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Astoi incontra Santanchè.
Intervista esclusiva a Ezhaya

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I vertici di Astoi Confindustria Viaggi hanno varcato ieri la soglia di via di Villa Ada, sede del ministero del Turismo. Di scena il primo bilaterale tra l’associazione dei tour operator e Daniela Santanchè, all’indomani della presentazione alla filiera della bozza del Piano strategico del turismo 2023-2027. Dal presidente dei t.o., Pier Ezhaya, un messaggio forte e chiaro al ministro: “maneggiare” con cura gli operatori dell’outgoing, il cui know how esterofilo potrà servire a potenziare l’incoming e, in generale, a migliorare il sistema turistico nazionale. Di questo e molto altro abbiamo parlato con lui in questa lunga intervista, realizzata a margine dell’incontro a Roma.

Piano strategico, the day after. Un parere a caldo.
«Accogliamo con favore l’apertura del ministro che, pur avendo già realizzato il primo draft del Piano, ha espresso ampia disponibilità a completarlo e ad accogliere le nostre osservazioni».

Che vi siete detti nel faccia a faccia?
«Nell’incontro tra la nostra associazione e il ministro Santanchè abbiamo evidenziato l’importanza del turismo outgoing proprio come elemento di miglioramento del turismo incoming. Se invece di guardarci come “quelli che mandano i turisti all’estero” venissimo visti come “coloro che l’estero lo conoscono benissimo” e possono quindi aiutare, attraverso un’attività di benchmarking, a migliorare il sistema turistico nazionale, allora si potrebbe fare un salto di scala e cominciare a pensare in grande».

Al ministro Santanchè chiedete, quindi, un salto di qualità.
«Sì, trasformare questo settore in un’industria come avviene in altri Paesi europei. Scrivere insieme un Piano, di ampio respiro e lunga gittata, che resista anche ai cambi di governo e mettere sul campo, non solo idee, ma anche risorse: perché nulla si realizza senza investimenti, che non devono essere fatti solo da “cash”, ma anche da politiche lungimiranti che favoriscano lo sviluppo. Una cosa su tutte, degli oltre 220 miliardi del Pnrr destinato all’Italia solo poco più di 2 sono andati al turismo; in Spagna – che sul turismo è avanti anni luce rispetto a noi – ne sono stati investiti 25. Occorre dire altro?».

In generale, crede che il nuovo governo si stia occupando a sufficienza e nel giusto modo del settore turistico?
«Sinceramente è presto per dirlo. Ho interloquito solo alcune volte con il ministro e solo una volta in un one-to-one più approfondito e costruttivo. Da quel poco che ho visto, però, una cosa la posso dire:  Daniela  Santanchè ha assunto l’incarico con il giusto piglio e anche il giusto orgoglio. Poi, come sempre, saranno i fatti a parlare».

In tutto ciò, il turismo organizzato continua a presentarsi frastagliato ai vari tavoli, nuocendo a sé stesso. Il suo progetto di una “super federazione” è ancora in piedi o ha perso le speranze?
«Siamo molto indietro e, purtroppo, questa è la malattia del nostro paese. Siamo divisi per Dna e ci sono troppi protagonismi. Se nessuno è pronto a fare un passo indietro, non si potrà mai coagulare la moltitudine associativa che abita il turismo organizzato. Continuo a sperarci ma, se devo essere onesto, un po’ meno di prima».

Parliamo d’altro. Siamo al giro di boa del primo bimestre 2023. Com’è iniziato l’anno per il tour operating e che prospettive ci sono?
«Devo dire che stiamo andando oltre le più rosee aspettative. Già le festività di fine anno avevano dato dei segnali molto incoraggianti, ma con l’inizio dell’anno nuovo vediamo trend più solidi e ottime curve di ordinato, non solo sull’estate, ma anche sulle spalle di stagione. Insomma, siamo ripartiti. Finalmente».

Quale scenario si staglia ora dinanzi all’industria turistica?
«Abbiamo alcuni fattori favorevoli e altri avversi. La domanda è molto forte, la magnitudo del settore elevatissima e soprattutto la vacanza è diventato un bisogno ancor più incomprimibile, proprio dopo la pandemia. Per contro dobbiamo fare fronte a un’inflazione degna degli anni ’80 e a un po’ di instabilità degli operativi aerei con sullo sfondo il perdurante scenario drammatico del conflitto russo-ucraino».

Uno dei temi caldi resta quello dei rincari, da più parti confermati. Come sta reagendo il mercato all’aumento delle tariffe medie?
«Lo sta accettando anche perché, onestamente, non esistono impatti inflattivi che possano essere assorbiti dal tour operating. Al di là di qualche dichiarazione commerciale, che strizza l’occhio al mercato, la verità è che la redditività storica di questo settore non consente di assorbire nemmeno una parte dei rincari che arrivano “da monte”. Credo però che di questo ne siano consci anche i consumatori che, peraltro, vedono l’inflazione attecchire su tutti i beni di consumo. Forse il fatto che avvenga un po’ ovunque ne aiuta la comprensione».

