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Elezioni, Dusi lancia 10 Volte Meglio:
«Pronti a prenderci il Mibact»

L’abolizione delle partite Iva sotto gli 80mila euro. Un sistema di tassazione incentivante per le aziende. La filosofia in prima elementare. E finalmente il bilinguismo nelle scuole. Su tutto, poi, un piano “rinascimentale” per il turismo con la candidatura al Mibact qualora si raggiungesse l’obiettivo del 5%. Si dice disruptive, dirompente, il 43enne veronese Andrea Dusi che pochi giorni fa ha lanciato il suo movimento 10 Volte Meglio, in vista delle prossime elezioni. Al suo fianco Cristina Pozzi, socia in affari dai tempi dei cofanetti Emozione3 targati WishDays, poi venduti a Smartbox per venti milioni di euro. Ex startupper, poi imprenditori noprofit con il progetto di formazione Impactscool, oggi la coppia Dusi-Pozzi con il trentaquattrenne Stefano Benedikter ha già chiamato a sé 400 accoliti tra cui giovani imprenditori e cervelli in fuga. Con il preciso scopo di smetterla di fuggire, bensì restare. E cambiare l’Italia.

Quanto turismo c’è nel suo programma?
«Tantissimo. E non poteva essere altrimenti dopo aver vissuto dieci anni della mia vita in questo settore. Abbiamo stilato un piano in 115 punti che parte da una visione: generare una catena del valore, potenziare l’off season, smetterla di massificare, attrarre davvero i Millennial con un’offerta adatta. E diffondere una nuova cultura dell’accoglienza fatta di operatori capaci di parlare inglese, wifi ovunque, possibilità di utilizzare la carta di credito».

Quindi, in concreto?
«Affidare a privati i siti storici male amministrati dallo Stato. E fare in modo che un sistema di rating ne sancisca la qualità, fino al punto di cambiare gestione se i punteggi non sono soddisfacenti. Poi portare l’educazione turistica nelle scuole. E creare strutture adatte ad accogliere le nuove generazioni di viaggiatori. Su tutto l’obiettivo di creare posti di lavoro e raddoppiare il contributo diretto del turismo al Pil, passando dal 4 al 10%. In Italia manca una visione d’insieme, noi ce l’abbiamo».

Vi hanno definito il partito delle startup…
«Non è esatto. Ci sono giovani imprenditori e innovatori, ma anche docenti universitari e scienziati che lavorano all’estero e vogliono tornare in Italia. Piano piano presenteremo tutti, raccontando ciascuno con gli strumenti del web. Partito, poi, non è la definizione corretta. Siamo un gruppo apartitico».

Prima o poi, però, potreste trovarvi nelle condizioni di dovervi imparentare.
«Ho ricevuto telefonate da quasi tutti i partiti, ma non abbiamo intenzione di stringere alleanze pre-elettorali. Non escludiamo, invece, intese post-voto con chi ci permetterà di portare avanti le nostre idee».

Dieci Volte Meglio non è il doppio di Cinque Stelle? Sembra esserci un’assonanza.
«Assolutamente no. Il movimento di Grillo, a dispetto delle apparenze, è composto da professionisti della politica come Di Maio e Di Battista. Noi siamo diversi: abbiamo una visione e siamo accomunati da competenze e storie di successo. Siamo un gruppo di esperti in vari ambiti. È questa la nostra forza che ci differenzia dagli altri».

Un imprenditore in politica. Vengono in mente Berlusconi e Trump.
«Non c’è nessuna similitudine. Io non sono solo, siamo in tanti, e non tutti imprenditori. E poi Berlusconi quando è entrato in politica pensava a se stesso. Noi vogliamo dare una scossa al Paese per le generazioni che verranno».

Qual è, in breve, la vostra visione?
«L’irruzione delle nuove tecnologie, dai droni alle intelligenze artificiali, obbliga l’umanità ad approfondire alcuni aspetti come l’arte, la cultura e la resilienza. Tutti elementi che noi italiani abbiamo nel dna. È un’opportunità incredibile che esige un cambiamento radicale. La nostra priorità è l’occupazione e, prima di essa, l’educazione. Non abbiamo interessi da difendere. Vogliamo semplicemente un’Italia che sia dieci volte meglio e che sia di nuovo capace di attrarre investimenti».

Crede davvero che in Italia serva un ministero del Futuro?
«Assolutamente no. Qualora dovessimo riuscire a far parte della compagine governativa punteremmo ai ministeri dell’Istruzione e del Turismo».

Quello del Lavoro?
«Non ce lo darebbero mai».

Ci elenchi le sue priorità?
«Gliene dico tre: occupazione, occupazione, occupazione. Un italiano su due non lavora. È un dramma che non riguarda solo i giovani, il cui più grande timore è quello di doversi accontentare, ma anche i 50enni che perdono l’impiego e non trovano più una collocazione».

Cosa ne pensa del Jobs Act?
«Penso che finora è stato fatto poco. I piccoli miglioramenti non servono. Bisogna essere dirompenti».

Come?
«Ad esempio con l’abolizione delle partite Iva sotto gli 80 mila euro, come in Francia e in Inghilterra. Usiamo il codice fiscale, basta quello. Pensiamo, poi, a una sorta di patto con le aziende: aliquote più basse a patto che salgano gli utili e il gettito rimanga invariato. E la detassazione del costo del lavoro di interi settori, come l’ambiente».

A proposito di ambiente, avete progetti ambiziosi.
«Puntiamo all’autosufficienza energetica nei prossimi 15 anni e ipotizziamo per questo investimenti nelle energie rinnovabili. Ma riteniamo che non si debbano prendere voti con l’ambiente, tema che deve essere trasversale e non legato a una fazione».

I prossimi passi del movimento?
«Dopo aver depositato lo statuto a settembre dal notaio e aver presentato il gruppo a Milano, adesso raccoglieremo le firme per partecipare alle elezioni. Abbiamo anche in programma, per i primi di dicembre, una conferenza a Roma».

In termini di voti, a cosa mirate?
«Vogliamo ottenere il 5% per diventare l’ago della bilancia. Il nostro sarà un bacino elettorale trasversale a livello di età. Puntiamo su un voto ideologico».

E se John Fitzgerald Kennedy diceva “non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”, quello che Andrea Dusi sogna è l’esatto contrario: «Uno Stato che la smetta di chiedere e sia finalmente sia capace di dare qualcosa ai suoi cittadini».

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