“Ciao Italia, vado a lavorare all’estero”: esodo anche nel turismo

17 Febbraio 07:00 2023 Stampa questo articolo

Più che una fuga è un vero e proprio esodo quello certificato dall’Aire, l’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero, con oltre 6 milioni di italiani ormai stabilmente residenti fuori dai confini.

Nel 79% dei casi la residenza risulta in Europa e con una prevalenza per il nord del Vecchio Continente, come Belgio, Olanda e Paesi scandinavi. Mentre tra i Paesi extraeuropei scelti dagli italiani spicca l’Argentina (903mila connazionali censiti nel 2022) e il Brasile (533mila). Sorprende il dato relativo alle aree di partenza: il 53% degli italiani che negli ultimi anni ha deciso di andare a vivere e lavorare all’estero proviene infatti dal nord Italia, mentre il 47% parte dal centro-sud.

Ma ancor più interessante è la rilevazione legata all’età: il 37% degli italiani che vive e lavora all’estero è infatti costituito da giovani tra i 18 e i 35 anni, mentre il 23% è rappresentato da connazionali tra i 36 e i 45 anni.

Di fatto il 10% della popolazione italiana si è ormai trasferito oltreconfine, magari a pochi passi dalla propria patria, ma residente da più di un anno in uno Stato estero: e accanto ai professionisti (architetti, avvocati, medici), agli scienziati con specializzazioni sempre più mirate (vedi ingegneria spaziale e ingegneria genetica) spiccano anche professionalità nell’ambito dei servizi e del turismo, in particolare nella ristorazione e nell’hôtellerie, dove soprattutto i giovani trovano facilmente occupazione e stipendi superiori del 30-35% rispetto alle retribuzioni offerte in Italia.

Ci sono poi aspetti non certo marginali legati alle opportunità e alle condizioni di lavoro assicurate in taluni Paesi: come rileva il sito indeed.com, in Danimarca, ad esempio, è soltanto il 2% della popolazione attiva a lavorare 50 ore settimanali (rispetto alle media europea del 13%); solitamente la settimana lavorativa è di 37 ore e inoltre tutti i lavoratori beneficiano di 5 settimane di ferie pagate.

E ancora l’Olanda, uno dei Paesi dove gli italiani che vogliono lavorare nel turismo, trovano maggiori opportunità; sede tra l’altro dei quartier generali di Booking e delle holding del delivery per la ristorazione (ad esempio Just Eat); e anche se negli ultimi due anni si sono avuti migliaia di licenziamenti ed esuberi legati per il portale di prenotazioni al picco della pandemia e lo scorso anno per il delivery, al ritorno alla normalità e quindi più basse richieste di pasti a casa, la legislazione locale prevede che al lavoratore venga riconosciuto e pagato dalla società che licenzia un corso di alta formazione per specializzarsi in figure emergenti molto richieste dal mercato del lavoro.

Mentre un discorso a parte va fatto Oltremanica, perché con la Brexit Londra e le città britanniche hanno perso sicuramente appeal. È ora più difficile trovare occupazione, specialmente nel settore dei viaggi e vacanze. C’è infine un’altra isola felice nel cuore d’Europa, non a caso in forte crescita tra le preferenze dei giovani italiani: il Belgio, meta lavorativa ambita perché risulta alta la soddisfazione sul lavoro. Il Paese, infatti, è al primo posto del Global Workforce Happiness Index. In Belgio, in generale, c’è un ottimo approccio al coinvolgimento dei dipendenti sul lavoro, e viene sempre data la priorità all’acquisizione e alla conservazione dei talenti in tutti i settori.

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Andrea Lovelock
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