Viaggio in Bahrein: benvenuti nel giardino dell’Eden

09 Novembre 07:00 2022 Stampa questo articolo

Lo leggo. Lo rimetto in tasca per paura di non trovarlo più. Poi sbircio ancora quel foglio con il logo Gulf Air. Stavolta il biglietto che tengo stretto porta in una destinazione così vicina, ma ancora così poco conosciuta, che evoca sultani, principesse e misteri arabi. Invece sul volo Roma-Manama, la capitale del Bahrain, trovi qualche europeo, pakistani, indiani, sauditi, ma nessuno sceicco. L’aereo è nuovo, con sei posti per fila, e in cinque ore e mezzo di viaggio atterra in un aeroporto bianchissimo e tirato a lucido, circondato da chilometri di sabbia.

Il tour, programmato per noi da Viaggi del Mappamondo ci porta in questo piccolo arcipelago composto da 33 isole affacciate sul Golfo d’Arabia e comincia appunto dalla sua isola più grande, Manama, lunga 55 chilometri e larga 18. La prima tappa è alla moschea di Al Fateh, la più grande dello Stato, che ospita fino a 7mila fedeli. Prima di entrare ci fanno accomodare in uno spogliatoio dove le donne possono scegliere la abaya, un abito lungo e scuro tipico della tradizione musulmana, e il velo necessario per coprire la testa. È obbligatorio, sennò si resta fuori. Una volta riposte anche le scarpe, si accede a quello che è il luogo di culto più visitato e conosciuto dai bahrainiti, realizzato con pietra chiara e marmo di Carrara.

Una volta dentro, quello che cattura l’attenzione è la cupola di 25 metri di diametro, la più grande al mondo realizzata in fibra di vetro, le lampade in legno lavorato, i tappeti tessuti a mano e l’enorme lampadario di Swarovsky. La guida ci spiega dei passi del Corano, alcune abitudini musulmane e ci lascia con il saluto arabo «Assalâm ‘aleikum» (la pace sia con voi).

A pochi chilometri da lì si trova un altro edificio caro ai bahrainiti, il Museo Nazionale. La struttura è suddivisa in sei sezioni che raccontano la storia e le tradizioni locali: dalle prime tombe, che risalgono al 2020 a.C., agli usi e costumi dell’epoca dei Dilmun, quando il Bahrain era conosciuto come il “giardino dell’Eden” ed era un crocevia importante dei commerci fra Mesopotamia e India, fino a costumi più recenti dei beduini. Gli spazi sono ben organizzati e le didascalie in arabo e inglese.

Pochi chilometri e molto traffico dopo, si arriva a Bab el-Bahrain, il souk di Manama, vicino alle torri gemelle del Financial Harbor. Non aspettatevi tuttavia i mercati arabi tipici del Marocco, dell’Egitto o della Tunisia perché è caratterizzato da un insieme di vicoli dove si vende un po’ di tutto: elettrodomestici, frutta e lampade. Per scoprire l’anima del souk bisogna addentrarsi nel suo ventre, tra gli artigiani del legno e le bancarelle colme di spezie. Un labirinto dove si contratta poco, ma è facile perdersi.

Dopo una visita al Dilmun Burial Mounds, una necropoli formata da 170mila tombe che si presentano come collinette artificiali di diversa grandezza, dichiarata patrimonio Unesco, e al distretto di Muharraq, un dedalo di vicoli bianchi con musei e laboratori artigianali ristrutturati, da dove ancora oggi partono le imbarcazioni specializzate nella raccolta delle ostriche che regalano le preziose perle considerate tra le più pure del mondo, si arriva al tramonto al Forte Qal’at al-Bahrain. Costruito dai portoghesi, è una delle attrazioni principali di questo Stato.

Il forte, patrimonio Unesco, è circondato da un fossato e al suo interno si trovano delle rovine che, al calar del sole, splendono di una luce magica mentre sullo sfondo svetta lo skyline dei nuovissimi grattacieli della città. Eppure questo “regno dei due mari”, da cui deriva appunto il nome Bahrain, dove l’acqua salata si mescola con sorgenti di acqua dolce, ha mille contraddizioni. Le donne coperte, ma anche i milioni di expat arrivati qui da tutto il mondo, il “lemon & mint” bevuto a tutte le ore e l’alcol che scorre nelle feste dei locali e degli alberghi internazionali, le oasi lussureggianti a due passi da quelle di sabbia. E il mare, che c’è, ma non sempre si vede, e vi è difficile accedervi se non si soggiorna in un hotel con spiaggia. Un aspetto sul quale il Bahrain sta investendo.

