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No show rule, Aeroflot nel mirino dell’Antitrust

Sanzione da 150mila euro per pratica commerciale scorretta. È la cifra che l’Antitrust italiano chiede ad Aeroflot, compagnia aerea russa nel mirino dell’Autorità da circa due anni.

Al centro delle indagini, riportate nell’ultimo provvedimento (n. 27987), la no show rule policy del vettore, e quindi la regola tariffaria secondo cui al passeggero, in possesso di biglietto a/r o multitratta che non si presenti al volo di andata o a quello precedente, è impedito di fruire del tragitto successivo indicato nel medesimo titolo di viaggio già pagato salvo l’acquisto di un nuovo biglietto a tariffa ricalcolata.

L’Antitrust, su segnalazione di un consumatore e di successive rilevazioni d’ufficio, sostiene che Aeroflot “pur accordando alla clientela la possibilità di mantenere le prestazioni sequenziali già acquistate, fissa, per l’esercizio di tale facoltà, termini diversi di preavviso alla compagnia nell’ambito di una procedura non puntualmente definita e addebitando comunque, fin di recente, il ricalcolo del costo del trasporto”.

La pratica, inoltre, comprenderebbe modalità giudicate “disorganiche, contraddittorie ambigue e omissive del vettore, per la comunicazione destinata ai consumatori circa la propria no show rule policy, sul sito internet aziendale, nel corpo dell’eticket receipt rilasciata all’atto dell’acquisto online del biglietto e, altresì, attraverso i diversi canali di contatto come ad esempio le biglietterie aeroportuali”.

Si osserva, infine, che con i successivi interventi del vettore nel corso del procedimento le informazioni non sono risultate sempre omogenee e uniformi all’atto del raffronto tra le diverse fonti parimenti accessibili sul sito aziendale: “in particolare è stata rilevata la compresenza di prescrizioni ben diverse quando non addirittura opposte e contraddittorie, segnatamente in riferimento alla natura della facoltà alternativa alla no show rule concessa ai passeggeri in ragione dell’imposizione – o meno – di un ricalcolo tariffario”, conclude l’Antitrust.

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