Carrani e il futuro dell’incoming: «Senza lungo raggio non c’è ripresa»

by Roberta Moncada | 20 Settembre 2021 6:14

No, il turismo non è solo montagna. E non si può contare solo sui mercati italiani ed europei. Lo dice chiaramente, Chiara Gigliotti, general manager di Carrani Tours, che a L’Agenzia di Viaggi Magazine esprime tutta la sua preoccupazione per la situazione in cui si trova il turismo organizzato incoming, sempre più in difficoltà senza una vera ripartenza del lungo raggio.

Le cose da fare, secondo Gigliotti – tra le pochissime donne in posizione di comando nel settore in Italia – sono molte, e tutte molto urgenti: apertura di tavoli settoriali con il ministero del Turismo, coordinamento europeo sulle regole di apertura e rinnovo della cassa integrazione per i dipendenti, solo per citarne alcune. Perché «fin quando non riprenderà almeno il 70% delle rotte aeree pre pandemia, non si potrà parlare di vera ripresa del turismo». E nel frattempo, si deve resistere.

gigliotti-chiaraPartiamo da questa prima parte del 2021: com’è stata rispetto allo scorso anno?
«Onestamente? credo che sia il 2021 il vero annus horribilis. Molto più dello scorso anno, quando, se non altro, nei primi mesi abbiamo beneficiato del colpo di coda del 2019. Adesso invece risentiamo in maniera più pesante della mancata programmazione. Noi ce la stiamo mettendo tutta per resistere, adattandoci a tutte le situazioni, e devo dire che abbiamo trovato anche molta collaborazione da parte dei nostri partner: guide e accompagnatori, fornitori e tutto il comparto. Abbiamo anche avuto delle grandi soddisfazioni, come il premio Tripadvisor Traveller’s Choice Awards 2021 che abbiamo vinto da poco e che ci rende molto orgogliosi. Il problema, però, è che la domanda, seppur in leggera ripresa, oltre a essere ormai last second è anche molto disintermediata, e per lo più dall’Europa. Solo il 2% circa dei volumi dei voli intercontinentali pre pandemia è stato ripristinato. Per noi che facciamo incoming e lavoriamo prettamente con il lungo raggio, soprattutto dalle Americhe, è ancora una situazione molto complicata. Nonostante questo, però, vediamo ogni giorno che il turismo organizzato continua a non essere considerato. Il ministro Garavaglia parla di turismo di montagna, o di quello camperistico. Segmenti  importanti, certo, ma una grossa fetta del settore vive grazie all’incoming extra Ue e ai tour operator che rivendono le destinazioni. Non si può non capire che è da lì che bisogna partire, e non ci si può affidare solamente al turismo di prossimità».

Cosa potrebbe davvero aiutare la ripartenza del turismo organizzato incoming e di lungo raggio?
«Molte cose direi. I corridoi turistici, certo, ma anche e soprattutto protocolli e regole uguali per tutti in Europa. Bisognerebbe ad esempio avere una politica comune su quali vaccini accettare, le stesse condizioni per musei e ristoranti. Serve un coordinamento politico, non soltanto tra regioni, ma anche tra nazioni europee. I sondaggi sul sentiment dei viaggiatori all’estero, ci dicono ad esempio che il 50% degli americani, seppure abbia molta voglia di tornare a viaggiare, preferisce rimandare per paura delle regole poco chiare. I turisti da oltre oceano, quando decidono di venire in Europa, vogliono usare al meglio il tempo a disposizione, e spesso visitano più Paesi nello stesso viaggio. L’idea di doversi adeguare a regole così radicalmente diverse tra Paesi scoraggia moltissimo le partenze. Poi, la speranza è anche che il ministero del Turismo apra dei tavoli settoriali, per toccare con mano quali sono le esigenze e le problematiche dei singoli comparti, dal turismo termale, all’incoming, al turismo scolastico, etc. Solo così si può aiutare davvero il comparto».

Tema ristori: a vostro parere sono stati congrui? Le promesse del ministro sono state mantenute?
«Beh, diciamo che a parte i ritardi, riconosciamo lo sforzo enorme che ha fatto il governo nell’aiutare in emergenza i professionisti del turismo. Il problema, però, è che quanto fatto finora non basta. Gli ultimi ristori sono arrivati ad agosto del 2020, ma nel frattempo la situazione per noi non è affatto migliorata, anzi. E poi abbiamo urgenza che si discuta di cose molto concrete: il rinnovo della cassa integrazione per i dipendenti prima di tutto, gli aiuti sugli affitti che a breve, se il governo non interviene, dovremo tornare a pagare, aiuti sulle tassazioni con crediti d’imposta. In vista della bassa stagione che durerà almeno fino a marzo, questo è veramente il minimo che si possa fare per garantire la mera sopravvivenza di circa 5mila aziende del settore che altrimenti, è inutile che ci giriamo intorno, chiuderanno. Aziende come la nostra, con una storia di più di  90 anni, che tra i reparti dmc, activities e hop on-hop off, dà lavoro a 150 impiegati, 70 assistenti a terra, 500 guide e 300 accompagnatori. Tutte queste persone non possono essere abbandonate».

Come vede il futuro? In particolare, come cambierà il volto dell’incoming?
«Diciamo che per il momento non sembrano esserci molti presupposti per essere ottimisti riguardo al futuro (ride, ndr). Però sicuramente la domanda si adatterà alla nuova situazione ed è probabile che alcuni trend che si sono affermati in questi ultimi mesi si confermeranno. Nel nostro caso, abbiamo notato una richiesta in particolare di servizi privati, soprattutto per famiglie e piccoli gruppi, e attività legate all’enogastronomia. Molte anche le richieste per le visite all’aperto, motivo per cui città come Venezia registrano molte richieste. Ecco, queste tendenze si confermeranno probabilmente fino alla prossima primavera inoltrata e dobbiamo cercare di sfruttarle al meglio per resistere e sopravvivere fino ad aprile almeno».

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