Stangata pre natalizia per l’hôtellerie: con l’imminente scadenza dell’Imu (16 dicembre), secondo le stime del Centro studi di Federalberghi, gli alberghi italiani pagheranno allo Stato e ai Comuni circa 418,4 milioni di euro, che si andranno ad aggiungere all’acconto pagato a giugno, per un totale annuo di 837 milioni.
Elaborando i dati forniti dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, emerge che le 67.465 unità immobiliari appartenenti al gruppo catastale “D/2” (alberghi e pensioni), pur rappresentando solo lo 0,10% dei 68 milioni di immobili censiti in catasto che producono reddito, hanno una rendita catastale superiore a 1,2 miliardi di euro, pari al 3,12% del totale.
«Un conto davvero salato – commenta il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca – reso ancora più indigesto dagli aumenti dell’imposta di soggiorno sanciti recentemente dal disegno di legge di bilancio e dal decreto economia, nonché dal fatto che l’imposta si paga anche per i periodi in cui le strutture ricettive sono chiuse o comunque vuote o utilizzate in minima parte».
«A partire dal periodo d’imposta 2022 – prosegue – l’Imu è integralmente deducibile dal reddito d’impresa. Si tratta di una misura apprezzabile, ma si può e si deve fare di più. Chiediamo allo Stato e ai Comuni di tener conto delle oscillazioni stagionali dell’attività, fissando esclusioni o riduzioni dell’imposta per i periodi dell’anno in cui la struttura non produce reddito. Inoltre, chiediamo di assicurare parità di trattamento tra tutti i soggetti che operano sullo stesso mercato, applicando i medesimi parametri, sia per l’Imu sia per la Tari, a tutti gli immobili destinati all’accoglienza dei turisti, a prescindere dalla classificazione catastale».



