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La strage di Nizza e il diritto di viaggiare

«Devo andare a Lourdes, ma ho paura». «In che mondo viviamo? Ho solo voglia di restarmene a casa». Chiacchiere da bar su via Prenestina. Siamo a Roma, è la mattina del 15 luglio. Questa città, come le altre, si è svegliata con la notizia della strage di Nizza. Abbacinata, stordita, spaventata. Un tir sulla folla, 84 morti, una bambola sull’asfalto, l’ombra dell’Isis.
La Costa Azzurra, così cara agli italiani, è a un passo dal nostro confine. E per questo, più che negli altri casi, il terrore è anche nostro. Nizza è molto più che una meta turistica: è un buen retiro, un rifugio patinato, una di quelle località che convintamente credevamo immuni. E invece un tir, una bambola sull’asfalto, 84 morti.
Non sappiamo ancora se ci sia una regia o meno. E qualora c’entrasse il Califfato, se questo avesse la precisa intenzione di colpire l’economia turistica. Eppure lo ha fatto. Perché ora, oggi, c’è chi cancellerà un pellegrinaggio a Lourdes. E chi preferirà non partire affatto, neanche in auto da Ventimiglia a Saint Tropez, figuriamoci.
È un attacco che arriva in piena estate, quando dopo gli Europei di calcio ci avvicinavamo morbidamente al mese di agosto. Credevamo di averla scavallata, credevamo di poterli guardare in santa pace i fuochi d’artificio del 14 luglio su Promenade des Anglais. Ce la raccontavamo.

Pochi giorni fa, abbiamo intervistato Taleb Rifai, il segretario generale dell’Organizzazione mondiale del turismo. Gli abbiamo chiesto come immagina il futuro. «La gente continuerà a muoversi perché viaggiare è un diritto umano. Il diritto di godere delle bellezze del mondo, di rilassarsi, di conoscere, di studiare», ci ha detto.

La nostra testata, che del settore è da 51 anni parte integrante, continuerà a battersi per difendere questo diritto. Nonostante la tristezza di oggi.

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