Così l’outsourcing premia i travel manager

29 Marzo 07:00 2017 Stampa questo articolo

Durante il Corporate Travel Forum, l’evento annuale di Hrs dedicato alle ultime tendenze dell’industria dei viaggi d’affari, si scopre che in Italia i travel manager non credono nell’outsourcing per ottimizzare i processi e gestire i costi relativi al business travel. A dirlo sono i risultati della ricerca “Outsourcing del processo di Travel: come evolvono le competenze dei Travel Manager”, realizzata dalla società di consulenza diciottofebbraio.

Nel nostro Paese sono addirittura l’85,7% (contro una media mondiale del 52,5%) i travel manager che dichiarano di non utilizzare ancora l’outsourcing nel travel management, e in particolare nella negoziazione delle tariffe alberghiere della propria azienda.

Il 41,4% degli intervistati, infatti, dichiara di negoziarle direttamente attraverso un processo interno tradizionale, il 23,4% con etool aziendali (58,3%in Italia, l’utilizzo di supporto informatico è doppio rispetto al resto del mondo), il 30,6% tramite outsourcing parziale e solo il 4,6% dichiara di negoziare le tariffe tramite outsourcing totale.

I principali ostacoli ad un maggiore ricorso dell’outsourcing sono i timori legati al suo costo (17,1%), alla perdita di controllo sul processo (13,2%) – dato che per i tm italiani arriva al 22,5% – seguito dalla mancanza di un chiaro ritorno sull’investimento (12,5%) e dalla mancanza di tempo/ personale (11,8%). La mancanza di esternalizzazione è inoltre da imputare alla presenza di differenti stakeholder coinvolti nel processo decisionale: Purchasing 35,2%, General Management 23,6%, HR 16,4%, Finance al 13,9% e IT 7,9%.

Ma quali sono le aspettative legate all’outsourcing dell’hotel management? Sicuramente la riduzione dei costi diretti, seguita dall’offerta di una selezione di hotel mirata, dall’assistenza nelle negoziazioni per la tariffa alberghiera e un aumento della soddisfazione del viaggiatore.

Non trascurabili sono anche i fattori legati alla semplificazione del processo interno, l’aumento della conoscenza del mercato alberghiero con i dati di benchmark e la garanzia di una maggiore disponibilità. La capacità di attuare risparmi diretti grazie alla negoziazione con gli hotel è per il 33% l’indicatore più importante per la valutazione del travel manager seguito dalla realizzazione di risparmi indiretti con l’ottimizzazione dei processi (22%) e la soddisfazione del viaggiatore per il 20%

La ricerca ha inoltre indagato quelle che dovrebbero essere le competenze dei travel manager del futuro. Mentre i Cpo (chief procurement officer) prevedono che entro il 2020 i TM dovranno principalmente gestire il coordinamento interfunzionale, migliorare le conoscenze tecnologiche e le abilità di data analytics, i travel manager credono che nel prossimo futuro le competenze più importanti per il loro ruolo dovranno essere tre: mentalità innovativa, esperienza nella gestione dei cambiamenti e conoscenza della tecnologia travel.

Inoltre lo studio evidenzia che il tm è oggi percepito come ruolo di elevata responsabilità decisionale, a cui è affidato un ampio compito di negoziazione con i fornitori rispetto al passato. Alla domanda posta ai travel management su come impiegano il proprio tempo all’interno dell’azienda, la maggior parte afferma, infatti, che il focus è sulla negoziazione e sul transaction management: il 14,1% afferma che cerca risparmi diretti negoziando con i fornitori, il 10,4% gestendo i rapporti con i fornitori, il 9,9% semplificando i processi interni.

Le attività quotidiane impattano quindi di più di quelle manageriali innovative – il 9,3% dedica il suo tempo alla ricerca di soluzioni innovative per il programma di viaggio – mentre il duty of care e la soddisfazione del viaggiatore risultano poco rilevanti con solo il 7,4% che dichiara di cercare soluzioni per migliorare la soddisfazione del personale in viaggio.

 

 

 

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