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Enit, Roberta Milano svela i piani per il Wtm

Un anno di Enit nel segno dei social network, dei cinesi da rincorrere su Weibo, della burocrazia da sconfiggere e del prossimo palcoscenico al Wtm di Londra, dove l’Italia sarà premier partner. Roberta Milano veniva nominata direttore marketing digitale nel luglio 2016, tra l’entusiasmo di alcuni e lo scetticismo di altri, e a distanza di 12 mesi fa un bilancio – tra Italia.it che non è più una priorità e lo spauracchio del numero chiuso – di un reparto digital «che non è mai esistito a via Marghera, è stato un esordio assoluto».

Com’è andata?
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Molto bene. Siamo il primo Paese in Europa per impression e contenuti condivisi, dobbiamo recuperare invece sul numero di follower e fan delle nostre pagine. Per questo a settembre presentiamo la global page di Facebook che accorperà tutte le pagine che hanno funzionato (o no) all’estero e in Italia. Stiamo preparando le prime campagne di advertising online e continuiamo a investire nelle competenze professionali delle nostre sedi estere».

Cosa bolle in pentola per il Wtm di Londra?
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È  un impegno importante a livello mondiale. A giugno ho incontrato gli organizzatori per contrattare le condizioni dell’accordo: dalla visibilità negli spazi dell’ExCel e in città agli strumenti online, fino alle newsletter dedicate. Una garanzia di visibilità che si estenderà dal consumer fino al B2B».

Qualche anticipazione?
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Uno dei temi centrali che caratterizzerò la presenza dell’Italia sarà il food e l’enogastronomia. Non sarà una trattazione di carattere tecnico, ma progetti d’interconnessione tra cibo, prodotti e territorio. Ci sarà spazio anche per i borghi, per esempio».

Che risultati ha avuto la campagna online #ItalianVillages?
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Per l’Anno dei Borghi in sei mesi abbiamo superato le 70 milioni di impression totali e il giornale tedesco Der Spiegel ci ha dedicato due articoli. Il progetto Sali a Borgo (che coinvolge il mototurismo nel Centro Italia) ha già raggiunto i 24 milioni di impression nei primi due weekend di lancio».

Borghi e turismo lento: secondo lei, il mercato è pronto?
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Russi e cinesi no, ma l’Europa sì, soprattutto quella del nord. La promozione dell’Anno dei Borghi è stata veicolata sui taxi a Londra e sugli autobus di Bruxelles. Queste attività, però, hanno bisogno di una strategia pluriennale di riposizionamento. Ci vuole del tempo e bisogna scegliere i mercati giusti. Abbiamo appena pubblicato i trend dell’estate 2017 individuati attraverso una analisi approfondita dei big data su Google, le maggiori Olta e i metamotori. In un anno siamo riusciti a essere il Paese più fotografato sui social e I Like Italy ha totalizzato oltre 305 milioni di impression totali a partire da gennaio. C’è spazio per il turismo delle città d’arte, ma anche per i borghi e per nuovi itinerari».

Torniamo a via Marghera, cosa non si aspettava di trovare?
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Vengo dal libero professionismo e da una multinazionale, la sorpresa più grossa è stata la burocrazia che attanaglia i processi e il lavoro. Ma ho trovato anche tante competenze ed entusiasmo, così ho portato un’impostazione aziendale dentro l’Agenzia».

E una strategia digitale…
«Non proprio. I social e il marketing online operano in base alla strategia generale di Enit. Le priorità sono state due senza staccare offline e online: accrescere le competenze digitali delle sedi estere e progettare a Roma una una promozione da personalizzare nelle varie aree geografiche».

Per esempio?
«Inglese, tedesco, spagnolo e portoghese erano mercati già pronti su cui abbiamo lavorato da subito. Russia e Cina hanno avuto bisogno di un’analisi preventiva delle domanda. Oggi in Cina usiamo Weibo e WeChat, canali che a Oriente contano come Facebook e Whatsapp. Così abbiamo comunicato il Carnevale di Viareggio a gennaio, nel momento in cui Marcello Lippi (viareggino doc, ndr) veniva nominato allenatore della nazionale cinese di calcio».

Lei pensa all’Enit come a un grande aggregatore?
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Per certi aspetti sì. Prendo in prestito le parole del giornalista de l’Espresso, Federico Badaloni, “siamo ciò che connettiamo”, perché in un mondo dove tutte le informazioni sono già disponibili, la differenza è data dalla capacità di metterle in relazione: informazioni, contenuti e promozione. Soprattutto online».

Un’idea per Italia.it?
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Ci stiamo provando, ma non è la priorità assoluta. Italia.it ha delle rigidità insormontabili: non possiamo fare landing page o blog, per esempio. Vorrei un portale da fare con le regioni e senza redazioni giganti, ma con strutture di dati che si parlano tra loro e vengono presentate al turista in un solo ecosistema. Esistono miriadi di contenuti che dobbiamo solo organizzare, mentre è fondamentale essere presenti lì dove stanno le persone: Facebook, Instagram, Wechat.

Quando vedremo qualche novità?
«Tra fine 2017 e inizio 2018 inizierà l’attività concreta del nuovo portale».

Dal privato al pubblico, come ha organizzato il suo team?
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Dalla campagna di promozione sui social durante le Olimpiadi 2016 fino a Twitter Plurale, il laboratorio social delle Regioni Italiane e #ItalianVillages: tutti i progetti sono gestiti da un back office che lavora in maniera rapida e informale e che a cascata suddivide responsabilità e azioni sulle singole sedi estere, le realtà che partecipano e le componenti locali».

Cosa ne pensa della turismofobia e delle città a numero chiuso?
«Preferisco non commentare, come Enit deve chiedere al direttore generale, Gianni Bastianelli».

Ma se dovesse trovarsi a comunicare il numero chiuso a Roma o a Venezia che farebbe?
«Il mio interlocutore è il Mibact e le linee guida sono dentro il Piano Strategico del Turismo approvato di recente. Se saranno intraprese misure del genere ne prenderò atto e comunicherò al meglio tutte le iniziative che saranno messe in campo».

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