Una roadmap condivisa tra Roma e Tokyo, orientata a politiche territoriali più equilibrate, per non dare quartiere all’overtourism. Il patto è stato suggellato all’Expo Osaka, dove l’Università degli studi di Bergamo ha presentato uno studio da cui emerge che il 43% dei turisti è disposto a spendere di più per evitare il sovraffollamento.
La crescita dei flussi turistici attesa nel prossimo decennio, infatti, impone di trovare soluzioni in grado di affrontare il problema in modo strategico, attraverso governance, tecnologie e valorizzazione delle aree rurali. Anche perché ormai diverse destinazioni europee sperimentano tensioni tra residenti e visitatori, segnale di un equilibrio sempre più fragile tra vivibilità dei territori e sostenibilità delle destinazioni.
LA CONFERENZA DI EXPO OSAKA
Nel segno di un rinnovato bisogno di equilibrio tra ospitalità e qualità della vita, ecco quindi la riflessione maturata con la conferenza “Rural Tourism as a Response to Overtourism: A Comparative Perspective”, promossa appunto dall’Università degli studi di Bergamo a Expo Osaka e organizzata nel Padiglione Italia.
Un appuntamento che ha coinvolto sei università, italiane e giapponesi, unite in un dialogo interdisciplinare e internazionale. Ventidue i relatori che si sono alternati nei panel, affiancati da rappresentanti di enti e associazioni di primo piano come Eurispes, Coldiretti, Associazione nazionale città del vino e Associazione italiana turismo responsabile, oltre a Slow Food Japan.
Sono stati analizzati in chiave comparativa i dati sui flussi turistici in Italia e Giappone, discussi i quadri normativi e le opportunità di nuove regolamentazioni per gestire in modo sostenibile gli incrementi attesi di visitatori per i prossimi anni.
Altro tema centrale il riconoscimento del turismo rurale ed enogastronomico come leva per riequilibrare i flussi, sostenere la vitalità economica e culturale delle aree interne e stimolare la rigenerazione dei territori. La conferenza ha infine favorito lo scambio tra mondo accademico e operatori professionali, condividendo esperienze e casi studio per creare un patrimonio comune di buone pratiche.
GOVERNANCE E AI PER CONTRASTARE L’OVERTOURISM
La prima sessione, dedicata all’analisi delle dinamiche turistiche contemporanee, ha posto l’accento sulla necessità di superare una logica emergenziale nella gestione dei flussi, per abbracciare un approccio di placemaking, capace di rendere le destinazioni più vivibili tanto per i visitatori quanto per i residenti.
È emersa l’importanza di modificare il ruolo degli enti di gestione delle destinazioni, valorizzando la loro conoscenza del contesto locale e la capacità di intervenire in modo mirato, integrato e continuativo per affrontare strategicamente la crescita attesa dei flussi.
Innanzitutto è fondamentale disporre di dati sul turista e sull’escursionista e sui territori, perché attraverso l’intelligenza artificiale si possano offrire strumenti e soluzioni, per poi gestire nel mondo migliore aspetti cruciali quali la mobilità, la pressione sui servizi pubblici, la gestione dei rifiuti, la capacità ricettiva, la fiscalità e i flussi stagionali.
Per cui bisogna stimolare la destagionalizzazione – un must del ministro del Turismo, Daniela Santanchè – e promuovere mete meno note, che non siano solo attrattive per i turisti, ma che garantiscano qualità della vita ai residenti, prevedendo benefici tangibili per le comunità locali.
TURISMO RURALE ED ENOGASTRONOMICO
In questo senso il turismo rurale ed enogastronomico può rappresentare una risposta concreta al sovraffollamento, alleggerendo la pressione sulle destinazioni più note e distribuendo i benefici economici e culturali in modo più equo. Il workshop ha evidenziato come valorizzare il patrimonio agroalimentare e le tradizioni locali possa fungere da catalizzatore per la rivitalizzazione economica e sociale, promuovendo modelli di turismo più lenti e consapevoli.
VERSO LA ROADMAP
Da qui le conclusioni di Roberta Garibaldi, docente dell’Università di Bergamo, esperta di turismo enogastronomico e promotrice della conferenza: «L’overtourism non può essere lasciato a una gestione spontanea: serve una strategia integrata che coinvolga la comunità locale e punti su modelli turistici autentici e sostenibili. La forza del turismo rurale rappresenta una leva concreta per redistribuire i flussi e rigenerare i territori».
In sostanza, l’auspicio condiviso è consolidare una collaborazione stabile tra Italia e Giappone, per condividere dati, competenze e progetti in grado di affrontare in modo coordinato le sfide del turismo contemporaneo e costruire un futuro più inclusivo e sostenibile.
ITALIA E GIAPPONE A CONFRONTO
In base ai dati Istat e Bankitalia, nel 2024 l’Italia ha registrato 129,3 milioni di arrivi turistici e 458,4 milioni di presenze, di cui il 55% (oltre 250 milioni) straniere, per una spesa complessiva di 33,9 miliardi di euro.
In Giappone la Japan national tourism organization ha stimato 36,9 milioni di turisti stranieri nel 2024, con una spesa record di oltre 8.100 miliardi di yen (circa 53 miliardi di dollari).
Volumi che generano alcune criticità: a Venezia, con circa 25 milioni di visitatori l’anno (di cui il 70% si ferma solo per poche ore) su circa 250.000 residenti, la pressione è ormai strutturale (fonte Boston Consulting Group). Firenze supera i 9 milioni di presenze annue (fonte Istat). D’altra parte, secondo il ministero dell’Ambiente giapponese, nel corso della stagione estiva 2022 sul Monte Fuji sono transitate oltre 160.000 persone.
VIAGGIATORI E OVERTOURISM
Naturalmente la consapevolezza dell’impatto dell’overtourism aumenta anche nella percezione dei viaggiatori. Un’indagine condotta tra gennaio e febbraio 2025 da Roberta Garibaldi evidenzia che quasi la metà (49,8%) ha vissuto nel 2024 un’esperienza condizionata dal sovraffollamento, con un disagio medio di 6 su 10, percentuale che sale al 54% nella fascia 35-44 anni.
Il disagio maggiore? Nel Nord Ovest (53,3% di giudizi tra 7 e 10) e Nord Est (49,5%), più contenuto al Sud (45%). Ed ecco che emergono orientamenti chiari sul futuro: sei italiani su dieci vedono nello sviluppo del turismo rurale un mezzo efficace per redistribuire i flussi e alleggerire le destinazioni più congestionate, mentre il 43% si dichiara disposto a pagare di più per esperienze turistiche sostenibili e meno affollate.
Il 74% degli italiani, inoltre, sostiene il potenziamento dei collegamenti verso le aree interne e il 67% individua nel turismo enogastronomico un’opportunità per valorizzare le filiere produttive locali.
Anche in Giappone le strategie anti-overtourism vanno in questa direzione: secondo il ministero dell’Agricoltura, circa il 30% dei turisti stranieri ha visitato almeno una destinazione rurale nel 2024.



