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Top 5 degli hotel italiani: sul podio Sardegna Resort

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La perfomance dell’hôtellerie italiana analizzata da Pambianco è di segno più confortante rispetto al tour operating: il comparto ha dovuto far fronte a 12 mesi disomogenei, sia perché i mesi iniziali in lockdown hanno inevitabilmente sacrificato volumi e opportunità, sia perché le strutture più grandi e di posizionamento medio hanno sofferto più dei cinque stelle lusso. Ma a partire dalla primavera, le camere hanno ricominciato a riempirsi.

E Pambianco ha voluto analizzare questo anno “atipico” focalizzandosi sull’Ebitda margin, cioè sul rapporto tra margine operativo lordo e fatturato. Quella voce che, in sostanza e più di ogni altra, dà il senso della prestazione reale di un’azienda, soprattutto nei confronti della concorrenza. Un indicatore che, tra gli altri aspetti, è strettamente legato alle condizioni di efficienza interna di una società e alle dinamiche esterne del mercato di appartenenza: che in questo momento storico, come noto, sono piuttosto incontrollabili. Lo studio è stato condotto in primo luogo prendendo in considerazione tutte le società italiane con un volume d’affari superiore ai 35 milioni di euro nel 2021, quindi raccogliendo i dati dell’ultimo triennio attraverso la Camera di Commercio e le aziende stesse.

La classifica Top Five in funzione della marginalità vede Sardegna Resort sul gradino più alto del podio con il 32%, Villa d’Este in seconda posizione con il 22%, quindi si prosegue con la divisione alberghiera di Alpitour con il 20%, Bluserena al 19%, e, a chiudere, Aeroviaggi con il 17%.

Entrando nel dettaglio – e arrivando a dare una lettura dimensionale del risultato – Sardegna Resort ha maturato la sua performance registrando, in termini assoluti, 23,4 milioni di euro di margine operativo lordo su 73,3 milioni di fatturato, Villa d’Este, 7,5 milioni a fronte di 34,5 milioni, Voihotels/Alpitour con 16,1 milioni su 80,6 milioni, Bluserena 12,8 milioni su 69 milioni fino ad arrivare a Aeroviaggi con 9,9 milioni su 58,9 milioni di ricavi.

Come accennato, il comparto ricettivo tricolore ha viaggiato a doppia velocità e infatti va registrato il momento di sofferenza di realtà come Hotelturist che sui 56,3 milioni di fatturato è andata in negativo di 1,1 milioni, mentre Gruppo Una, con un volume a 64,2 milioni di euro ha registrato un margine operativo lordo in rosso per 14 milioni. In controtendenza ma con un dato single digit c’è Blu Hotels, che ha segnato 3,9 milioni su 44,5 milioni di euro di fatturato, per un Ebitda margin al 9%.

Il 2021 dell’hôtellerie italiana ha marciato a due velocità. Spedito per l’alto di gamma, con passo lento e pesante per l’offerta media e business. Come noto, il contesto non è stato dei migliori, perché alle chiusure imposte dal lockdown, che tra l’altro ha colpito le regioni in maniera non uniforme, si sono aggiunti i primi effetti degli aumenti dei costi conseguenti la bulimia cinese sulle materie prime e il non indifferente impatto che ha avuto l’incidente della portacontainer Evergreen nel Canale di Suez. Il livello di marginalità non soddisfacente di alcuni gruppi dipende però anche da una gestione non efficiente della struttura dei costi e da un’offerta pensata più per crescere in termini di volumi che per salvaguardare la marginalità.

Per quanto riguarda l’esercizio in corso del 2022, infine, vige un timido ottimismo. Timido perché, se è vero che gli hotel hanno ricominciato a far lavorare a pieno ritmo le proprie reception, è altrettanto vero che a far tremare i contabili sono gli effetti della guerra russo-ucraina. Perché da una parte è venuta meno una categoria di avventori alto-spendente, dall’altra si sono verificati aumenti sconsiderati dei costi energetici che, oltre a coinvolgere direttamente le strutture (riscaldamento, aria condizionata, cucina), influiscono sui bilanci con rincari che non risparmiano praticamente nessuna voce di spesa. È per questo che, quest’anno più che mai, il ragionare sull’annualità diventa un puro esercizio di stile.

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