Vacanza rovinata: perché il viaggiatore non ha sempre ragione

28 Novembre 07:00 2018 Stampa questo articolo

Torna alla ribalta l’interrogativo sul clima della giurisprudenza italiana in tema di vacanza rovinata. Una questione che si fa prepotentemente spazio nell’attualità dopo le ultime sentenze a sfavore di tour operator, agenzie di viaggi e compagnie aeree, come ad esempio la n.1692/2018 del Tribunale di Vicenza, che ha visto un’adv costretta a pagare un indennizzo a un cliente per non aver agito con diligenza nel trovare una soluzione alberghiera alternativa.

A tentare di fare chiarezza sulla vicenda, su L’Agenzia di Viaggi Magazine, i due consulenti legali Silvana Durante e Federico Lucarelli, rispettivamente nel team di Astoi e Fiavet.

L’orientamento dei giudici nazionali è davvero proteso a un’interpretazione molto restrittiva a favore del consumer? T.o. e adv devono preoccuparsi? Per Silvana Durante «alla luce delle attuali disposizioni non è così agevole poter sostenere che il viaggiatore abbia diritto di annullare il viaggio, senza corrispondere spese di recesso, ove sussista una causa di natura soggettiva che sia impeditiva della fruizione della prestazione convenuta. Ciò perché il legislatore ha previsto correttamente le cause per poter recedere senza penale, circoscrivendole al verificarsi di situazioni oggettive, riferite a circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze».

Le polizze di annullamento o multirischi in genere, prosegue Durante, con la nuova direttiva pacchetti assumono piena legittimità giuridica «poiché il legislatore ha consacrato la previsione delle spese standard del viaggiatore ove l’eventuale recesso non sia sorretto dalle intervenute circostanze inevitabili e straordinarie». Se l’operatore turistico, organizzatore o venditore che sia, spiega ancora l’avvocato, «è attento nel formulare correttamente la propria offerta e fa dotare il viaggiatore di polizza contro i rischi di annullamento direi che l’allarme suscitato dalle recenti sentenze non va a minare la possibilità di un’efficace difesa dell’attività degli operatori che oggi invece, a mio avviso, dispongono di maggiori strumenti di tutela rispetto al passato. Molta è, infatti, la giurisprudenza che si è formata negli anni che nega il risarcimento del danno da vacanza rovinata, rigettandolo del tutto quando i disagi non superano la soglia minima di tollerabilità».

Considerazioni, queste, a cui si aggiunge la riflessione di Federico Lucarelli: «Credo che il problema centrale risieda nel fatto che, in talune interpretazioni, ciò che ha cambiato radicalmente l’impatto è il cosiddetto principio della finalità turistica. Ma non si può dire che il piatto della bilancia si sposti da una sola parte, perché ci sono diverse sentenze che hanno dato ragione ad albergatori e operatori, tenendo conto dell’impoderabilità di certi eventi e sancendo il principio della diligenza dell’operatore; così come anche nei casi di incidenti stradali di pulmini che ospitavano clienti di un’agenzia di viaggi, in quanto il giudice ha valutato nella giusta ottica il fattore casualità».

L'Autore

Andrea Lovelock
Andrea Lovelock

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