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Mobilità, così la blockchain cambierà il lavoro del travel manager

Si chiama Mobilità 2020: le nuove opportunità e sfide per le imprese la ricerca realizzata dalla società di consulenza diciottofebbraio di David Jarach e presentata alla prima edizione di Travel Mobility Europe, organizzata da ParkinGo e GetMyCar a Volandia, nelle vicinanze dell’aeroporto di Milano Malpensa, che ha visto coinvolti più di 120 professionisti dei settori travel e mobility.

In chiave di processi aziendali in un’ottica 2020, le aziende si sono dichiarate ampiamente disponibili a investire in flotte solo con motori ibridi ed elettrici e a sviluppare soluzioni blockchain per il travel con l’obiettivo di snellire i processi, ottimizzare il total cost of trip e incrementare la fiducia con il cliente finale. La cosiddetta “catena di blocchi”, infatti, favorisce la trasparenza tra chi offre e chi riceve servizi, livella la disintermediazione tra le parti, mettendo in diretto contatto domanda e offerta.

«In Italia le nuove tecnologie e la filosofia della sharing economy applicate alla mobilità devono ancora trovare un loro pieno sviluppo. E i risultati di questa ricerca lo dimostrano», ha affermato Jarach, che ha sottolineato come oggi il concetto di mobilità integrata risulti ancora semplificato dall’utilizzo in misura dominante dell’automobile in combinazione con l’aereo, con il 53,5% degli intervistati che dice di optare per l’auto aziendale da e per l’aeroporto, seguito da chi sceglie quella privata. Di contro, la selezione di soluzioni condivise nel business travel raccoglie soltanto l’1,2% delle preferenze: «Questo perché all’interno delle aziende la travel policy non è ancora strutturata per normare in modo chiaro l’accesso alle diverse forme di mobilità e l’uso della macchina appare una scelta libera del viaggiatore fra le soluzioni più economiche». Ma a chi dovrebbe spettare questo compito? Al travel manager, la cui figura viene percepita come il principale motore dell’innovazione nei processi di viaggio aziendali.

«Il travel manager svolge un ruolo importante all’interno dell’azienda, si interfaccia con tutti gli uffici, cura la mobilità e la centralità del viaggiatore. E cosa ancora più importante, si occupa del ritorno del viaggio, non come costo ma come un vero e proprio investimento», ha precisato Rachele Mancinelli, executive assistant e travel manager di Guala Closures Group. Ma c’è anche chi ha parlato della necessità di un maggiore ascolto, «per orientare i comportamenti d’acquisto, migliorare la negoziazione e fornire soluzioni il più mirate possibili secondo le esigenze del business traveller», ha sottolineto Gian Piero Barra, Italy services officer presso Ferrero management services Italia. L’azienda ha introdotto in fase di test un online booking tour per orientare i comportamenti di acquisto da parte dei dipendenti e sta lavorando sulla mobilità casa-lavoro attraverso un’applicazione e sul car pooling, anche con l’introduzione di veicoli ibridi ed elettrici.

E la necessità di spingere maggiormente soluzioni di mobilità condivise e che generino un minor impatto ambientale si evince anche da quel solo 27,4% del campione, che giudica positivamente le forme di mobilità green. Perché se è vero che la mobilità su gomma viene considerata la più economica dai business traveller, in un’ottica di condivisione la percezione cambia radicalmente, «spostando l’asset del risparmio verso quello della sicurezza personale», ha precisato Jarach.

Infatti, nella filosofia della sharing economy l’aspetto emotivo gioca ancora un ruolo fondamentale e termini quali fiducia e proprietà assumono un peso maggiore rispetto a quelle che possono essere le tematiche ambientali. Condividere l’automobile con un estraneo presuppone un atteggiamento di apertura verso l’altro e un affidarsi a qualcuno che non si conosce potrebbe avere persino effetti negativi sulla nostra salute. A maggior ragione, ci mostra ancora la ricerca, la reticenza aumenta anche in funzione dell’assenza di politiche chiare sugli aspetti legati a problematiche amministrative e assicurative, che la sharing mobility comporta. Ma c’è anche chi ha dichiarato di optare per l’utilizzo dei mezzi propri o aziendali a causa della limitata diffusione del servizio o per l’assenza di proposte di spostamento condivise nel self booking del tool aziendale.

Ecco allora la necessità per le aziende di spingere maggiormente il tema e l’insegnamento della cultura della sharing mobility e delle forme di mobilità sostenibile in generale. «Il businessman – ha precisato Alferio Paolillo, responsabile servizi generali e facility management di Edison – non deve essere più un freelance senza regole e passivo, ma diventare un viaggiatore pro attivo e che sperimenta nuovi modi di viaggiare, supportato dalle nuove tecnologie e dai benefici che queste comportano». Comprendere, insomma, il reale valore delle scelte che compie in tema di mobilità.

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