«Stiamo cominciando ad aprirci anche al turismo europeo e l’Italia per noi costituisce un mercato target – ci spiega Sally Sedky, responsabile marketing dell’Ente di promozione turistica del Paese – Ad oggi l’80% dei nostri turisti arrivano dall’Arabia Saudita e il nostro piano è quello di accogliere visitatori anche da altri Paesi. La nostra è una destinazione che permette di coniugare cultura, mare, shopping. Per questo stiamo puntando su tre progetti importanti per realizzare dei beachfront, collaborando con t.o. e dmc per promuovere il Bahrain e dal prossimo anno parteciperemo a fiere di settore in Europa e daremo il via a dei roadshow».

Intanto fuori ci aspetta il deserto, costellato da decine e decine di pozzi petroliferi, principale fonte di reddito di questo piccolo Stato. Il van si ferma in un piazzale davanti a un edificio beige, il museo che racconta la storia dei giacimenti. Accanto si trova l’1st Oil Well, il primo pozzo di greggio del Golfo Persico, scoperto quasi per caso il 16 ottobre 1931. Una vera fortuna dato che coincise con il crollo del mercato mondiale delle perle.

Si prosegue per ammirare lo Sharajat-al-Hayat, o Albero della Vita, un esemplare di prosopis cineraria che resiste nel deserto da oltre 400 anni, senza nessuna fonte d’acqua. Un mistero che ha fatto nascere storie e miti, come quella sul paradiso terrestre.

Ultima tappa, d’obbligo, il circuito Sakhir, dove dal 2004 i piloti del mondo si sfidano nel Gran Premio di Formula 1. Per ospitare il circuito non si è badato a spese, costruendo in 18 mesi una pista in pieno deserto, spettacolare e tecnologica. Una gara che mette a dura prova i concorrenti che gareggiano con la sabbia sull’asfalto e un’escursione termica senza uguali. Ci si ferma infine a cenare in un bel ristorante nel quartiere di Adlyia, tra locali caratteristici e bar alla moda. Un’ultima occhiata ai grattacieli di Manama, tra i più innovativi ed eleganti, e si torna a casa. Con una certezza: c’è ancora tanto da scoprire.

LA SFIDA INVERNALE DI MAPPAMONDO. «Una destinazione a medio raggio, con temperature calde, che vanta ottime strutture alberghiere e che offre esperienze di cultura e svago. Ci siamo detti: perché non proporla?» Andrea Mele, presidente e amministratore delegato di Mappamondo presenta così il Bahrain, una delle novità in programmazione per l’inverno fino ad aprile 2023.

«Da giugno, inoltre, Gulf Air ha attivato dei voli diretti da Roma e Milano per Manama che permettono di raggiungere anche altre mete. Noi la consigliamo come stopover di due notti in combinato con Maldive, Thailandia e Dubai, oppure come long weekend con quote da 760 euro tutto incluso o come soggiorno di sei notti con quote da 990 euro con city tour», informa Mele. «È di fatto – prosegue – un luogo che offre un po’ di tutto e a costi accessibili. Per promuoverlo abbiamo realizzato due fam trip con 20 agenzie partner, avviato una campagna promozionale diretta alle adv con newsletter ad hoc e presentazioni in giro per l’Italia. È un nuova meta e quindi una nuova opportunità per il turista italiano che ha già viaggiato nei Paesi del Golfo e che, a sole cinque ore di volo, può godersi il caldo d’inverno, in una piccola nazione bella e ospitale, ricca di cultura e tradizione, a prezzi molto competitivi. Abbiamo deciso di investire in questo prodotto e crediamo che possa davvero costituire un’ottima alternativa per chi decide di visitare quell’area».

AGENTI DI VIAGGI IN AVANSCOPERTA. Al fam trip hanno partecipato otto adv da Roma: Luca Castellani della V&V di Foligno, Giuseppe Ricci di Alma Travel, Manuel Cruzate di Ragazze Viaggi e Turismo, Monica Valente di Valente Tour, Alessia Leoncini di Chalet Viaggi, Mirella Pastorelli di Business Class Viaggi, L’Ammiraglia Viaggi di Stefania Cherchi (Ammiraglia Viaggi), Paola Mesiti di Megghy Travel, accompagnati da Stefania Scardigli del t.o. Mappamondo.

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Serena Martucci
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