherà sul campo, ma intanto sono contento che sia stata così ampiamente votata e di lavorare con lei nel Consiglio di Presidenza».
Il ministro Santanchè è intervenuto con un video messaggio all’assemblea elettiva. Segno che il dialogo con le istituzioni è ormai apertissimo…
«Guardi, con Daniela Santanchè e con il suo ministero, in particolare con il capo di gabinetto Erika Guerri che è davvero molto collaborativa, abbiamo un dialogo fluido, costruttivo ed aperto. Devo riconoscere al ministro il fatto di essersi sempre seduta al tavolo con le associazioni, ascoltando le nostre richieste e spesso intervenendo per farle accadere. Era molto dispiaciuta di non poter partecipare di persona alla nostra Assemblea perché era impegnata in una missione a Dubrovnik, ma ci ha tenuto a mandarci un video messaggio per farci sentire la sua vicinanza. Non è che l’abbia visto fare da molti ministri prima di lei…».
La sua presidenza è stata finora nel segno della fermezza. E alcune scelte hanno fatto discutere. Una su tutte, l’assenza del Villaggio Astoi nelle ultime fiere. Il format può dirsi tramontato? Qual è la sua posizione nei confronti di tali eventi di settore?
«Non abbiamo assolutamente abolito il Villaggio Astoi; abbiamo deciso di non partecipare ad alcune fiere con quella formula e questo è casualmente avvenuto nelle ultime due, ma il format rimane vivo e in salute. Le fiere non sono tutte uguali ed evolvono anch’esse. Ci sentiamo e ci sentiremo liberi di valutare le future partecipazioni senza obblighi ma misurando l’opportunità di parteciparvi o meno. È chiaro che il Villaggio Astoi ha anche delle caratteristiche “logistiche” e quindi, quando ci invitano, devono tener conto di come deve essere strutturalmente realizzato. Tolto questo, valutiamo di volta in volta senza dire no a nessuno a priori, ma nemmeno sentendoci obbligati a partecipare a una o all’altra fiera».
Il tour operating, come il travel in generale, è nel mezzo di una rivoluzione tecnologica che in tre anni potrebbe mutarne radicalmente i connotati. Come si evolverà il ruolo dell’associazione in questa fase?
«Accompagnando i soci a seguire da vicino questa profonda trasformazione digitale che sta interessando il nostro settore e non solo. Diciamo che ci avevano dato per morti già tante volte, prima con internet, poi con i social, poi con il Covid (e lì ci siamo andati vicini), adesso con l’Ai e la Gen Ai. Io penso che dobbiamo invece andare incontro a queste innovazioni e proprio attraverso la formazione vogliamo aiutare i nostri soci, soprattutto quelli medio-piccoli a non rimanere indietro».
Tra gli strumenti messi in campo da Astoi, ne cito tre: l’Osservatorio, la piattaforma Adv Overview e – appunto – la formazione The Future of Travel con Accenture. Quale sarà (se ci sarà) il quarto?
«Per ora non c’è nessun quarto. Mi sembrano tre progetti straordinariamente importanti; uno che ha a che fare coi dati di cui il nostro settore è incredibilmente carente, un secondo che monitora la legalità e un terzo che mira all’evoluzione del nostro comparto. Non male, no? Sono tre progetti vivi che andranno avanti e che caratterizzano la nostra associazione rispetto alle altre».
Una domanda più “intima”: cosa la entusiasma e cosa invece la affatica di più del ruolo di presidente Astoi?
«Mi entusiasma aiutare il settore a evolversi. Essere a capo di un’associazione significa proprio questo: sintetizzare la pluralità di pensiero che strutturalmente esiste e aprire nuove strade per maturare a livello sistemico. Significa spogliarsi del ruolo privato e ragionare per il bene del settore; un po’ come quando lasci la tua squadra di club per andare a giocare in Nazionale, per un bene più alto. Occorre, però, che questo spirito sia condiviso da tutti i soci non solo dal presidente. Che si partecipi dimenticandosi, almeno in quel frangente, della propria appartenenza aziendale. Un’associazione è forte proporzionalmente alla sua capacità di fare questo, di abbandonare gli interessi privati in cambio di un’evoluzione del settore in cui si opera. Quello che mi affatica di più? I tempi e i metodi della politica, ma su questo aspetto possiamo fare poco».
Questo sarà il suo ultimo mandato da presidente? Ci dica, con la schiettezza che la contraddistingue, qual è il vero risultato che alla fine di questa lunga partita si augura di portare a casa.
«Sì, questo ragionevolmente sarà il mio ultimo mandato. Ho imparato che, per lasciare un segno, bisogna consegnare le cose in uno stato migliore rispetto a come le si è trovate. So che oggi Astoi è un’associazione forte, credibile, autorevole e visibile. Mi auguro possa allargare il suo perimetro, diventare omnicomprensiva delle tante anime che abitano il turismo ma, la cosa più importante, è che sia migliore del settembre 2020, quando iniziai, nel periodo più traumatico possibile, questo lungo e positivo percorso».