Astoi è reduce da Bit dove ha partecipato con il suo Village. Soddisfatto della visibilità ottenuta o si aspettava di più?
«Molto soddisfatto delle presenze sia di domenica, sia di lunedì, e ancor più soddisfatto del nostro modello “a villaggio” che ci rende più visibili e ci permette di fare squadra senza inutili competizioni. Io dico sempre che c’è un tempo per fare sistema e un tempo per competere. Cerchiamo di fare sistema prima, per far conoscere ai consumatori il valore del turismo organizzato e del tour operating. Una volta che avremo attirato più clienti, ognuno poi andrà a prenderseli come meglio può. Invece, se devo essere sincero, sono un po’ deluso dalla copertura stampa della manifestazione. Continuo a pensare che i media consumer non diano il valore giusto a questo settore che trova spazio solo quando sta per crollare o grida di dolore, ma non quando riparte e può diventare un volano per l’economia del nostro Paese».

Astoi sta mappando le agenzie di viaggi con Adv Overview. L’iscrizione al database, per scelta di diversi t.o., è già obbligatoria. Qual è l’umore della distribuzione?
«Ci sarebbe molto da dire qui. In linea di massima, lo strumento sta funzionando bene e oggi sono più di 2mila le agenzie di viaggi che si sono registrate. Vedo, però, i soliti vizi del nostro settore che, forse, sono gli stessi del nostro Paese. Quando qualcuno cerca di fare qualcosa immediatamente si generano due categorie di pensatori: i “detrattori” e i “benaltristi”. I primi sono quelli che infangano e pensano a complotti e seconde agende; i secondi  sono forse meno negativi dei primi, ma in qualche modo non aiutano l’iniziativa. Sono quelli del famoso “sì, interessante, ma ci vorrebbe ben altro”. Il problema è che però non fanno nulla per costruirlo, lo invocano e basta. Io credo che, soprattutto dopo la pandemia, si debbano abbandonare le posizioni ideologiche e che occorra smettere di stare su rive opposte del fiume. Cerchiamo di costruire un ponte per unire le sponde, semmai. Non dimentichiamo che proprio durante il Covid abbiamo misurato la credibilità del turismo organizzato e chiunque abbia un po’ di onestà intellettuale deve ammettere che è necessario essere più credibili verso le istituzioni. Credo che presentarsi con un sistema integrato, legale e condiviso tra i due principali anelli della filiera sia semplicemente logico e aiuti il settore a essere più credibile. Poi se qualcuno preferisce “abbaiare alla luna”, va bene ma a poco serve.

Come trova oggi la rete agenziale?
«La vedo trasformata. Molte nuove forme di vendita come l’abbandono del posto fisico a favore di un’attività più da consulente di viaggio, ma devo anche dire che i punti cardinali del mercato sul fronte distribuzione sono rimasti ben saldi. Anzi, forse ancora più forti».

La grande sfida è anche comunicare al cliente finale il valore aggiunto del turismo organizzato. Avete in cantiere operazioni con tale finalità?
«Idealmente sì; poi bisogna far accadere le cose e questo può avvenire solo attraverso importanti investimenti in comunicazione. Prima della pandemia eravamo andati in comunicazione; ora forse è il momento di tornarci, ma prima dobbiamo far cicatrizzare bene le ferite post Covid delle imprese, poi investiremo anche su questo».

Altro tema cruciale è la sostenibilità. Astoi “sostiene” in questo ambito i suoi associati? In che modo?
«Uno dei precisi obiettivi del mio secondo mandato è la formazione. Credo che stiamo vivendo un momento di profonda trasformazione culturale e generazionale. A molti attori del comparto ciò è visibile in maniera disordinata e non organica, ma se ci si sforza di “unire i puntini” ci si renderà conto che il disegno è molto chiaro e che se non evolviamo ci verrà addosso. Sempre più le aziende devono diventare, non solo dei produttori di reddito, ma anche delle realtà che si occupino di ciò che accade attorno a loro e che ha a che fare con l’ambiente, la cultura, il sociale, l’inclusione e in senso lato le persone. Da questo punto di vista il turismo può giocare un ruolo fondamentale perché getta ponti tra culture diverse, popoli lontani, abitudini e costumi che sempre più devono parlarsi invece che sfidarsi. Ma se devo essere sincero questa sensibilità non è ancora così diffusa tra i soci di Astoi e in questo senso mi prodigherò per rafforzarla».

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