Aerei, le mancate consegne
costano 9 miliardi di euro

Aerei, le mancate consegne <br>costano 9 miliardi di euro
10 Dicembre 10:48 2025

Gli hangar semivuoti di nuovi aeromobili equivalgono a un conto assai salato per i vettori. Uno studio di Iata ha stimato che a causa della mancata consegna da parte delle case costruttrici, a oggi mancano all’appello 5.300 aeromobili. Una carenza che equivale a un costo operativo che supera gli 11 miliardi di dollari, ovvero 9,4 miliardi di euro.

Nella sua analisi Iata denuncia che, sui colli di bottiglia della supply chain aerospaziale, ci si gioca parte del futuro del trasporto aereo: la disponibilità di aeromobili rimane infatti uno dei vincoli più significativi alla crescita del settore. E tutto questo nonostante le consegne di nuovi aeromobili abbiano iniziato a riprendersi già da quest’anno e la produzione sia destinata ad accelerare nel 2026.

Il trend evidenzia che la domanda continuerà a superare la disponibilità di aeromobili e motori. La normalizzazione della discrepanza strutturale tra le esigenze delle compagnie aeree e la capacità produttiva è improbabile prima del 2031-2034, a causa delle perdite irrimediabili nelle consegne degli ultimi cinque anni e di un arretrato ordini (backlog) ai massimi storici.

L’Outlook pubblicato da Iata entra poi nel dettaglio della situazione legata all’approvvigionamento di macchine, evidenziando che l’arretrato ordini ha ormai superato i 17.000 aeromobili, un numero pari a quasi al 60% della flotta attiva. Inevitabilmente, a causa di questa penuria di aerei di ultima generazione, l’età media delle flotte è salita a 15,1 anni (12,8 anni per gli aerei passeggeri, 19,6 anni per i cargo e 14,5 anni per i wide-body).

Per non parlare poi della mancata fornitura di pezzi di ricambio e dei rallentamenti nei processi di manutenzione, altro nervo scoperto dell’aviazione commerciale: a oggi, sempre secondo lo studio Iata, gli aereomobili parcheggiati (per qualsiasi motivo) superano quota 5.000, uno dei livelli più alti della storia del trasporto aereo civile.

«Le compagnie aeree – ha sottolineato Willie Walsh, direttore generale Iata – stanno risentendo degli impatti delle sfide nella supply chain aerospaziale in tutta la loro attività. Costi di leasing più elevati, minore flessibilità nella programmazione, ritardi nei progressi in sostenibilità e una maggiore dipendenza da aeromobili subottimali sono tra le difficoltà più evidenti. Le compagnie stanno perdendo opportunità per rafforzare i ricavi, migliorare le prestazioni ambientali e servire meglio i clienti. Nel frattempo i viaggiatori stanno affrontando costi più elevati a causa delle condizioni più rigide tra domanda e offerta. Non si dovrebbe risparmiare alcuno sforzo per accelerare le soluzioni prima che l’impatto diventi ancora più acuto».

Da qui la sottolineatura degli analisti Iata che avvertono come con il proseguire dei “colli di bottiglia produttivi”, le compagnie aeree saranno chiamate ad affrontare nuove sfide e nuovi impatti sull’attività operativa di tutti i giorni. Innanzitutto con lo squilibrio tra la produzione delle fusoliere rispetto alla produzione di motori, i vettori sono costretti a parcheggiare aeromobili nuovi quasi pronti in attesa della consegna di  motori.

Come reazione a catena si allungano i tempi per la certificazione dei nuovi aerei (da 12–24 mesi a quattro o cinque anni) con particolare impatto sul rinnovo della flotta a lungo raggio. Ci sono poi le note dolenti dei dazi su metalli ed elettronica derivanti dalle tensioni commerciali Usa–Cina che di fatto hanno aggravato alcuni colli di bottiglia e aumentato alcuni costi di manutenzione. Inoltre si sta registrando una crescente carenza di manodopera qualificata, soprattutto nella produzione di motori e componenti, che limita i piani di aumento della produzione.

A tutto questo occorre aggiungere che i miglioramenti nell’efficienza del carburante stanno inevitabilmente rallentando con l’invecchiamento della flotta. Storicamente, l’efficienza del carburante migliorava del 2,0% all’anno; questo valore è sceso allo 0,3% nel 2025 e si prevede 1,0% nel 2026. Considerazioni, queste, che presentano voci di costi aggiuntivi di un certo rilievo, come gli extra di carburante (4,2 miliardi Usd) – a causa dell’uso di aeromobili più vecchi e meno efficienti, poiché le nuove consegne sono ritardate – e i costi aggiuntivi di manutenzione (3,1 miliardi Usd), in quanto la flotta globale invecchia e gli aeromobili vecchi richiedono manutenzioni più frequenti e costose.

E ancora l’aumento dei costi di leasing dei motori (2,6 miliardi Usd), dal momento che i motori rimangono più a lungo a terra durante la manutenzione, aumentando la necessità di leasing. Anche i tassi di leasing degli aeromobili sono aumentati del 20–30% dal 2019. Infine i costi per l’inventario in eccesso (1,4 miliardi Usd) in quanto le compagnie accumulano più pezzi di ricambio per far fronte a interruzioni imprevedibili della supply chain, aumentando le spese di magazzino.

Per accelerare le soluzioni, lo studio Iata suggerisce diverse azioni da adottare in tempi brevi: innanzitutto occorre aprire il mercato dell’aftermarket sostenendo le attività di manutenzione, riparazione e operazioni (Mro) affinché siano meno dipendenti dai modelli commerciali basati sulle licenze degli Oem, e facilitare l’accesso a fonti alternative di materiali e servizi.

Migliorare poi la visibilità della supply chain creando maggiore trasparenza a tutti i livelli dei fornitori, individuando i rischi in anticipo, riducendo colli di bottiglia e inefficienze e utilizzando dati e strumenti migliori per rendere l’intera catena più resiliente e affidabile. Terzo passaggio obbligato è l’adozione da parte delle aerolinee della cosiddetta “manutenzione predittiva“, ovvero la condivisione di pezzi di ricambio e creazione di piattaforme comuni di dati per ottimizzare l’inventario e ridurre i tempi di fermo.

Infine l’ampliamento della capacità di riparazione e produzione di parti per accelerare le certificazioni di riparazione, sostenere soluzioni basate su parti alternative e materiali usati ricondizionati (Usm) e adottare tecnologie produttive realmente performanti.

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Andrea Lovelock
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