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Non gridiamo al rischio default

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Si fa presto a dire “fragili”. A seguito dei dati e delle considerazioni dell’Osservatorio del Crif, che evidenziavano l’alto rischio di default di talune imprese del turismo, si è acceso un ampio dibattito con una prevalenza di contestazioni e obiezioni, difese d’ufficio ineccepibili.

Il contesto di riferimento tracciato dalla Centrale Rischi Finanziari è la fragilità strutturale di taluni settori della filiera, in primis le agenzie di viaggi, con un tasso di default che ha raggiunto il 4% annuale, il doppio rispetto ad altri Paesi europei.

Dati che hanno indotto il ceo di Crif Ratings, Luca D’Amico, ad affermare che «il turismo rimane uno dei settori a maggior rischio perché, nonostante i segnali di dinamicità, le imprese devono affrontare un contesto di forte incertezza a livello globale». Ma le reazioni via social hanno contestato questo approccio evidenziando come certe analisi, seppur autorevoli, peccano di generalizzazioni e denotano una scarsa conoscenza del settore.

MODELLO D’IMPRESA DA CAMBIARE

A mettere i puntini sulle “i” ci ha pensato tra gli altri Gianni Rebecchi, presidente di Assoviaggi: «La scarsa patrimonializzazione è un fenomeno diffuso in molti settori, indipendentemente dalla forma giuridica dell’impresa. Nel caso delle agenzie, non è tanto una questione di propensione a costituire riserve o accantonamenti, quanto la conseguenza di un ciclo finanziario molto rapido, caratterizzato da margini ridotti, che rende difficile strutturare solidamente l’impresa. Salvo rari casi virtuosi, ci troviamo di fronte a realtà imprenditoriali generalmente poco patrimonializzate».

Anche l’attivo circolante a volte risulta debole: «Crediti e disponibilità liquide – sottolinea – non raggiungono livelli pienamente soddisfacenti. Altro tema cruciale è quello dell’educazione finanziaria e, più in generale, della formazione imprenditoriale. La consapevolezza dell’assetto organizzativo e amministrativo solo recentemente ha iniziato a radicarsi nel tessuto economico italiano. Le piccole imprese poi soffrono maggiormente la mancanza di economie di scala, e ogni decisione dell’imprenditore ha un impatto sui costi significativo».

«Nelle adv – prosegue – il margine è in costante contrazione a causa di fattori noti, quali il mercato indicizzato a eventi che non dipendono dalla gestione di impresa (guerre, inflazione, concorrenza delle piattaforme online, commissioni dei fornitori sempre più ridotte basate su contratti complessi), oltre a costi fissi e del lavoro che stanno diventando meno sostenibili rispetto ai margini generati». Quello che serve, incalza Rebecchi, «è un nuovo modello d’impresa. Purtroppo, non sono stati introdotti strumenti adeguati per supportare l’imprenditore nella gestione dei cicli finanziari: mancano affidamenti flessibili, plafond dedicati e soluzioni alternative alla semplice carta di credito, oggi largamente utilizzata».

PARADOSSO POST COVID

Gli fa eco Jacopo De Ria, presidente del Consorzio Fogar, il fondo di garanzia Fiavet. L’ex presidente della federazione puntualizza innanzitutto un fatto: che in Italia non operano le 16mila agenzie di viaggi menzionate nello studio del Crif, ma più o meno la metà. E aggiunge un dato: «Dal nostro osservatorio che analizza i bilanci 2024 depositati dalle imprese lo scorso aprile – attraverso un algoritmo elaborato da un’agenzia internazionale – risulta che ben l’80% delle nostre adv, dalla pandemia a oggi, ha migliorato i suoi conti». Da qui una deduzione: «Non vedo forti rischi di default; semmai, al contrario, tangibili miglioramenti. E ricordiamoci che si sta parlando di medio-piccole imprese che, dopo lo tsunami Covid, sono risultate molto più resilienti di tanti colossi clamorosamente falliti».

VINCE CHI SI AGGREGA

Si unisce al coro anche Ivano Zilio, responsabile nazionale network di Aidit, che pone per l’appunto l’accento sulla valenza delle reti e dei consorzi: «È evidente come il mercato sia in continua evoluzione – basti pensare alle nuove integrazioni con l’intelligenza artificiale – ma non condivido l’idea di una situazione catastrofica. Nel nostro settore sono presenti numerose aziende ben capitalizzate, solide e strutturate. La fragilità rilevata dall’Osservatorio Crif colpisce soprattutto chi affronta il mercato in solitudine, mentre il modello aggregativo, basato su supporto, innovazione e formazione, si sta dimostrando vincente. E il futuro del turismo italiano – conclude – sarà scritto da chi saprà interpretare i cambiamenti, investendo su organizzazione e visione strategica».

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