Il turismo culturale tra big spender, esperienze e chatbot

by Chiara Mininni | 21 Febbraio 2018 7:00

Si è svolta a Firenze la quarta edizione di tourismA, il salone dell’archeologia e del turismo culturale, rivolto principalmente agli operatori professionali di settore.
Due gli eventi di punta di quest’anno: il primo, un workshop B2B organizzato con la società Cultor Active, realizzatrice di progetti culturali in contesti innovativi, con il patrocinio del Mibact, dedicato all’incontro tra domanda e offerta di operatori professionali del settore turistico. Il secondo, il convegno “Fare turismo culturale oggi”, tenuto da Ciset, il Centro internazionale di studi sull’economia turistica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

L’introduzione di Mara Manente, direttore del centro studi, si focalizza su spese, trend e comportamento dei visitatori nell’ambito del turismo culturale. «La componente culturale, nell’economia del nostro Paese, è più che significativa», sottolinea. E in effetti i numeri parlano da soli: nel quinquennio 2011-2016 è stato registrato un aumento degli arrivi del 13,4%, e dell’11,6% delle presenze sul totale del turismo in Italia. Anche il 2017 presenta delle dinamiche di flussi turistici positive e sempre in crescita: +5,5% di arrivi e +7% di presenze nelle città di interesse storico-artistico. «E le stime sono molto limitate: il turismo culturale in realtà è ancora maggiore», ribadisce il direttore del Ciset. Questa crescita, infatti, è registrata solo in base ai dati dei beni culturali statali, che hanno visto una crescita degli introiti pari al +53% dal 2013.

Ma a cosa ci riferiamo, quando parliamo di turismo culturale? «Sarebbe più corretto parlare di turismi culturali», riprende Sabrina Meneghello, ricercatrice senior Ciset, che ha isolato alcune categorie di riferimento: dai turisti delle grandi città d’arte a quelli più orientati verso relax e cultura, i visitatori territoriali più orientati verso paesaggi culturali, itinerari e periferie amene a quelli più legati invece a eventi specifici. Minimo comune denominatore è una buona capacità di spesa (fra i 110 e i 133 euro giornalieri) e un maggior interesse all’interazione con il territorio: in generale, il nuovo turista culturale non si accontenta di una fruizione passiva del viaggio ma vuole l’esperienza. Non vuole solo visitare, vuole fare.

È inevitabile, allora, un focus particolare sui Millennial, la nuova generazione di viaggiatori che sta cambiando il mondo del travel. Tre sono le parole-chiave su cui si sofferma Federica Montaguti, altra ricercatore senior del Ciset: intelligenza artificiale, tribù e “viaggio dell’eroe”, cioè strumenti sempre più innovativi (dai chatbot ai software in grado di programmare il viaggio), senso di appartenenza a gruppi e segmenti connessi da specifici usi e valori più legati alle nicchie (come i fandom che viaggiano nei luoghi in cui è stata girata la loro serie preferita), e soprattutto il senso del viaggio, non come esperienza turistica, ma come ricerca di cambiamento, coinvolgimento e nuove relazioni.

A fronte dell’evoluzione della figura del turista, il settore e i suoi operatori non possono non rimanere al passo. È questo lo scopo del Piano Strategico per il Turismo 2017-2022, elaborato dal Comitato permanente di promozione del Turismo, con il coordinamento della direzione generale Turismo del Mibact, illustrato da Francesco Tapinassi. «Non possiamo continuare a considerare il turismo come un sistema economico minore, che avanza per inerzia. Per questo il primo obiettivo del Pst di porre il turismo e la sua programmazione al centro delle politiche nazionali – spiega il dirigente – Il Mibact è l’unico ministero che non deve gestire una crisi, ma una crescita che nei prossimi anni sarà ancora più esponenziale».

Una crescita che vuole essere amministrata secondo i principi di sostenibilità, innovazione e accessibilità, in modo dinamico ma controllato (lo stesso Piano Strategico è sottoposto a una revisione biennale e a un piano attuativo annuale che ne garantisca la messa in opera) per rilanciare la leadership dell’Italia sul mercato turistico europeo e mondiale, e accrescere il contributo del turismo al benessere economico e sociale del Paese.

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