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Firenze, il cambio di biglietteria agli Uffizi preoccupa gli operatori

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Un percorso chiaro e condiviso con gli operatori del turismo sugli Uffizi. È quanto sollecita Fto – Federazione turismo organizzato di Confcommercio – a pochi giorni dal cambio di gestione dei servizi di biglietteria e prenotazione, esprimendo preoccupazione per l’assenza di informazioni operative certe e tempestive.

«Dopo anni di attese, bandi e ricorsi – sottolinea il presidente Fto Franco Gattinoni – è inaccettabile che non siano ancora state comunicate regole chiare per il comparto B2B. Una situazione che rischia di compromettere la programmazione di un settore che genera valore per il Paese e che non può vivere nell’incertezza».

Le criticità non riguardano solo le tempistiche, ma anche il modello organizzativo, che sembra riproporre meccanismi già sperimentati con esiti negativi in altre realtà. Sistemi, denuncia Fto, privi di allotment per gli operatori e basati su logiche di “click day”, inadeguate per un comparto che vive di pianificazione e che garantisce flussi stabili e qualificati di visitatori.

Le richieste degli operatori sono precise: un periodo transitorio immediato, da metà ottobre a fine febbraio, che mantenga modalità operative flessibili e già collaudate, così da non compromettere la bassa stagione e consentire agli operatori di sostenere le vendite; un tavolo di confronto urgente tra ministero, museo e associazioni di categoria, per definire linee guida omogenee e condivise sul modello di gestione dei biglietti B2B, da applicare in tutti i bandi futuri; un obiettivo chiaro entro marzo 2026, ossia arrivare a un sistema che preveda allotment equi e programmabili, distribuiti a seguito di manifestazioni di interesse, senza penalizzazioni e con regole trasparenti, prendendo come riferimento le esperienze più avanzate già in atto.

«Il turismo organizzato – conclude Gattinoni – non chiede privilegi, ma strumenti adeguati per svolgere il proprio lavoro: programmare, promuovere e portare visitatori nei musei italiani. Ignorare queste necessità significa non comprendere le dinamiche del turismo incoming e rinunciare a un’opportunità di crescita e valorizzazione culturale per l’Italia».

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