Vacanze open air: l’identikit del turista italiano

08 Giugno 10:41 2020 Stampa questo articolo

Sarà un’estate insolita quella che stiamo per vivere, segnata dalla convivenza con il coronavirus. Tra le tante incognite create dall’emergenza sanitaria una cosa è certa: le vacanze saranno di prossimità, più lente, consapevoli e sicure.

In questo scenario c’è un comparto dell’industria dei viaggi in Italia che più di ogni altro oggi sembra rispondere alle esigenze del viaggiatore, nel rispetto delle vigenti norme di sicurezza: l’ospitalità open air. Un settore che, continuando un percorso di crescita e riqualificazione ormai in atto da tempo, alla vigilia della prossima stagione si candida come alternativa possibile per un nuovo modo di vivere la vacanza made in Italy. 

A esplorare questo segmento turistico è l’Osservatorio del Turismo Outdoor 2020 realizzato da Human Company, gruppo fiorentino che si occupa di ospitalità open air, in collaborazione con Istituto Piepoli.

Realizzata con metodo quali-quantitativo su un campione rappresentativo della popolazione italiana e un gruppo selezionato di operatori del settore, la ricerca, arrivata quest’anno alla terza edizione, fornisce un’analisi dell’attuale mercato domestico del turismo all’aria aperta individuandone le caratteristiche, i trend e le possibili evoluzioni ai tempi del coronavirus. 

TURISMO OUTDOOR DOMESTICO. Secondo le stime dell’Istituto Piepoli il fatturato del turismo all’aria aperta nel 2019 si attesta intorno a 8,5 miliardi di euro (di cui 5,2 miliardi di euro per servizi ricettivi e 3,3 miliardi di euro per servizi di ristorazione), con una quota di viaggi in Italia che si aggiudica il 25% del totale: dei quasi 80 milioni di viaggi degli italiani in Italia e all’estero lo scorso anno (Istat, febbraio 2020), 20 milioni sono stati outdoor (stima sui soggiorni in villaggi e camping e viaggi itineranti effettuati con caravan e simili) per un totale di 92 milioni di pernottamenti, pari al 23% del totale. 

Secondo il campione intervistato, le vacanze outdoor più lunghe nell’ultimo anno sono estive in otto casi su dieci (da giugno a settembre), svolte in Italia per la medesima quota, con rilevanza di Puglia (13%), Toscana (11%) e Sicilia (10%). Per il 69% sono state vacanze prevalentemente balneari e fatte in coppia (53%) o con tutta la famiglia (34%). A scegliere la montagna è stato il 16%, seguito dalle città e località d’arte con il 12%. 

LA STAGIONE 2020. Il 41% degli intervistati afferma che l’emergenza sanitaria non ha modificato i programmi di vacanza, il 16% che ha dovuto annullare le vacanze a febbraio-marzo, il 39% ha cancellato i viaggi programmati ad aprile-maggio e il 3% le vacanze estive. Non manca chi dice che non andrà in vacanza (3%) e chi aspetta l’evoluzione (4%).

È comunque il 69% gli italiani che dichiara l’intenzione di andare in vacanza nei prossimi 12 mesi e, sebbene la quota sia di -14 punti percentuali rispetto a un’analoga rilevazione svolta un anno fa, si osserva comunque un forte desiderio di ritorno alla normalità, di cui le vacanze sono parte importante. La propensione alle vacanze aumenta decisamente (77%) tra quanti sono andati in vacanza lo scorso anno, e cresce ancora di più tra quanti hanno fatto una vacanza outdoor in villaggio, camping o viaggio on the road nell’ultimo anno (80%).

POSIZIONAMENTO DELLA VACANZA OUTDOOR. La ricerca restituisce una descrizione del turismo open air come un settore che ha avuto una forte crescita negli ultimi dieci anni e che per certi versi ha guidato una sorta di rivoluzione culturale nella percezione collettiva del turismo stesso in generale. 

Secondo i dati dell’Osservatorio quasi metà degli intervistati (49%) aspira a una vacanza outdoor: per il 35% si tratta di persone che già oggi soggiornano in strutture all’aria aperta e il 14% di turisti che fanno vacanze di tipo diverso.  Fra le diverse tipologie di vacanza open air, il villaggio riceve il gradimento più alto, poiché piace a ben il 58% degli intervistati, seguito subito dopo dal viaggio on the road (44%) e dalla casa mobile (42%).

PROFILO DEL TURISTA OUTDOOR.  Dall’indagine di Istituto Piepoli a praticare turismo all’aria aperta sono soprattutto uomini (il 45% del totale degli intervistati uomini contro il 40% del totale tra le donne), compresi nella fascia d’età tra 35 e 64 anni (53%) e in misura abbastanza uniforme tra i residenti delle diverse regioni italiane.

Guardando ai Megatrend, che caratterizzano l’evoluzione sociale e dei diversi mercati oggi a livello internazionale (fonte CSIRO, rapporto “Our future world – global megatrends that will change the way we live”), Istituto Piepoli colloca il turista outdoor nel cluster “Great expectations”, che fa riferimento al desiderio sempre più marcato nelle persone di fare esperienze psicologicamente gratificanti in qualsiasi acquisto e consumo/fruizione di un prodotto o servizio.

IL TURISMO SOSTENIBILE. La ricerca rileva un’area di favore per il turismo sostenibile del 75%, corrispondente a quanti dichiarano che sarebbero certamente (17%) o probabilmente propensi (58%) a pagare di più per una vacanza sostenibile.

Si tratta di un’area di propensione molto ampia, che tuttavia si stima essere effettivamente pari a una quota minore e pari al 27% sul totale degli italiani (quota calcolata con stima Agostini, che assegna probabilità differenziata a seconda delle risposte di propensione). Quanti hanno fatto vacanze outdoor nell’ultimo anno mostrano una sensibilità maggiore con un indice del 34%.

Luca Belenghi, direttore generale di Human Company, ha dichiarato: «Dalla nostra indagine risulta che la vacanza è ormai tra i beni di prima necessità: il 69% degli italiani intervistati, infatti, ha intenzione di farne una e il 49% aspira all’open air, per sua natura sostenibile e sicura. Noi di Human Company siamo pronti a vivere questa strana stagione estiva con ottimismo ma con i piedi piantati per terra: le nostre strutture – dai camping in town ai village – stanno aprendo progressivamente, pronte a offrire soggiorni in tutta sicurezza, grazie anche a un importante processo di digitalizzazione».

Si aggiunge anche il commento di Livio Gigliuto, vicepresidente Istituto Piepoli SpA: «Il turismo open air, da quanto emerge dalle nostre indagini, è la risposta che già c’era a un bisogno che ora sappiamo di avere: il bisogno di “uscire a riveder le stelle” dopo mesi di chiusura forzata, di vivere esperienze di turismo sicuro e sostenibile. Studiare il turismo outdoor significa oggi gettare un occhio sul futuro del concetto di vacanza, più “stanziale”, più sicuro».

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