Cisalpina, Bartolucci: «Il business travel crescerà ancora»

04 Dicembre 15:32 2023 Stampa questo articolo

Il mercato dei viaggi di lavoro gode di ottima salute in tutto il mondo. E l’Italia è al settimo posto per volume di spesa con i suoi 34,3 miliardi di dollari che la Gbta, Global Business Travel Association, stima si raggiungano alla fine di quest’anno. Ma è significativo soprattutto che questa cifra è superiore del 43% rispetto a quella del 2022 e addirittura del 67% rispetto al 2019, l’anno di riferimento pre-pandemia.

I dati sono stati riportati al recente Salone dei Pagamenti, che si è svolto a Milano, da Loretta Bartolucci, commercial director di Cisalpina Tours, operatore che si sta specializzando sempre più nel segmento del travel aziendale, secondo la quale la crescita continuerà anche il prossimo anno perché le aziende si sono rese conto del ritorno economico che viene prodotto dalle trasferte dei propri collaboratori, a dispetto di tutte le previsioni sul lavoro a distanza e le riunioni virtuali.

L’indagine riportata da Bartolucci analizza anche le motivazioni delle trasferte lavorative. Il 71% delle aziende italiane ha intrapreso tra 1 e 5 viaggi di lavoro per formazione, meeting, consulenze e interventi tecnici. I mezzi di trasporto sono stati per il 40% l’aereo, per il 37% il treno e per il 25% l’auto personale.

Va detto che l’aumento della spesa è dovuto anche all’aumento dei costi di tutti i servizi. Ma la Gbta prevede che nel 2027 la cifra complessiva del business tracerl arriverà a 38 miliardi.

Alla manifestazione milanese, ovviamente, si è parlato soprattutto dei mezzi di pagamento. Che sono sempre più digitali ma che vedono proprio nei viaggi di lavoro una crescita più lenta dell’utilizzo di carte di credito. Ecco come Bartolucci ha spiegato il fenomeno rispondendo alle domande de L’Agenzia di Viaggi Magazine.

Sembrava che il business travel dovesse morire con la tecnologia, le videoconferenze e le videocall, e invece è in crescita.
«Abbiamo visto anche attraverso gli studi e le analisi che sono stati presentati all’ultima convention di Gbta che il mercato italiano è al settimo posto per quello che riguarda il business travel. Quindi sicuramente questa è una crescita molto importante che pone fine a tre anni di stop post lockdown. I segnali positivi ci sono anche per quello che sono comunque le percentuali di crescita anche per il futuro. Un tema interessante è che comunque, nonostante questa crescita sia anche un po’ condizionata dall’inflazione, è legata anche a un aumento dei viaggi e delle transazioni».

Cioè, aumentano i volumi perché aumentano i costi dei singoli servizi?
«Effettivamente post pandemia c’è stata anche un po’ una riduzione di prodotto. Diciamo un’ottimizzazione del prodotto presente. Quindi maggiore domanda con una minore offerta, questo effettivamente ha fatto sì che i costi medi crescessero un pochino. Però il messaggio positivo è che effettivamente nonostante questo piccolo incremento, il ritorno all’investimento e quindi il valore con cui misuriamo effettivamente la possibilità di fare comunque sia attività commerciali, quindi valorizzare l’espansione commerciale, è comunque positivo. Perché per ogni dollaro speso in un viaggio di lavoro, effettivamente ci sono almeno 121 dollari di valore di vendite effettuate».

Ma come si calcola questo ritorno di spesa sul viaggio?
«Per ogni dollaro speso per ogni singola trasferta, il volume di vendite che l’azienda acquisisce, quindi di cui beneficia, è 121. C’è proprio un corrispettivo che dà effettivamente agio alle aziende».

Quindi vale la pena conviene mandare i lavoratori in trasferta..
«Poi ovviamente la pandemia ci ha insegnato che ci deve essere sicuramente una certa ottimizzazione dei processi. I viaggi più basic sono stati sostituiti anche da dalle video call eccetera. Ma è comunque importante non solo per il mercato italiano, quindi per i mercati latini, ma in generale è molto importante la relazione e l’incontro personale. Teniamo presente che poi ci sono delle aziende come quelle cantieristiche che devono comunque viaggiare, non solo per acquisire new business ma anche per tutelare e consolidare quello che hanno già».

