La prima ferita da decorare è il climate change: il settore arranca e l’Un Tourism vara solo ora il suo Piano, come se non si fosse accorto prima di incendi e alluvioni fuori dal comune. C’è poi l’overtourism che opprime Amalfi, Barcellona, Bali, New York. Tutti ne parlano, ma nulla si muove: gli interessi in gioco – in fin dei conti – valgono più della sostenibilità, di cui però continueremo impunemente a riempirci la bocca.
Terza piaga il vil denaro. L’inflazione ha gonfiato i prezzi e c’è chi ci ha marciato,
Ma la questione si fa ben più seria (e dolorosa) quando arriva il capo delle operazioni umanitarie dell’Onu a mettere il sigillo su questo 2025: «Siamo in un mondo apatico, dominato da brutalità, impunità e indifferenza». Non fa sconti Tom Fletcher sancendo la più forte contrazione degli aiuti dell’ultima decade, per cui sono state abbandonate al proprio destino 25 milioni di persone in più rispetto all’anno scorso.
Palestina, Sudan, Myanmar: sono solo alcune delle destinazioni dove il nostro cuore atterra e va in pezzi. Per ricostruirlo ci affidiamo – come racconta la nostra cover di fine anno – alla lacca dorata dei ceramisti giapponesi, ma anche al vicino itai doshin, che sta per “diversi corpi, stessa mente”. Perché solo agendo come un unico organismo per un obiettivo comune potremo salvarci.

