Aveva chiesto l’immunità ed è stata accontentata. E così l’industria aerospaziale tocca quota “zero” nell'(ultima?) pagina del romanzo dazi scritto da Donald Trump e Ursula von der Leyen, con l’intesa Usa-Europa trovata al 15%.
Champagne a volontà, insomma, e tutti vissero felici e contenti. Compresi gli eterni rivali Boeing e Airbus, che in questo modo siglano un tacito accordo di non belligeranza, senza farsi del male, di cui si giova tutto il settore aereo.
Grazie all’intesa, infatti, si allontana l’ombra dei contro-dazi minacciati dall’Ue: senza la stretta di mano tra Bruxelles e Washington, dal 7 agosto sarebbero scattati due pacchetti da 92 miliardi di euro sui prodotti importati dagli Usa, quindi anche su aerei e componentistica di Boeing, per 10,8 miliardi, come “ritorsione” per le misure riservate ad Airbus. Ma, appunto, ora ogni chiacchiera, è il caso di dirlo, è azzerata.
Un finale al miele che rappresenta una buona notizia per l’intera filiera aeronautica, comprese le compagnie aeree e i fornitori che operano nell’ambito Mice e corporate travel. E, di riflesso, anche per l’Italia, che spicca nei comparti di robotica e automazione, grazie alle sue eccellenze manifatturiere.
Serviranno invece ulteriori negoziati per allargare la lista delle esenzioni ad altri settori chiave come l’agroalimentare, un pilastro dell’export italiano e del turismo enogastronomico, attualmente ancora soggetto a possibili restrizioni. Ma la fiducia aumenta anche sul fronte del turismo business.
Per gli operatori del settore viaggi, infatti, l’apertura potrebbe tradursi in maggiore stabilità per le commesse, le missioni aziendali e le attività fieristiche internazionali. L’intesa, inoltre, consente di mantenere attivi i corridoi logistici tra Europa e Stati Uniti, fondamentali per lo sviluppo delle rotte aeree intercontinentali e per la competitività delle destinazioni italiane sul mercato nordamericano.

