Metaverso e destination marketing, gli scenari e le sfide a Bto 2022

Metaverso e destination marketing, gli scenari e le sfide a Bto 2022
21 Novembre 14:00 2022 Stampa questo articolo

A pochi mesi dalla sua irruenta apparizione nel mondo del turismo, il metaverso ha già cambiato fisionomia, o meglio è stato modificato dai suoi stessi adepti perché l’alto rischio di adombrare l’experience fisica di un viaggio, ha subito indotto a correggere quella che poteva essere una rotta di collisione. E ora che può succedere? Abbiamo interpellato Emma Taveri, giovane imprenditrice appassionata di destination strategy, marketing e impatto sociale dello sviluppo locale con una vasta esperienza internazionale con importanti marchi di viaggio come TripAdvisor, World Travel Market, Tui Travel, recentemente fondatrice di una sua società (Destination Makers) e approdata nel comitato scientifico di Bto, di cui è membro con un ruolo altamente creativo nell’allestimento di una parte dei programmi che animeranno l’edizione 2022.

Prima curiosità: ci sono già esempi di best practices tra le destinazioni che hanno adottato la rivoluzione del metaverso?
«Diciamo subito che ci stiamo ancora interrogando sul metaverso e come poter cogliere questa opportunità senza fare danni, soprattutto se si considera che già ora l’offerta è superiore alla domanda. E in particolare come Bto ci siamo chiesti come porre il tema agli operatori con risposte concrete soprattutto per i destination manager, e come poter fornire strumenti da implementare. Riguardo alle best practices ci sono mete internazionali che su questo tema stanno lavorando da tempo e lo stanno facendo bene: ad esempio l’ente del turismo della Corea del Sud ha costruito una vera e propria destinazione nel metaverso con un influencer virtuale, invitando i blogger a “trasferirsi2 per raccoglierne poi il sentiment. E ancora la città di Atlanta che ha creato delle soluzioni di metaverso per allestire l’offerta finalizzata, ad esempio ai viaggi di nozze. Poi ci sono esempi molto più vicini a noi, in Europa come Malta e la  Catalogna che stanno abbinando soluzioni di metaverso alla realtà aumentata. E ancora, ci sono altre declinazioni virtuose come le Isole Faroe che durante la pandemia hanno realizzato delle vere e proprie visite turistiche virtuali. Ovviamente ora, con la piena ripartenza del mondo dei viaggi fisici, il panorama è nuovamente mutato ed il ritorno al viaggio classico ha lasciato spazio alla ricerca delle vere opportunità del metaverso nel marketing territoriale ed in quello degli stessi tour operator».

Tutto questo all’estero, ma dalle nostre parti, in Italia ad oggi, qual è la situazione?
«Per l’Italia potrebbe essere una opportunità enorme per la varietà di offerta che può vantare il paese, ma beninteso non per sostituire la meta, bensì per focalizzarsi su tematiche specifiche come, ad esempio, si potrebbe fare con il cinema: permettere la pre visita al Paese attraverso le scene iconiche di film o di serie di televisive (fiction) o ancora interagire con questi luoghi ponendo il visitatore virtuale al centro di una esperienza immersiva ed evocativa. Si stima, secondo Statista, che il 70% degli adulti sta considerando di entrare nel metaverso e secondo uno studio di Gartner il 25% trascorre già almeno un’ora nel metaverso. Ecco allora che diventa imperativo anche per il turismo interrogarsi su come inserire il metaverso nelle strategie: non dimentichiamoci che ormai utilizzando internet ci si rivolge a milioni di persone, di utenti e potenziali turisti. Ed allora anche nel caso del metaverso – fenomeno globale – dobbiamo chiederci che tipo di utenti entrano nel metaverso, quali sono i loro bisogni. In generale possiamo già dire che i frequentatori sono spesso appassionati della Rete  che utilizzano da tempo le piattaforme  e che non si tratta soltanto di  giovani. Spesso sono professionisti, imprenditori, viaggiatori con la V maiuscola. Ecco allora che nelle nuove strategie di marketing delle destinazioni dobbiamo tener conto che servono nuove professionalità per rispondere a queste esigenze e dare delle risposte puntuali e mirate. Oggi una destinazione potrebbe promuoversi con eventi speciali, oppure organizzando delle fiere virtuali interagendo con degli operatori in un format B2B. In tale ottica metaverso verrebbe inteso come efficace canale, come strumento virtuale per l’organizzazione di eventi virtuali».

