Confindustria, focus turismo: “Fiducia in calo”

Confindustria, focus turismo: “Fiducia in calo”
10 Ottobre 10:38 2022 Stampa questo articolo

Inflazione record, rincari energetici, scarsità di personale stanno incidendo negativamente sul pieno rilancio del comparto turistico. Cala a settembre il clima di fiducia delle imprese del turismo. Un segnale che il settore, seppure in netta ripresa, potrebbe non aver ancora recuperato del tutto i livelli 2019 nel 3° trimestre del 2022.

Sono queste le conclusioni del focus sul Turismo – contenuto nel rapporto di previsione sull’economia italiana di Confindustria – che analizza luci e ombre della ripresa.

Dopo lo choc della pandemia nel 2020, il turismo in Italia ha registrato un parziale recupero, con un sostanziale incremento rispetto al 2021 delle presenze negli esercizi ricettivi (+39%) e della spesa dei turisti internazionali (+23%), senza però riuscire a colmare il divario rispetto ai livelli pre pandemia, soprattutto in termini di presenze di turisti dall’estero (-52% rispetto al 2019).

Confindustria sottolinea quanto invece la piena ripresa del settore sia “cruciale per le prospettive di crescita dell’intero sistema economico italiano. Il peso del turismo pre pandemia secondo i dati Istat valeva il 6% in termini di valore aggiunto e il 7% in termini di occupati (con circa 1,7 milioni di addetti)”.

Se si includono gli effetti diretti e indiretti e quelli indotti, ovvero rispettivamente quelli che originano dalle forniture di beni e servizi domandati dalle imprese dei comparti turistici e quelli generati dai consumi dei lavoratori del turismo, secondo le stime del World Travel and Tourism Council (Wttc) l’impatto complessivo del turismo sul Pil per l’Italia nel 2019 era pari al 10,6%, mentre quello sull’occupazione era del 12,2%.

Per il 2022, dati preliminari di fonte Istat e Banca d’Italia – disponibili rispettivamente fino a giugno e fino a luglio – confermano la progressiva ripresa del settore in termini di presenze sia nella componente di domanda domestica sia di quella straniera. Come per l’anno passato, il recupero è trainato dall’ulteriore miglioramento del turismo domestico, che nel 2° trimestre ha raggiunto complessivamente il -6% rispetto al 2019, ma anche dal ritorno dei turisti stranieri, le cui presenze sono quasi triplicate rispetto all’anno precedente, anche se permangono a livelli ancora inferiori a quelli pre pandemici (-16%).

Altro dato positivo, nella prima metà del 2022, è stato il deciso recupero della spesa dei viaggiatori stranieri in Italia, che ha raggiunto nel periodo aprile-giugno circa il 90% dei livelli pre pandemici, confermando la forte dinamica registrata nei mesi precedenti.

Tuttavia, rispetto al dato particolarmente incoraggiante di giugno, in cui il differenziale con il pre Covid si era quasi azzerato (-0,9% rispetto lo stesso mese pre pandemia), a luglio la spesa dei turisti stranieri si è assestata su un -6,7%, indicando un rallentamento della ripresa. Particolarmente positivo l’andamento della spesa dei turisti provenienti dall’Unione europea (+7% nel 2° trimestre 2022 sul 2019) e, tra quelli extra Ue, dei turisti dal Regno Unito e dagli Stati Uniti, facilitati dal cambio euro/dollaro favorevole, anche se in entrambi i casi ancora sotto i livelli pre pandemici (rispettivamente -14% e -27% rispetto al 2019). Questi dati, riferiti alla spesa nominale, riflettono anche l’aumento generalizzato dei prezzi, che ha interessato in maniera particolare i trasporti ma anche i prezzi dei servizi ricettivi e di ristorazione e dei servizi ricreativi e culturali (rispettivamente +11,6%, +9,4% e 4,7% ad agosto rispetto allo stesso mese del 2019). In termini reali, quindi, la dinamica della spesa risulterà fortemente ridimensionata.

Sulla piena ripresa del comparto turistico incidono negativamente sia l’inflazione record che frenerà la domanda, sia i rincari energetici e la scarsità di personale, che vincolano l’offerta.

