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Cinque domande a Naar:
«100 milioni di fatturato»

Frederic Naar da uff stampa

Traguardo dei trent’anni raggiunto per Naar Bespoke Travel, che attraverso il suo ceo e fondatore racconta come il tailor made sia frutto di una “co-creazione” tra tour operator, agente di viaggi e cliente. Intanto, l’internazionalizzazione spinge il fatturato.

Naar Beskope Travel è per le agenzie sinonimo di garanzia. Qual è la carta vincente?
«Lavorare bene e farlo in maniera genuina e onesta. Soprattutto conta il modo in cui costruiamo i viaggi e come gestiamo l’assistenza e gli eventuali reclami, anche quando i clienti sono già in vacanza. Questo ci ha permesso di conquistare sempre più agenzie, anche attraverso il passaparola. Ovviamente pesa il vantaggio di avere una storicità lunga 30 anni e una tecnologia “fatta in casa”, perché siamo gli unici che sviluppano il software internamente. La nostra piattaforma è il fattore che da sempre ci contraddistingue, perché permette ai turisti di costruire i viaggi tailor made, grazie a quella che noi definiamo “co-creazione”: Naar getta le basi di un viaggio e l’agenzia lo completa. Questa collaborazione tra noi che conosciamo il prodotto e l’adv che conosce il cliente funziona benissimo. Ora stiamo integrando il nostro menù con l’intelligenza artificiale, che però per me è un’estensione della programmazione, quindi un altro modo di fare software».

Al di là della tecnologia sembra chiaro che per voi cucire il vestito su misura resta l’opzione migliore.
«Assolutamente sì. Al nostro marchio storico abbiamo voluto aggiungere la parola Bespoke, che significa “su misura”. Un termine molto noto nel mondo anglosassone e negli ambienti della moda e del design che noi abbiamo voluto trasferire nel travel. Con un pizzico di orgoglio possiamo dire che nel settore ce l’abbiamo solo noi. È il nostro punto di forza, tanto che siamo in grado di costruire più di 1.000 viaggi su misura al giorno. Che nel 2025 hanno generato numeri importanti in Italia, nonostante il rallentamento nella seconda parte dell’anno per via degli Stati Uniti: i turisti hanno temuto di essere respinti alla frontiera. Per il 2026, invece, ci sono già ottime sensazioni per una ripartenza degli States. Insomma, noi ci consideriamo alla stregua di un “artigiano italiano” – anche se il nome non lo direbbe, ma di fatto è così – e abbiamo esportato il modello di viaggi Bespoke in Francia e in Benelux. Ora stiamo aprendo un canale in Germania e Svizzera. E funziona».

È filato tutto liscio nel 2025?
«Sui valori numerici complessivi siamo un po’ al di sotto di quello che avevamo preventivato, ma ha influito il calo degli Stati Uniti. D’altro canto mi ha sorpreso tantissimo il Belgio, dove a settembre 2024 abbiamo aperto un ufficio, dopo aver recuperato clienti di un tour operator locale che ha chiuso. Le agenzie e i clienti sono entusiasti del modo in cui lavoriamo, dall’approccio al set di viaggio. Sono convinto che avremo riscontri molto positivi anche in Germania, che però resta un mercato più complicato, così come la Francia. Resto molto fiducioso per quello che riguarda la Svizzera, dove siamo presenti dal primo novembre, sapendo di agire in un contesto particolare. Il tour operator tedesco Dertour – dal 2015 proprietario del brand di viaggi di lusso Kuoni – ha acquisito da pochi mesi Hotelplan dal Gruppo elvetico Migros e ora sta razionalizzando le risorse. In questo modo si stanno creando degli spazi molto interessanti per noi sul segmento di clientela svizzero, che è altospendente, come d’altronde quello del Lussemburgo».

Obiettivi di fatturato per il prossimo anno?
«Partiamo dall’Italia, dove pensiamo di arrivare vicino agli 80 milioni di fatturato di gruppo, quindi con una crescita del 10% rispetto al 2025. Mi aspetto, inoltre, 20 milioni dai mercati stranieri per poter raggiungere quota 100. L’estero ci permette di crescere del 20-30% l’anno».

Cosa consiglierebbe a un viaggiatore?
«Innanzitutto gli consiglio di ascoltarci. Spesso la gente viaggia solo per sentito dire e per moda, perdendo l’opportunità di scoprire luoghi meravigliosi. Siamo stati fra i primi a credere nella Colombia e stiamo riaprendo il Brasile. Soprattutto stiamo lanciando un prodotto che sta già riscuotendo un successo enorme: la Cina su misura. Il nostro obiettivo è fare un remake con il Giappone, che per noi è il secondo Paese dopo gli Usa. Le ferrovie nipponiche erano così subissate dalle richieste, che ora siamo noi a dover gestire il servizio biglietteria». Più tailor made di così…

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