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Federalberghi ipotizza il ricorso contro i Comuni per “danno erariale”

L’imposta di soggiorno proprio non va giù agli albergatori. Tra chi la combatte e chi la vive con rassegnazione, il coro di chi ne chiede un monitoraggio più attivo ed efficace è unanime.

«Partiamo dal presupposto che noi siamo contrari a questa imposta – osserva Alessandro Nucara, direttore generale Federalberghi nazionale – Siamo sempre stati convinti che tassare il turista sia miope. Ci dimentichiamo che anche i turisti votano e lo fanno con i piedi scegliendo altre mete. Ma visto che ormai esiste, chiediamo che sia utilizzata e riscossa in modo trasparente e non per coprire i buchi dei bilanci comunali. Nel 99% dei casi l’imposta non è usata in ambito turistico».

Il gettito è reinvestito male e riscosso in maniera parziale anche secondo Federturismo. «Basta fare un confronto tra le strutture segnalate negli elenchi ufficiali e quelle che invece compaiono semplicemente cercando su Booking. C’è una discrepanza enorme – sottolinea il vicepresidente vicario della federazione, Marina Lalli – A tutt’oggi esiste molta ospitalità che sfugge, non solo ai controlli, ma anche alle valutazioni della reale dimensione del mercato. Proprio per questo, consci che ormai con l’imposta di soggiorno ci dobbiamo convivere, chiediamo almeno che sia fatto un censimento reale e capillare di tutte le realtà che offrono ospitalità».

Il problema coinvolge in primis le piattaforme online, che di recente sono state incaricate della riscossione dell’imposta. «Il passaggio del gettito riscosso dalla piattaforma al Comune avviene solo dopo la sottoscrizione di una convenzione – spiega Nucara – Ma ad oggi ci risulta che soltanto una quindicina di città ne abbiano attivata una. E allora, tutti gli altri? Oltretutto la rendicontazione richiesta alle piattaforme non è puntuale. Con i nostri avvocati stiamo infatti valutando di fare un ricorso alla Corte dei Conti contro i Comuni per danno erariale: dovrebbero riscuotere un’imposta che invece non riscuotono».

Il tutto in un sistema turistico che deve far fronte a molti cambiamenti. Strutture che offrono ospitalità molto differenziate, nuovi turisti che arrivano dall’Asia e che poco conosciamo. Un contesto in cui l’incremento di servizi potrebbe fare la differenza. «Chiediamo che questa sia davvero una tassa di scopo – afferma Lalli – e che si traduca in benefici per il turista come abbonamenti o sconti per trasporti, musei e quanto altro». Solo così l’imposta potrà fare la differenza sul “voto” del turista e del t.o., tra i più penalizzati dalla gabella. «Infatti – conclude Nucara – se un operatore porta in città 10mila presenze a due euro, in un anno avrà speso 20mila euro in più».

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