Ai, diktat di Draghi: «Impiegatela tutti o sarà stagnazione»

Ai, diktat di Draghi: «Impiegatela tutti o sarà stagnazione»
03 Dicembre 08:19 2025

Pericolo stagnazione se l’Italia non colma il divario che la separa da altri Paesi nella adozione delle tecnologie legate all’intelligenza artificiale. A dirlo – ripreso dal Corriere della Sera – è l’ex presidente del Consiglio, già presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, che è intervenuto al Politecnico di Milano in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico: «Se non colmiamo questo divario e non adotteremo queste tecnologie sul larga scala l’Europa rischia un futuro di stagnazione con tutte le sue conseguenze. Considerato il profilo demografico, se l’Unione europea mantenesse semplicemente il tasso medio di crescita della produttività dell’ultimo decennio, tra 25 anni l’economia avrebbe di fatto la stessa dimensione di oggi».

Secondo Draghi, «la divergenza tra i Paesi che abbracciano l’innovazione e quelli che esitano si allargherà sensibilmente negli anni avvenire ed è per questo che l’Europa vive oggi un momento di verità. Lo abbiamo già visto nella prima fase della rivoluzione digitale, quando la crescita della produttività europea è scesa a circa la metà del ritmo statunitense e quasi quasi tutta la divergenza è emersa dal settore tecnologico. Ora questo schema si ripete con la rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Lo scorso anno gli Stati Uniti hanno prodotto 40 grandi modelli fondamentali. La Cina 15, l’Unione europea solo tre».

Ciò che serve è una politica efficace, che incide anche su tanto discusso tema dell’occupazione. Su questo, Draghi come scritto dal Corriere della Sera aggiunge: «La storia economica indica che la disoccupazione di massa non è l’esito più probabile. Le precedenti rivoluzioni tecnologiche non hanno generato perdite occupazionali permanenti. Nel tempo sono nate nuove professioni, industrie e fonti di domande. Ma la transizione raramente è lineare, la discontinuità colpisce in modo diseguale. Alcuni lavoratori, mansioni e territori sopportano l’onere della sostituzione mentre altri beneficiano in misura sproporzionata. A fronte di questo potenziale esiste un rischio reale di sostituzione del lavoro, aumento delle disuguaglianze e altri danni per la società quali frodi e violazione della privacy. Ma la velocità e l’ampiezza della sostituzione del lavoro non sono determinate solo dalle tecnologie ma dalle politiche adottate dai governi».

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