Rischio default nel turismo: l’allarme del Crif

Rischio default nel turismo: l’allarme del Crif
25 Agosto 12:37 2025

Tecnicamente viene definita “fragilità strutturale”, che in termini pratici significa un evidente rischio di default per talune imprese della filiera turistica italiana, in particolare agenzie di viaggi, ristoranti e alberghi a conduzione familiare: è la nota dolente presente nell’Osservatorio del Crif (Centrale Rischi Intermediazione Finanziaria) che periodicamente analizza i bilanci delle imprese italiane.

Ebbene nel comparto turistico, nonostante emergano parametri di miglioramento come l’aumento dei finanziamenti erogati nel primo trimestre del 2025 (+8,6%) superiore alla media degli altri settori produttivi italiani, dato che certifica di fatto lo stato di buona salute del settore, rileva al tempo stesso come si mantenga elevata la sua fragilità a causa della crescita di default rilevata nell’ultimo trimestre del 2024 (+0,3%) che ha portato il suo tasso annuale al +4%, ovvero quasi il doppio della media nazionale relativa a tutti i settori produttivi del sistema Paese che si è attestato sul 2,7%.

Nel commentare i rilevamenti dell’Osservatorio il ceo di Crif Ratings, Luca D’Amico, osserva: «Il 2024 ha visto il proseguimento del percorso di crescita dei flussi turistici dopo il tracollo dovuto agli effetti negativi della pandemia, determinando un pieno ritorno alla normalità per il comparto. Tuttavia, il turismo rimane uno dei settori a maggior rischio perché, nonostante i segnali di dinamicità, le imprese devono affrontare un contesto di forte incertezza a livello globale». A questo andamento in chiaroscuro si devono anche aggiungere i primi riscontri deludenti registrati, da una stagione estiva non pienamente decollata secondo le aspettative degli stessi operatori che hanno apertamente manifestato una certa preoccupazione per la contrazione della spesa-vacanze e dei consumi degli italiani durante i periodi di ferie.

La fotografia scattata dall’Osservatorio del Crif è attendibile se si tiene conto che tale rilevamento è stato elaborato analizzando ben 415mila imprese tra società di capitali, società di persone e ditte individuali (la maggioranza), di cui 56mila nell’ambito dell’hospitality, circa 16mila tra agenzie di viaggi, consulenti e tour operator e 342mila nella ristorazione.

E proprio le ultime due categorie figurano tra le più fragili, oltre a essere per dimensione tra le più piccole. Imprese che spesso faticano a gestire i contraccolpi di un mercato fortemente influenzato da fattori esogeni come l’erosione del potere d’acquisto e le tensioni geopolitiche.

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