Balneari: cosa chiede l’Europa, cosa rischia l’Italia

Balneari: cosa chiede l’Europa, cosa rischia l’Italia
13 Ottobre 10:18 2025

A poche ore dalle nuove dichiarazioni del ministro dei Trasporti e vice premier, Matteo Salvini, sul tema delle concessioni balneari, alla Fiera di Rimini, si riaccende la polemica tra l’Italia e l’Unione Europea, che in una lettera della Commissione datata 7 ottobre ribadisce la sua posizione su aspetti importanti della questione ‘indennizzi’, concludendo che “la procedura d’infrazione è in corso”.

Un implicito riferimento al fatto che l’Esecutivo comunitario, in mancanza di misure in linea con il diritto Ue da parte dell’Italia, può sempre emettere un “parere motivato” contro l’Italia e adire poi la Corte di Giustizia.

L’Italia, dunque, rischia una seconda condanna della Corte, che comporterebbe molto probabilmente salatissime multe pecuniarie addirittura giornaliere, da pagare fino a che la normativa nazionale non verrà messa in regola con il diritto Ue, oltre a una sanzione proporzionale alla gravità dell’infrazione e alla sua durata pregressa.

Per dovere di cronaca va detto che la controversia dell’Italia con Bruxelles, è cominciata nel 2016, a seguito di una domanda di pronuncia pregiudiziale del Tar Lombardia (cause riunite C-458/14 e C-67/15),  quando la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che la normativa e la prassi italiana all’epoca in vigore e volte a prorogare automaticamente le autorizzazioni esistenti per le concessioni balneari, erano incompatibili con il diritto dell’Ue.

L’Italia non ha dato attuazione alla sentenza della Corte. Inoltre, da allora l’Italia ha prorogato le autorizzazioni esistenti fino alla fine del 2033 (questa scadenza è poi stata modificata dall’Italia, che l’ha anticipata al 2027, ndr) e ha vietato agli enti locali, in violazione del diritto dell’Ue, di avviare o proseguire procedure di selezione pubblica per l’assegnazione di concessioni che altrimenti sarebbero scadute“.

La nota della Commissione si concludeva così: «Considerando che ‘la normativa italiana, oltre all’incoerenza con il diritto dell’Ue, contraddice nella sostanza la sentenza della Corte europea di Giustizia, crea incertezza giuridica per i servizi del turismo balneare e scoraggia gli investimenti in un settore fondamentale per l’economia italiana, causando inoltre una perdita di reddito potenzialmente significativa per gli enti locali italiani”.

Successivamente c’è stata la messa in mora del dicembre 2020, che dava due mesi di tempo all’Italia per rispondere, ma risultata poi “lettera morta”. Da quel momento  l’Esecutivo comunitario ha lasciato in sospeso  per quasi cinque anni l’emissione di un “parere motivato”, secondo stadio della procedura d’infrazione che prelude al ricorso in Corte di Giustizia.

A luglio di quest’anno, comunque, nell’ambito del dialogo in corso sulla procedura d’infrazione, la Commissione ha inviato una lettera all’Italia, focalizzata proprio sulla questione dell’ammissibilità degli indennizzi a favore dei concessionari uscenti, che sarebbero a carico dei subentranti, a seguito di una gara.

Gli operatori balneari in Italia sono circa 7.000 e per la concessione della spiaggia pagano un canone minimo annuale (dal 2024, quando è stato ridotto del 4,5%) di circa 3.225 euro. Secondo i dati della Corte dei Conti, però, il costo medio per una concessione balneare è di circa 7.600 euro, comunque estremamente basso.

Il fatturato medio di un’impresa balneare è intorno ai 260.000 euro ma lo Stato in totale incassa poco più di 100 milioni dalle concessioni. A oggi poco più di una ventina di Comuni ha attivato le gare, agli altri il ministro Salvini  ha consigliato esplicitamente di attendere le nuove norme.

L’attuale procedura comunitaria di infrazione relativa alle concessioni balneari è stata avviata con una messa in mora dell’Italia il 3 dicembre 2020 ed una motivazione che vale la pena ricordare:  “Gli Stati membri – spiegava in quell’occasione una nota della Commissione – hanno l’obbligo di garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato a causa della scarsità di risorse naturali disponibili (in questo caso le spiagge), siano concesse per un periodo di tempo limitato e tramite una procedura di selezione pubblica aperta, basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi. L’obiettivo è quello di offrire a tutti i fornitori di servizi interessati, esistenti e futuri, la possibilità di competere per l’accesso a tali risorse limitate e scarse, promuovere l’innovazione e la concorrenza leale a vantaggio di consumatori e imprese, tutelando al contempo i cittadini dal rischio di monopolizzazione di tali risorse”.

L'Autore

Andrea Lovelock
Andrea Lovelock

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