In fondo ci sentiamo un po’ tutti come Totò: “tartassati”. Più che “uomini o caporali”, turisti vessati da balzelli e imposte di ogni tipo non appena mettiamo il naso fuori casa. Stiliamo una lista come prologo al tema “Dimmi cosa fai e ti dirò che fee avrai”: city tax per tutti i gusti, tributi a pioggia delle compagnie aeree, Esta in salsa trumpiana (quindi raddoppiato), Etias di matrice europea triplicata, una spolveratina di Global Tax, gabelle per crociere e, come portata finale, una bella tassa sui turisti a quattro zampe. Ora proviamo a districarci nella foresta di Sherwood tra una gabella e l’altra. In attesa, hai visto mai, di un Robin Hood del travel.
TE LA DO IO L’AMERICA
Tris vincente. Podio tutto a stelle e strisce nella graduatoria riservata alle città con la tassa di soggiorno più alta, stilata dalla piattaforma Holidu. Los Angeles – che nel 2028 concederà il bis dei Giochi Olimpici dopo l’edizione del 1984 – taglia il traguardo da prima con 38,10 dollari (33 euro). Alle sue spalle, staccate di un’incollatura, New York, con 37,74 dollari (32 euro), e Washington, la capitale, con 36,77 (31 euro).
Il costo, non indifferente, è un mix tra una city tax quotidiana fissa e una tassa del 15% applicata all’importo totale che risulta dalla prenotazione del soggiorno. Prima europea del ranking, al settimo posto, Amsterdam, con 18,45 dollari (circa 16 euro). Fuori dalla top ten, la Grecia è lo stato del Vecchio Continente con il maggior numero di località in classifica: Atene, Rodi, Candia e Salonicco, dove la tassa si aggira sugli 8,1 dollari, 7 euro.
Sette euro è l’imposta dovuta anche in due destinazioni emiratine, Abu Dhabi e Sharjah. Segue Berlino a 6 euro. A sventolare il tricolore nella Top 20 ci pensano Milano e Roma, con una city tax di 6 dollari, circa 5 euro.
Qui il link con la classifica completa: https://www.holidu.it/magazine/citta-piu-care-al-mondo-per-tasse-di-soggiorno
ESTA AL RADDOPPIO
America chiama Esta. E non sono buone notizie, grazie allo zampino di Donald Trump. Proprio dal 30 settembre, infatti, il costo dell’Electronic System for Travel Authorization è raddoppiato, da 21 a 40 dollari. Il rincaro, ufficializzato dalla Us Customs and Border Protection (Cbp), riguarda l’autorizzazione elettronica necessaria per i cittadini italiani e degli altri Paesi aderenti al Visa Waiver Program, che consente di recarsi negli Stati Uniti per turismo o affari per 90 giorni o meno senza bisogno di avere un visto.
Al programma partecipano oltre 40 Stati, tra cui Australia, Francia, Germania, Giappone, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Spagna, Corea del Sud, Svezia, Svizzera, Regno Unito, Cile e Qatar. L’Esta va richiesto online, inviando la foto di un passaporto valido, un indirizzo mail, un indirizzo di casa, un numero di telefono, un contatto di emergenza e, novità assoluta, il caricamento di un selfie da parte del richiedente.
L’aumento rientra nei pesanti tagli all’ente di promozione turistica previsti nella legge di bilancio promulgata da Trump, che ha ridotto da 100 a 20 milioni di dollari i fondi federali per Brand Usa, l’organizzazione responsabile della promozione degli Stati Uniti come destinazione turistica. Inevitabile, a lungo andare, l’impatto sul turismo, anche se gli Usa si apprestano a celebrare due eventi di assoluto richiamo nel 2026: America250 e la Coppa del Mondo di calcio.
E non è tutto: introdotta una nuova Visa Integrity Fee di 250 dollari per viaggiatori e studenti internazionali che entrano negli Stati Uniti con un visto non-immigrant. Per i turisti stranieri, invece, c’è un’ulteriore mazzata: il decreto presidenziale per il rincaro dei biglietti d’ingresso ai parchi nazionali, al netto di quelli gratuiti. In travel we trust.
ETIAS, SALTO TRIPLO
Colpo su colpo. La Commissione Ue replica all’aumento dell’Esta targato Trump con una proposta: triplicare la tariffa Etias – il sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi online – che salirebbe da 7 a 20 euro a fine 2026. La misura riguarda i Paesi terzi che non hanno bisogno di visto per entrare nello spazio Schengen – come Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Brasile e Australia – ma di un permesso fino a 90 giorni in Europa.
L’esenzione dal visto riguarderà 30 Paesi: i 27 membri dell’Unione, eccetto Irlanda, Islanda, Norvegia, Liechtenstein e Svizzera. L’obiettivo della Commissione è raccogliere fondi aggiuntivi e l’aumento genererebbe altri 300 milioni di euro l’anno. L’importo della precedente tariffa era stato fissato nel 2018, ma ora Bruxelles ritiene che si debba tenere conto di costi operativi come le modifiche tecniche richieste dall’introduzione del nuovo sistema.
L’obiettivo è anche equipararla all’Esta e all’Eta, applicata nel Regno Unito. C’è un però: l’idea non va giù alle maggiori sigle del settore europeo del turismo e del trasporto aereo, Ectaa, Etoa, Hotrec e A4E, che hanno espresso grande preoccupazione per la mossa della Commissione europea.
