Stretta sugli affitti brevi, la cedolare secca salirà al 26%

20 Ottobre 10:50 2023 Stampa questo articolo

La norma nero su bianco ancora non c’è, ma sta già facendo discutere la probabile stretta sugli affitti brevi contenuta nella Legge di Bilancio. Le ipotesi che circolano in queste ore indicano un incremento della cedolare secca dal 21 al 26% dalla seconda casa di proprietà in poi.

Un aumento delle tasse che rischia di creare nuovi malumori tra i movimenti del diritto all’abitare e, soprattutto, tra le forze di maggioranza. Il tutto in attesa della riforma a cui sta lavorando la ministra del Turismo, Daniela Santanché, per mettere ordine nel mondo delle locazioni brevi ma che non ha ancora visto la luce e stenta ad approdare in Consiglio dei Ministri.

Come mai dunque questo blitz in manovra economica? Sembra per un motivo alquanto semplice, perché il governo avrebbe bisogno di fare cassa andando alla ricerca di coperture finanziarie.

Ma andiamo con ordine. Nelle scorse ore sono uscite indiscrezioni stampa secondo cui nel testo della manovra economica, già approvata in Cdm, c’è un articolo con il titolo sulla “modifica della disciplina fiscale sulle locazioni brevi”. I contenuti della nuova disposizione normativa però ancora non sono noti.

Ne ha parlato la Repubblica, che oggi torna sull’argomento fornendo ulteriori dettagli. In particolare dalla nuova norma dovrebbe essere esclusa la prima abitazione posta in affitto (per cui la tassazione rimarrebbe al 21%), “in modo tale da tutelare i piccoli proprietari che trasformano la seconda abitazione in casa vacanze per arrotondare le entrate, e colpire solo i grandi proprietari immobiliari”. In sostanza, quindi, l’incremento della cedolare secca fino al 26% riguarderebbe chi affitta dalle due alle cinque case.

Qui però potrebbe esserci già una prima contraddizione, quello che il quotidiano diretto da Maurizio Molinari definisce un “paradosso”: perché il disegno di legge elaborato dal ministero del Turismo prevede che il ‘diritto’ alla cedolare secca si perda a partire dalla terza casa in poi, momento in cui si considera che l’attività diventi professionale. La norma della manovra economica – stando alle anticipazioni sui giornali – salverebbe invece un solo immobile, per cui alla fine potrebbe rivelarsi più costosa per i proprietari rispetto alla stretta targata Santanché.

L’intervento andrebbe a impattare su tutti quegli italiani che stanno affittando la propria abitazione per brevi periodi, ma anche in modalità “casa vacanze” o comunque per fini turistico-ricettivi, inclusi i bed&breakfast, in particolare nelle principali città – come Roma, Milano, Firenze e Venezia – e località turistiche che attirano moltissimi viaggiatori tutto l’anno.

Una prospettiva che già ha messo in allarme Confedilizia, che parla di «un grave errore», e che irrita anche l’Abbac, l’associazione nazionale del settore: «Ci sentiamo spremuti come limoni», dichiara il presidente Agostino Ingenito. «Un intervento che fa solo gli interessi degli albergatori e che spingerà più persone verso il sommerso» afferma Marco Celani, presidente di Aigab, associazione dei property manager, per il quale la misura «se confermata, andrebbe a colpire proprio quella classe media che il Governo dice di voler supportare nella capacità di spesa mettendo le mani nelle tasche dei proprietari italiani».

I malumori potrebbero contagiare anche la politica, come è successo già nelle scorse settimane quando la Lega e Matteo Salvini avevano sostenuto le posizioni di Confedilizia, mettendosi di traverso all’ipotesi di portare in Cdm un decreto legge sul giro di vite sugli affitti brevi. Al momento la politica tace, così come non trapela alcun commento dal Ministero del Turismo.

Il tema del “far west” degli affitti brevi, che vede in particolare Airbnb nel mirino, ha una rilevanza internazionale con gli argini già studiati da New York e Madrid tra tutti.

L'Autore

Giuseppe Rinaldi
Giuseppe Rinaldi

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