I tamponi frenano la ripartenza?

I tamponi frenano la ripartenza?
13 Ottobre 07:00 2021 Stampa questo articolo

Il primo a fare un passo indietro è stato Boris Johnson. Insieme all’introduzione, da ottobre, dell’obbligo di passaporto per entrare in Gran Bretagna – effetto diretto della Brexit – Downing Street ha ridotto i controlli Covid sui viaggiatori vaccinati: è stato eliminato, infatti, l’obbligo del tampone prima della partenza, mentre è rimasto in vigore il test del secondo giorno.

Una notizia celebrata dall’Etoa, l’associazione europea dei t.o.: «I test Pcr si sono dimostrati poco pratici e costosi, oltre essere causa di enormi ritardi alle frontiere. Ne apprezziamo la rimozione», affermava il ceo Tom Jenkins, auspicandone l’addio anche altrove per chi è immune al Covid.

Ma il tema dei tamponi plurimi ora infiamma anche l’Italia, reduce dall’introduzione dei corridoi esotici che ne prevedono più d’uno anche per chi è vaccinato. Questione che inibisce una fetta di potenziali turisti. A indagare il sentiment dei viaggiatori ci ha pensato Iata intervistando, a settembre, 4.700 cittadini di 11 mercati. Se l’85% si è detto disposto a essere testato, diversi i problemi emersi: innanzitutto il costo dei test, ostacolo significativo per il 75% degli intervistati. L’80% crede che i governi debbano sostenerne i costi, mentre il 77% vede il fatto di doversi testare come un impedimento al viaggio stesso.

«Una più ampia accettazione del test dell’antigene da parte dei governi ridurrebbe disagi e costi. Costi che dovrebbero essere sostenuti dai governi. È anche chiaro che è forte il desiderio di tornare a viaggiare in modo normale», commenta il dg dell’associazione delle linee aeree, Willie Walsh.

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