Le stime del Centro Studi Confindustria stima indicano che – con i prezzi di gas, carbone e petrolio che si sono realizzati in media dall’inizio dell’anno fino alla fine di agosto – il settore alberghiero e della ristorazione ha visto raddoppiare l’incidenza dei costi energetici sul totale dei costi di produzione (dal 6% al 12-13%), con un aumento superiore a quello medio registrato nell’intera economia italiana (+4 punti percentuali circa). Rincari che mettono a rischio gli investimenti e la stessa tenuta del settore, se si assottigliano troppo i margini, e frenano di nuovo la domanda, se vengono scaricati sull’utente finale.

Secondo il Wttc, l’altro fattore che pesa sul completo recupero del comparto è la scarsità di personale, più accentuata nel nostro Paese che altrove, in particolare rispetto a Francia, Spagna e Portogallo. Una parte dei dipendenti di questo settore, licenziati o messi in cassa integrazione durante la pandemia, ha trovato impiego in altri comparti, oppure è uscito dalla forza lavoro. Questo fenomeno, insieme a un calo del numero dei lavoratori immigrati a causa di una più bassa mobilità, ha fatto sì che l’offerta di lavoro scarseggiasse, a fronte di una domanda crescente.

Secondo il World Travel and Tourism Council, nel 3° trimestre di quest’anno resteranno vacanti in Italia un posto su sei di quelli offerti complessivamente dal settore, con picchi nel settore alberghiero (38%) e nelle agenzie di viaggi (42%).

In base al quadro descritto, le stime dell’Istat indicano a settembre un netto peggioramento del clima di fiducia delle imprese del turismo (108,6 a fronte di 119,0 di agosto), che raggiunge il valore più basso degli ultimi 5 mesi. L’indice, così come quello aggregato della fiducia delle imprese, cala per il terzo mese consecutivo: crollano le attese sugli ordini, che passano a un valore negativo, e peggiorano sia i giudizi sia le opinioni degli imprenditori sull’andamento degli affari.

Il comparto, dopo il picco dell’anno tra maggio e giugno (con una certa fiducia ad agosto sull’andamento corrente), mostra segni di pessimismo per l’autunno, anche a causa degli spropositati rialzi del prezzo dell’energia.

Ecco perché, secondo il rapporto di previsione di Confindustria, il comparto turistico, seppure in netta ripresa, potrebbe non aver ancora recuperato del tutto i livelli del 2019, neanche nel 3° trimestre di quest’anno.

BANKITALIA E GARAVAGLIA. Sono in arrivo intanto le previsioni di Bankitalia sul Pil, con le stime ufficiali che saranno diffuse giovedì 13 ottobre. Il direttore generale della Banca d’Italia Luigi Federico Signorini anticipa che si prevede ancora un Pil positivo nel 2023 sebbene «significativamente ridotto rispetto alla precedente previsione e l’incertezza resta alta». Per il 2022, «le previsioni di crescita non cambieranno di molto» mentre nella seconda parte del 2023 si prevede una ripresa e un Pil annuale complessivo positivo. Se invece ci sarà un impatto prolungato della guerra sui prezzi e le forniture energetiche e sul commercio mondiale, il Prodotto interno lordo 2023 sarà negativo. Per l’anno in corso Bankitalia si attende «un lieve rallentamento dell’economia nel terzo trimestre e un impatto negativo più pesante nel quarto». Se nel terzo trimestre si registra un calo della manifattura, «i servizi continuano a crescere grazie alla buona stagione turistica».

E sul turismo interviene anche il ministro del Turismo Massimo Garavaglia: «Ha agito come un vero paracadute per frenare il calo del Pil determinato dagli effetti della guerra in Ucraina. Il turismo è un’industria che il Paese ha l’obbligo di valorizzare e sostenere. Dopo il Fondo monetario e l’Istat, anche la Banca d’Italia sottolinea come il buon andamento della stagione abbia agito da freno al calo del Pil in corso».

L'Autore

Claudia Ceci
Claudia Ceci

Giornalista professionista, redattore. Specialista nel settore viaggi ed economia del turismo e delle crociere dopo varie esperienze in redazioni nazionali tv, della carta stampata, del web e nelle relazioni istituzionali

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