Ciak si (ri)gira. Sarà quasi certamente rimodulata in Aula la norma sugli affitti brevi contenuta nella Manovra 2026, con innalzamento della cedolare secca dal 21% al 26%, che ha fatto scoppiare un putiferio. Il testo bollinato – con il visto di conformità e copertura della Ragioneria generale dello Stato e inviato al capo dello Stato, che a sua volta ha autorizzato la trasmissione alle Camere – approderà nei prossimi giorni in Parlamento. Cerchiamo di fare chiarezza sull’ormai celebre articolo 7.
Nell’attuale versione della legge di bilancio, infatti, l’aliquota per la locazione della prima casa resta al 21% solo per chi non fa ricorso a intermediari o piattaforme online come Booking o Airbnb. In sostanza, chi affitta su un portale deve versare il 26%, chi trova gli ospiti con il passaparola rimane al 21%.
In base alla relazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato, il 90% degli immobili assoggettati finora alla cedolare secca del 21% continuerà “ad avvalersi delle piattaforme per esigenze di semplificazione e rapidità delle transazioni”. La norma, quindi, comporterà “effetti finanziari positivi a regime in misura pari a circa 102,4 milioni di euro su base annua” a partire dal 2028.
Una precisazione dovuta, ma che non è sufficiente per placare associazioni di categoria e una parte della maggioranza – Forza Italia ha annunciato emendamenti e il vicepremier Matteo Salvini garantisce che alla fine la norma “verrà cancellata in Parlamento” – che restano sul piede di guerra. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, si difende come può: «L’incremento degli affitti brevi pesa sulla possibilità di trovare alloggi soprattutto nelle grandi città. Per questo si è ritenuto di inserire un’apposita disciplina in materia fiscale per le locazioni concluse tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare o gestiscono portali telematici».
Insorge Airbnb e il country manager, Matteo Sarzana, sottolinea che “l’anno scorso la piattaforma ha versato quasi 100 milioni di euro di imposta di soggiorno, imporre ulteriori oneri fiscali solo online, dove peraltro i pagamenti sono già tracciati e la cedolare applicata, renderebbe la situazione ancora più difficile per la classe media“.
Sulle barricate anche l’Aigab, l’associazione che rappresenta oltre 800 operatori del settore: “È una patrimoniale mascherata per mezzo milione di famiglie, colpevolizzate perché proprietarie di una seconda casa da cui ricavano un reddito integrativo. Praticamente tutti gli affitti brevi avvengono tramite portali o intermediari, la nuova formulazione del testo non cambia la sostanza del precedente.
La Federazione Fare, che rappresenta i proprietari e gestori di locazioni turistiche, sceglie la via dell’ironia: “La nuova versione della norma che decreta l’aumento della cedolare secca ricorda molto la favola del lupo e dell’agnello: non potendo raggiungere la base, si pensa di aggirare con un gioco di parole il problema e arrivare comunque alla fonte. La misura è contraria all’interesse nazionale e favorisce solo i grandi capitali, quelli che demoliscono studentati per costruire hotel di lusso nei centri città. È ovvio che la gran parte delle prenotazioni avvenga oggi attraverso il web, perché i piccoli locatori non hanno il potere contrattuale delle multinazionali dell’hospitality”.
Durissima la presa di posizione di Claudio Cuomo, presidente di Aigo, l’associazione dell’ospitalità diffusa Confesercenti: «È il gioco delle tre carte, una correzione di forma che non modifica la sostanza: una stangata da oltre 100 milioni di euro, così come confermato dalla relazione tecnica alla manovra. La soluzione è accompagnare il comparto con incentivi e sostegni per ottenere più gettito e più emersione domani, senza costruire ulteriori passaggi bancomat per spremere risorse dal comparto”.
Parola al Parlamento.
Giornalista professionista, innamorato del suo lavoro, appassionato di Storia, Lettura, Cinema, Sport, Turismo e Viaggi. Inviato ai Giochi di Atene 2004
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