Al Salone dei Pagamenti si parla di digitalizzazione delle transazioni. Pagare con la carta di credito. Però, in realtà, si digitalizza qualsiasi tipo di pagamento. Cos’altro c’è come forma di pagamento?
«Per quello che riguarda il contesto business travel, molte aziende preferiscono tuttora mantenere viva e salda la modalità del bonifico per pagare noi come fornitori. Ciò non toglie che poi magari noi a nostra volta dobbiamo ingegnarci per pagare altri partner della filiera tipo l’hotel con nostre carte di credito. E già qua c’è un po’ un gap, è un po’ un controsenso. Perché non c’è una logica nel fatto che una travel management company diventi essa stessa un istituto finanziario nei confronti dell’azienda cliente. La cosa che noi suggeriamo è utilizzare una carta di credito per pagare direttamente il fornitore. E utilizzare anche le nuove modalità che sono presenti, tipo il virtual payment, per pagare direttamente l’hotel al checkout. Evitando quindi di fare questo doppio passaggio. Perché le aziende ancora tengono in vita la modalità bonifico? Probabilmente questo è un po’ un retaggio culturale. C’è ancora un po’ la considerazione della dilazione del pagamento come un qualcosa che dà modo alle aziende di contenere i costi. C’è una parte, e l’abbiamo visto nelle analisi dei colleghi di American Express, che è molto restia nella adottare carte di credito. Parliamo principalmente di tutto quello che è il mondo legato alla p.a».

La Pubblica amministrazione è decisamente più resistente all’innovazione tecnologica. Ma quale sarebbe il vantaggio della carta di pagamento rispetto al bonifico, che ormai è digitale anch’esso. E fra poco sarà comunque obbligatorio il bonifico istantaneo.
«Con le carte di credito di nuova generazione, con il virtual payment, in effetti noi abbiamo modo di ottenere una granularità dei dati che ci consentono di supportare a nostra volta le aziende proprio nella gestione di quelle che possono essere le analisi e le tendenze di spesa. Perché il dato è pulito, preciso, certificato, inconfutabile; e magari con una serie di informazioni addizionali che su una transazione effettuata in modalità cash non avremmo. Quindi sicuramente tutto quello che passa su carta ci consente di avere anche molte più informazioni. E un maggior numero di informazioni, usate scientemente da chi fa consulenza come noi, ci dà modo anche di poter supportare a nostra volta le aziende nell’ottimizzazione del travel budget».

Voi fate molta analisi delle transazioni. E che cosa ne ricavate?
«È proprio il nostro lavoro adesso. L’agenzia di viaggi non è più una semplice repository delle informazioni. Non gestisce più solamente l’emissione del biglietto aereo. È un consulente. Quindi, interpreta i dati, dà indicazioni alle aziende anche su quelle che sono le aree di spesa da ottimizzare, consiglia le aziende anche su come effettuare saving. Abbiamo visto prima che i prezzi aumentano e quindi è ancora più importante da parte delle aziende tenere sotto controllo questi costi e capire in maniera precisa e puntuale come poterli ottimizzare. Quindi non tagliare i viaggi, ma viaggiare meglio».

Altra differenza tra l’Italia e quantomeno il resto d’Europa, è la tendenza a non dare le carte individuali. Al lavoratore che va in trasferta, l’azienda preferisce pagare direttamente tutto. Mentre invece sembra che all’estero preferiscano rendere autonomo il collaboratore dandogli una carta aziendale.
«In effetti in Italia si punta tutto sulla fase di pre-trip, quindi la parte iniziale del viaggio. L’Italia, ma come tutti i Paesi di matrice latina, si concentra su un processo autorizzativo al viaggio. Tutta la parte di controllo viene effettuata ex-ante. Mentre invece all’estero c’è una maggiore responsabilizzazione del passeggero e il controllo viene effettuato alla fine della trasferta, in fase di nota spese».

E quali sono i vantaggi e svantaggi dell’una e dell’altra modalità?
«Aggiungo un tema che secondo me è anche molto importante per inquadrare la situazione. Credo che nei Paesi latini anche la parte di matrice sindacale sia comunque molto importante. E quindi anche tutto quello che è il discorso di spesa che ovviamente viene delegata al passeggero molte volte non viene contemplata, magari, nei contratti sindacali o nei contratti di lavoro. Quindi, obtorto collo, l’azienda in un certo senso deve fare di necessità virtù e si prende in gestione la parte di prepagamento del servizio. In questo modo, evita anche il cash out per quello che possono essere anche l’anticipo di contanti per gestire la trasferta e tutto il processo è spostato a monte. Invece all’estero c’è una maggiore responsabilizzazione del passeggero che ha il suo budget, ha la sua carta di credito e se eventualmente spende qualcosa che non è previsto dalla policy, semplicemente non viene rimborsato. Alla fine quindi è proprio un controllo che si sposta dall’inizio alla fine della trasferta».

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Giampiero Moncada
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