Il flop della tassa Airbnb: mancano all’appello 64 milioni di euro

24 Luglio 07:00 2018 Stampa questo articolo

Torna sotto i riflettori Airbnb, la piattaforma di home sharing che solo una settimana fa ha ricevuto dalla Commissione europea l’invito a mettersi in regola entro fine agosto, rendendo più trasparente il sistema dei prezzi e distinguendo meglio le offerte dei privati da quelle di aziende come i bed and breakfast.

A  rendere ancora più impegnativo l’autunno del portale californiano però, saranno anche i numeri apparsi sul rendiconto generale dello Stato: degli 83 milioni di gettito attesi nel 2017 in seguito all’introduzione di quello che è stata definita una vera e propria “tassa Airbnb” (in realtà l’obbligo per gli intermediari di agire da sostituti d’imposta trattenendo il 21% della canone delle locazioni, riguarda anche realtà com Booking e HomeAway), nelle casse pubbliche ne sono entrati soltanto 19. Oltre 60 milioni in meno, quindi, ma che l’anno prossimo potrebbero diventare molti di più, visto che il gettito atteso per il 2018 è di 139 milioni di euro.

Una misura, quella decisa all’allora governo Gentiloni, che il gruppo Usa ha sempre considerato discriminatoria, di fatto chiamandosi fuori dalla raccolta delle imposte insieme ad altri intermediari. E se il nuovo ministro del Turismo e delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, ha annunciato di voler subito rimediare – «entro settembre al massimo ottobre presenterò la mia nuova proposta per la tassa Airbnb. Non si possono lasciare praterie, né che ognuno faccia quello che vuole» – la sua affermazione durante l’assemblea di Federturismo a Confindustria di settimana scorsa, adesso bisognerà vedere cosa ne pensano i vertici di Airbnb.

«Già da tempo abbiamo inviato richiesta di incontro a diversi esponenti del nuovo governo per presentare un’ipotesi di riforma di una norma che per come è oggi, è evidente, non può funzionare – aveva replicato al Sole 24 Ore Matteo Frigerio, country manager di Airbnb Italia, aggiungendo – Con la nostra proposta, che tiene in conto del funzionamento delle piattaforme ed è in linea con l’accordo di collaborazione che abbiamo raggiunto di recente con il governo danese, si tutelano i proprietari di casa».

Insomma, una partita ancora tutta da giocare sotto il profilo legale, quello tra lo Stato italiano e Airbnb, e che va avanti da quasi un anno. Risale allo scorso ottobre, infatti, il respingimento da parte del Tar del Lazio del ricorso presentato dalla multinazionale statunitense in merito alle disposizioni del governo sulla raccolta delle imposte. Respingimento che, a sua volta, venne bocciato dal Consiglio di Stato a metà dicembre, con una sentenza che accolse la richiesta degli avvocati di Airbnb contro la nuova legge sulla cedolare secca per gli affitti di breve periodo. Ma non è finita, perché dopo il pareggio, adesso sarà lo stesso Tar del Lazio a dover riprendere in mano l’intera pratica, con un processo che inizierà il prossimo ottobre.

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