Atto d’accusa al Mare Italia

11 Ottobre 07:00 2018 Stampa questo articolo

Che fine ha fatto l’euforia febbrile dello scorso anno? Gli annunci sull’ennesima stagione record? La corsa all’oro presso le strutture più disparate del sud Italia? A stagione ormai conclusa i bilanci sono diventati più parsimoniosi e il Mare Italia è al giro di boa decisivo in vista del 2019. Dall’inclemenza di un meteo instabile alla contrazione della spesa domestica, fino al proliferare di mete alternative e al ritorno dell’Egitto: tra i tanti fattori  è però il “caso pricing” a fare da cartina al tornasole che allarma il settore, preannunciando un futuro meno roseo del previsto.

«L’enfasi sul Mare Italia degli ultimi anni ha creato una bolla pronta a esplodere. I prezzi sono lievitati e i servizi sono rimasti fermi al palo». Non usa mezzi termini Massimo Diana, direttore commerciale di Ota Viaggi, raccontando un fenomeno che è pronto a sgonfiarsi a causa del ritorno feroce delle destinazioni del Nordafrica, Egitto e Tunisia in primis. Diana fa appello a tutto il settore:  «C’è bisogno di chiarezza perché se tutti ci facciamo i complimenti quando le cose vanno bene,  dobbiamo anche affrontare i problemi, confrontarci su cosa abbiamo sbagliato».

LA BOLLA DEI PREZZI. Dopo due anni di presenze record per l’estate, infatti, la sensazione è che l’Italia abbia clamorosamente fallito il triplete di successi, schiacciata dalla foga di voler accaparrare il più possibile. «Operatori di ogni genere si sono precipitati a vendere il Mare Italia pensando che il nostro Paese, insieme a Spagna e Grecia, fosse l’ombelico del mondo, ma già nella scorsa stagione la prima ha sofferto per il rialzo dei prezzi. L’Italia non è stata da meno».

L’allarme di Diana è proiettato soprattutto a ridurre i rischi per il prossimo anno. «Come Ota abbiamo chiuso l’annata in positivo, ma siamo stati cauti durante le ultime stagioni senza fare la corsa al numero di villaggi, e lavorando piuttosto sull’ampio portafoglio già disponibile. In generale, però, la tendenza del settore mi sembra sia stata quella di cercare di recuperare gli introiti persi negli ultimi 10 anni, senza badare a curare un sistema sostenibile con investimenti a medio termine».

Il futuro, quindi, è un punto interrogativo non tanto per gli specialisti, quanto per chi ha spostato in maniera tempestiva gli investimenti sullo Stivale. Un segnale che ha scosso anche le agenzie, «nonostante non si sia prodotta una sofferenza sul fatturato dell’intermediato – ribatte il presidente di Primarete network, Ivano Zilio – I turisti hanno viaggiato, ma hanno scelto in maniera più oculata. Il sud Italia ha disperso un patrimonio di viaggiatori che non hanno più trovato le tariffe di una volta e hanno scelto nuove mete: l’Albania su tutte». Se a giugno, inoltre, le prenotazioni erano basse anche a causa del maltempo, ci sono stati altri fattori. «Le crociere, per tariffe e offerta, sono i nuovi villaggi galleggianti, più convenienti di quelli a terra e hanno guadagnato porzioni di mercato. Anche le cancellazioni dei voli estivi, da Ryanair a easyJet e Aviro Air, non sono esenti da colpe», conclude Zilio.

«Una speculazione di corto respiro che non ha creato effettivi presupposti per il futuro –  è il giudizio dell’ad di Geo Travel network, Luca Caraffini – È vero anche che i mercati stranieri che prenotano in anticipo, vedi il boom dei francesi, ha rubato quote agli italiani che prenotano sotto-data. Alcuni t.o. sono stati costretti ad abbassare i prezzi a ridosso delle partenze e non credo che tutti abbiano appreso i rischi di questa poca lungimiranza».
Le previsioni per il futuro, infatti, sono poche chiare. «Per la prossima stagione potrebbe esserci un ritorno vorticoso del last minute. Se posso lanciare una provocazione, l’Italia è l’unica meta al mondo dove non prenoterei tanto in anticipo».

IL DILEMMA DELLA STAGIONALITÀ. Analisi condivisa anche da Sergio Testi, direttore generale di Gattinoni Mondo di Vacanze, che riapre il dibattitto mai sopito   sulla stagionalità: «Auspichiamo che l’Italia riveda la propria politica di prezzi che ha portato a un calo di domanda e a un ritorno alle prenotazioni last minute. Se imparassimo ad allungare la stagionalità potremmo sfruttarne le potenzialità; oggi buona parte delle strutture preferisce chiudere in maggio e a fine settembre, rinunciando alla media-bassa stagione».

La stagionalità troppo corta ritorna anche nelle parole di Gian Paolo Vairo, ceo di TrustForce – «Il tema è se il prodotto Italia, valido 2-3 mesi l’anno, può reggere al confronto di destinazioni come l’Egitto che lavorano su 10 mesi e più» – e  andando controcorrente, giustifica l’operato di t.o. e alberghi.
«È la domanda che fa il prezzo», riflette il manager, «da un lato quindi mi sembra giusto che le tariffe siano cresciute perché c’era mercato e disponibilità a spendere, dall’altro però bisogna operare una politica comprensibile di scadenza, altrimenti si incentiva solo il last minute. Nella prima parte dell’anno le vendite sono andate bene, poi c’è stato uno stop improvviso in primavera che ha generato il panico. C’è bisogno di più advance booking, ma con politiche tariffarie chiare».

L'Autore

Gabriele Simmini
Gabriele Simmini

Giornalista. Specializzato in trasporto aereo e ferroviario, economia, agenzie di viaggi, tecnologia ed estero. Segue convention e fiere internazionali.

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