Incoming, metà degli stranieri viene in Italia per il food

Incoming, metà degli stranieri viene in Italia per il food
17 Novembre 07:35 2025

Metà degli stranieri tra più assidui frequentatori del nostro Paese – ovvero tedeschi, americani e austriaci – soggiornano in Italia per l’enogastronomia. La conferma proviene dalla nuova ricerca presentata alla Bto 2025 di Firenze con L’Agenzia di Viaggi Magazine media partner e curata da Roberta Garibaldi, presidente dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico (Aite) e docente all’Università di Bergamo.

Un rapporto che per la prima volta si è focalizzato sulla domanda internazionale e ha evidenziato incrementi vertiginosi della capacità attrattiva del gusto, a cui l’Italia viene principalmente associata dal 55% dei tedeschi e degli svizzeri/austriaci e dal 54% degli statunitensi. Solo tra i francesi prevalgono i monumenti storici (50%).

E per i prossimi tre anni l’intenzione di viaggio in Italia per questi temi da parte dei turisti stranieri è altissima, con la quota “molto probabile + probabile” che oscilla dal 55% dei tedeschi  all’81% di svizzeri e austriaci, con gli americani al 59%.

Analizzando in modo comparativo i sei mercati esteri più importanti per l’Italia — Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Austria, Svizzera e Francia — il Rapporto 2025 evidenzia che, negli ultimi tre anni, tra viaggi domestici ed internazionali, la quota di turisti che si è mossa per l’enogastronomia varia dal 60% in Regno Unito al 74% in Francia, con un aumento dal 2016 tra i 15 a 28 punti percentuali.

Nel dettaglio le regioni più attrattive per i turisti internazionali sono ToscanaSiciliaSardegna (63% Fr) e Puglia (63% Fr). Tra le destinazioni enoturistiche prevalgono Chianti (fino al 41% di turisti statunitensi) ed Etna(fino al 40% di francesi), a seguire troviamo Montepulciano (42% frequentata da austriaci e svizzeri), Montalcino(27% di presenza USA) e Bolgheri (25% di frequentatori provenienti da Austria e Svizzera). Buone preferenze anche per Cinque TerreFood Valley dell’Emilia-Romagna .

Il Rapporto prende poi in considerazione le fonti ispirazionali, con un grande ruolo del tradizionale – i consigli di amici e parenti arrivano a rappresentare il 60% in Germania, Uk e Usa. Ta i mezzi scelti per la prenotazione delle esperienze, i canali digitali assumono rilevanza soprattutto tra francesi e americani, mentre tedeschi e britannici mostrano una maggiore propensione a decidere sul posto.

Cresce l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Tra le esperienze gastronomiche prevalgono i ristoranti locali (68% per i francesi, 71% per gli austriaci) ma anche gli etnici, poi le visite in cantina (fino al 36% tra gli svizzeri), seguite da caseifici  e birrifici .

Dalla ricerca emerge con chiarezza come il turismo enogastronomico stia entrando in una nuova fase. Il viaggiatore di oggi non cerca soltanto il “piatto iconico”, ma un rapporto più profondo con i territori, le persone e le storie che li abitano.

Si osserva un ritorno all’essenziale, fatto di esperienze semplici e radicate nel paesaggio, dove il valore risiede nei gesti dell’ospitalità e nella quotidianità della produzione agricola. Cresce parallelamente l’interesse per forme di intimità gastronomica, come tavoli dedicati, incontri diretti con chef e produttori, degustazioni per piccoli gruppi curate in modo personale.

Si sviluppano inoltre vere e proprie comunità del gusto, dai wine club agli orti condivisi, fino alle cucine partecipate: spazi dove il cibo torna a essere occasione di relazione e appartenenza. Infine, si rafforza il trend già presente di benessere e longevità, che porta i viaggiatori a scegliere luoghi in cui la qualità della vita, dell’ambiente e dell’alimentazione è percepita come parte integrante dell’esperienza, come accade nelle Blue Zones italiane.

In questa prospettiva l’esperienza enogastronomica evolve: non si tratta più solo di assaggiare un territorio, ma di entrarvi in relazione.

IL RUOLO DELL’AI

Una delle sezioni più innovative del Rapporto è dedicata all’impatto dell’intelligenza artificiale. Già oggi, il 21% dei turisti americani e il 18% dei francesi pianificano il proprio viaggio attraverso piattaforme che la integrano, che diventeranno sempre più importanti non solo in termini di programmazione dell’esperienza, ma anche come mezzi di sostituzione/integrazione delle attuali ricerche online.

Questa rivoluzione determina la necessità, per le aziende, di avere le carte in regola per essere selezionate dall’intelligenza artificiale. Se i dati di un’azienda non sono aggiornati o non leggibili dai sistemi Ai, quella realtà rischia semplicemente di non esistere digitalmente.

Per questo, il rapporto propone un box operativo con indicazioni concrete per imprese, Dmo e consorzi: uniformare i dati, essere presenti sui portali esperienziali globali (GetYourGuide, Viator, Airbnb Experiences, Musement), usare formati strutturati e costruire reti informative condivise. «L’intelligenza artificiale – sottolinea la stessa Roberta Garibaldi – non è solo un supporto: è la nuova infrastruttura del turismo».

Altro tema chiave trattato dal rapporto riguarda le competenze. Molti produttori agricoli e artigiani, eccellenti nella loro attività, non dispongono però delle conoscenze digitali o turistiche necessarie per aprirsi al mercato dell’esperienza. Per questo, il Rapporto richiama le evidenze del Libro Bianco sulle Professioni del Turismo Enogastronomico, che ha identificato figure cruciali come l’hospitality manager, il consulente per il turismo enogastronomico, l’addetto alle visite, il product manager per il turismo enogastronomico e il curatore di esperienze enogastronomiche.

Il futuro passa da una rete di supporto territoriale: consulenti condivisi messi a disposizione da Dmo, consorzi e associazioni per accompagnare le piccole imprese nella transizione tecnologica.

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