Così, le associazioni invitano Bruxelles a rendere pubblica una valutazione d’impatto che giustifichi l’aumento, con una ripartizione dettagliata dei costi e a non escludere a priori la presa in esame di eventuali modelli alternativi. Insomma, sollecitano il Consiglio e il Parlamento europeo a respingere al mittente la proposta per introdurre una tariffa più proporzionata e che tenga conto dell’inflazione, soprattutto considerando il contesto più ampio dell’aumento delle city tax a livello generale.
Il settore inbound, concludono le associazioni, “genera preziose entrate dalle esportazioni che possono foraggiare gli investimenti. Gli oneri finanziari e amministrativi a carico dei visitatori devono essere attentamente bilanciati per mantenere e rafforzare la competitività dell’Europa come destinazione turistica globale”.
CARA TANZANIA
Mentre Usa ed Europa si sfidano a colpi di tasse, anche l’Africa fa la sua parte. Dal 1° novembre 2025, per dirne una, la Tanzania introdurrà una nuova imposta su turisti e sales representative stranieri, dopo aver aggiunto l’assicurazione obbligatoria di viaggio. Imposta dalla Tanzania Civil Aviation Authority, la Passenger Facilitation Fee sarà valida per i biglietti emessi già dal 15 agosto 2025, a un costo di 45 dollari per la sola andata e 90 dollari per andata e ritorno.
Servirà a finanziare nuovi sistemi di sicurezza e a riscuoterla saranno le compagnie al momento dell’acquisto del biglietto. I vettori però temono che la tassa possa scoraggiare i viaggiatori, confermando una recente tendenza del governo.
Inoltre, le Autorità di Zanzibar hanno introdotto dal 1o ottobre 2024 un’assicurazione di viaggio obbligatoria per chiunque si rechi sull’isola. Erogata dalla Zanzibar Insurance Corporation, costa 44 dollari a persona e vale 92 giorni. Il suo acquisto è necessario anche per chi possieda o abbia già sottoscritto un’altra assicurazione di viaggio.
RYANAIR VS SPAGNA
Passiamo ora alle compagnie aeree. Il caro voli non fa parte di questo capitolo, ma in qualche modo i viaggiatori scontano le conseguenze delle tasse aeroportuali, di cui si fa paladina Ryanair anche in Italia con la sua battaglia contro le addizionali comunali.
La low cost irlandese – che intanto ha aumentato a 2,50 euro il bonus ai dipendenti per ogni bagaglio fuori misura scovato al gate – è scesa ora in campo contro la Spagna denunciando quelli che definisce balzelli “eccessivi e poco competitivi”. Nel mirino Aena, ovvero la società che gestisce gran parte degli scali iberici.
La storia in breve è questa: dal 1° marzo 2026 sarà applicato un aumento pari al 6,5%, il più alto dell’ultimo decennio. L’entrata massima per passeggero sali- rà a 11,03 euro rispetto ai 10,35 attuali, con un aumento di 68 centesimi per viaggiatore.
Così, dopo le minacce al nostro Paese e i tagli operati in Francia, Ryanair annuncia la cancellazione di migliaia di voli e di un milione di posti negli aeroporti spagnoli durante la stagione invernale, oltre agli 80mila sedili in meno in estate. Aena contrattacca, parlando di “strategia di estorsione e costante pressione pubblica sui governi, per ottenere benefici economici a breve termine a spese dei contribuenti e della sostenibilità a lungo termine del sistema aeroportuale”. In scia gli esperti, che non escludono un piano della compagnia per rinegoziare alcuni accordi e rivederne altri, riducendo ulteriormente i costi operativi.
TASSE IN CROCIERA
Anche la cruise industry paga dazio. Dal 1° luglio è in vigore una nuova tassa valida in tutti i porti della Grecia. A Santorini e Mykonos la tariffa più elevata: dai 4 euro in bassa stagione ai 20 per l’alta.
La quota dovrebbe essere assorbita dal prezzo già pagato dai crocieristi. L’obiettivo è incoraggiare gli scali in porti più tranquilli e un numero maggiore di crociere al di fuori dei mesi di punta. Bufera invece alle Hawaii per la nuova tassa contestata dalla Cruise Lines International Association, la più grande associazione di categoria a livello mondiale. Clia ha citato in giudizio lo Stato delle isole, sostenendo che la nuova imposta dell’11% sulle navi viola la costituzione Usa e la legge federale.
La green fee prevede che, dal 2026, i visitatori paghino un’aggiunta dello 0,75% sulle tariffe di hotel e case vacanza. Lo scopo è ottenere un gettito di 100 milioni di dollari l’anno per sostenere progetti finalizzati al contrasto della crisi climatica. Motivo per il quale il settore turistico hawaiano si è espresso a favore della tassa.
DAL CLIMA AI CANI
Proprio per sostenere le misure pro-clima Global Solidarity Levies Task Force ha proposto, con l’appoggio dell’Ue, una global tax sui viaggi. No secco di Aci Europe, l’associazione che rappresenta oltre 360 aeroporti europei, e A4E, che comprende 24 aerolinee. «Tassare l’aviazione è un autolesionismo socioeconomico – attacca Olivier Jankovec, direttore generale di Aci Europe – È una misura controproducente per lo sviluppo e per l’azione per il clima».
Ringhio finale. Per i turisti a quattro zampe, dopo l’entrata in pompa magna sugli aerei, nel 2026 dovrebbe scattare in Alto Adige la tassa di soggiorno, 1,50 euro al giorno. L’incasso sarà riservato alla pulizia delle strade e alla realizzazione di aree dedicate. In ogni caso non si potrà parlare di “vacanze da cani”.