C’è un riferimento specifico alle nuove esigenze green?
«Non dimentichiamoci che il metaverso è andato incontro anche alle istanze di sostenibilità, riducendo viaggi e trasferte inutili. In poche parole c’è una transizione digitale del viaggio che ci accompagnerà d’ora in poi e che potrà governare il cosiddetto design dell’esperienza nel marketing  attraverso modalità virtuali e digitali, fino ad arrivare al modello ottimale di metatourism, dove la comunicazione non si limiterà più a rivolgersi all’utente in modo passivo ma interagirà con lui, attraverso servizi specifici. E’ un nuovo veicolo che dobbiamo saper utilizzare».

Il metaverso assomiglia ad  un vero e proprio bolide che però bisogna essere in grado di guidare, per non rischiare incidenti e collisioni deleterie. Ma alla luce di queste considerazioni e di questi scenari è già possibile tracciare una road-map della transizione green delle Destinazioni?
«A me piace pensare che alla transizione green si abbini la transizione creativa, con la costruzione di luoghi e destinazioni migliori in cui vivere, non necessariamente vincolata al solo  appeal turistico, ma luoghi più belli e più inclusivi per gli stessi residenti, vivibili e godibili da tutti. Quindi una transizione vista non più come comportamento virtuoso di alcune mete, ma parte essenziale delle strategie di marketing. D’altra parte sono convinta che non  basta comunicare solo messaggi di sostenibilità: secondo una ricerca di Expedia, il 90% delle persone cerca soluzioni sostenibili durante il viaggio, ma in Italia è difficile trovarne, se non a macchia di leopardo, in taluni comuni, o borghi o limitati territori. Fortunatamente sappiamo che ci sono già alcuni operatori che stanno iniziando percorsi formativi in tal senso. È un buon segnale, ma dobbiamo anche conoscere cosa si sta facendo all’estero e farne tesoro: ad esempio ci sono destinazioni come Oslo, Valencia e Helsinki che stanno puntando molto sulla sostenibilità.

Per esempio?
«A Valencia, ad esempio, è stata inserita la sostenibilità in una piattaforma che misura la “carbon footprint”, ovvero  le emissioni generate dal viaggio, e nel contempo ha avviato azioni per migliorare l’impatto ambientale, puntando a zero emission entro pochi anni. Oslo sta lavorando molto sulle costruzioni sostenibili ed  ha lanciato il primo cantiere dove abbina i bisogni climatici a quelli degli spazi d’accoglienza (alberghi). Infine nel nostro vecchio continente è stata avviata una iniziativa, chiamata Covenant of Majors, promossa dalla Commissione Ue, che è un vero e proprio Patto tra  sindaci che entro il 2050 si pongono l’obiettivo della riduzione del 50% di emissioni. Fuori dall’Europa abbiamo Paesi come Costarica e Nuova Zelanda che son già partiti con campagne promozionali turistiche esclusivamente improntate al green. In Italia, come dicevo, si procede purtroppo, a macchia di leopardo, ma abbiamo comunque delle eccellenze che vanno citate e imitate: ad esempio Tejo, in Trentino, è la prima località di montagna Plastic Free focalizzata sulla riduzione ed eliminazione della plastica. E’ un punto di partenza, ma dobbiamo attivarci su larga scala con convinzione e professionalità».

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Andrea Lovelock
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