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Recensioni false, l’Italia recepisce la direttiva Ue anti fake

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Nuove norme per la regolamentazione del mercato delle recensioni online, quest’ultime spesso cruciali nella scelta di un viaggio, di una struttura ricettiva o anche di un ristorante. A stabilirle, il decreto legislativo 26/2023 del 18 marzo scorso, che ha permesso all’Italia di recepire la direttiva 2019/216, definita più comunemente Omnibus.

Al centro una maggiore tutela nei confronti dei consumatori circa l’inganno delle recensioni false, in particolare è stato stabilito l’obbligo di fornire informazioni chiare e trasparenti anche sui “pareri” pubblicati sulle pagine social, i blog e i forum. La stessa TripAdvisor, ad aprile, ha comunicato di aver rintracciato nel 2022 il 4% (ovvero 1,3 milioni) di recensioni fake sulle circa 30 milioni online. L’azienda ne avrebbe però bloccato il 72% ben prima della loro pubblicazione, il 5% in più sul 2020.

«In un mercato sempre più influenzato dal ruolo delle recensioni, siamo felici che anche lo Stato italiano abbia finalmente compiuto un importante passo avanti – ha dichiarato Matteo Hertel, ceo di Zoorate di cui fa parte la piattaforma Feedaty, che modera le recensioni e consente la verifica della provenienza dei feedback con automatismi e controlli che consentono solo a chi ha effettuato un acquisto di scrivere la sua opinione in merito – Dare importanza alle recensioni veritiere diventa una fondamentale leva di crescita per le aziende virtuose che scelgono di valorizzare le recensioni in maniera professionale e trasparente. Per noi etica e trasparenza sono sempre state al centro e continueranno a esserlo, soprattutto alla luce della nuova normativa».

La normativa Omnibus stabilisce che le recensioni debbano essere pubblicate in modo chiaro, non ambiguo e senza inganno. Inoltre è necessario specificare se si tratta di una recensione effettuata da un cliente che ha acquistato il prodotto o il servizio, oppure se si tratta di una recensione effettuata da un blogger o da un influencer che ha ricevuto il prodotto o il servizio a titolo gratuito o in cambio di una remunerazione.

A intervenire con i controlli sull’operato delle aziende sarà l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), con sanzioni che possono arrivare fino al 4% del fatturato annuo della società nello Stato membro in cui si è verificata la violazione, o di 2 milioni di euro nei casi in cui non siano disponibili informazioni sul fatturato.

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