Con 12 aeroporti che superano gli otto milioni di passeggeri l’anno, l’Italia è in pole position nella sfida delle connessioni aeree delocalizzate. E nel caotico panorama del trasporto aereo globale, quelli nostrani sono cieli «sempre più sereni», dove non destano preoccupazione nemmeno le sporadiche nubi legate al congestionamento di alcuni scali.
È il punto di vista di Pierluigi Di Palma, presidente dell’Enac, l’Ente Nazionale Aviazione Civile, secondo cui il Belpaese saprà ritagliarsi a livello mondiale un ruolo da protagonista.
L’estate 2025 potrebbe essere un’altra stagione record nel trasporto aereo: condivide queste aspettative?
«Le aspettative sono assolutamente favorevoli per il nostro Paese che è stato il primo ad avere superato in soli due anni i volumi di traffico pre Covid, dando dimostrazione nella capacità di gestione delle difficoltà che ci sono state nel traffico aereo».
Quali sono le criticità che si dovranno affrontare nel periodo di picco?
«Le criticità sono le stesse che si erano presentate nel 2024, concentrate nel centro Europa, dove c’è un alto traffico aereo per l’interdizione tuttora vigente nei cieli dell’Ucraina. E siccome il traffico è interconnesso, ci possono essere ritardi e situazioni di difficoltà operative derivanti dal giro-macchine negli altri cieli europei. Noi stiamo determinando degli interventi volti a prevenire la congestione. Già lo scorso anno siamo intervenuti su alcuni aeroporti per evitare che nelle fasce di picco si addensasse il movimento di aerei, e mi riferisco a Bologna, Napoli e Bergamo. Abbiamo quindi distribuito gli slot nell’arco dell’intera giornata. E questo sicuramente determina minore difficoltà per gli scali e migliori servizi per i passeggeri. Dall’altra parte lavoriamo con gli operatori del trasporto aereo, con riunioni periodiche, per favorire i voli in connessione rispetto a quelli point to point».
Sul versante tariffario, dovremo attenderci un’altra stagione rovente?
«Il problema vero si concentra nei picchi di stagione: la dinamica dei prezzi si determina con la saturazione dei posti a disposizione. È chiaro che quando rimangono poche poltrone si scatena una sorta di “riffa”. I costi medi, comunque, non saranno esagerati rispetto a quelli del resto dell’anno. Resta il fatto che nei festivi e prefestivi i prezzi tendono ad aumentare soprattutto in situazioni dove c’è carenza di offerta aerea».
Condivide l’opinione dell’Ibar secondo cui il vero punto debole del sistema aeroportuale italiano è la bassa connettività?
«Stiamo lavorando proprio per limitare le situazioni critiche soprattutto sui voli in prosecuzione, tenendo comunque conto che nel nostro Paese gran parte del traffico si sviluppa nel point to point e sull’intero territorio. Ma va detto che l’Italia ha un grande vantaggio competitivo rispetto ad altri territori dove il traffico si concentra su uno o due aeroporti: noi abbiamo una decina di scali che superano i 10 milioni di passeggeri. I 220 milioni di passeggeri totali che abbiamo registrato lo scorso anno si distribuiscono su differenti aeroporti: 50 milioni a Fiumicino, 35 milioni a Malpensa, 17 milioni a Bergamo, 12 milioni a Linate, Venezia, Catania, 8 milioni a Palermo. Questo scenario facilita una migliore distribuzione. È chiaro che il problema sono le rotazioni delle macchine: nel momento in cui in un determinato spazio aereo europeo si accumulano ritardi, quella macchina subirà un ritardo ma solo sul volo in connessione».
Sulla continuità territoriale, che rassicurazioni si sente di dare in vista della stagione estiva?
«Questo è il tema più delicato per l’Italia. Soffriamo soprattutto sulle isole, dove ci sono le tratte onerate che chiaramente determinano un monopolio, e dove l’offerta estiva è molto limitata rispetto alla domanda. Questo vuol dire che sui posti non riservati alle categorie protette, si verifica un’escalation delle tariffe. Ecco perché io tendo a favorire gli aiuti al vettore, perché questo tipo di approccio non determini un’esclusiva di tratta».
Questo periodo è caratterizzato da una forte domanda aerea che patisce una carenza nell’offerta dovuta alla mancata consegna degli aeromobili. Come si può gestire questa emergenza?
«L’Enac è stata l’unica autorità del settore che nel periodo pandemico ha ipotizzato una ripresa impetuosa dell’aviazione commerciale. A fine Covid parlai di “ripartenza rock” invocando aiuti dal governo, che ci sono poi stati, per mantenere la fidelizzazione del sistema aeroportuale, contando sui lavoratori che necessitano anche di periodi di formazione per poter rimanere competitivi. L’Italia è stato uno dei pochi Paesi a non aver disarticolato il sistema e in fase di rilancio il traffico ci ha premiati, tanto da registrare il doppio dei passeggeri della Germania con i suoi 120 milioni di utenti. Questo vuol dire che, in termini di operatività, abbiamo “azzeccato” la policy, mentre l’industria aeronautica in generale, in primis le case costruttrici, non ci hanno creduto e hanno rinviato gli investimenti sulla produzione di macchine. Ecco perché oggi la reperibilità di aeromobili è molto limitata».
Da qui deriva anche il massiccio incremento di load factor…
«Esatto. Siamo passati da un load factror medio del 70% all’attuale 90%. Tutto questo ha determinato disagi ai passeggeri perché le compagnie aeree non hanno tempestivamente adeguato i servizi a fronte di un riempimento a bordo di gran lunga maggiore. Inoltre, abbiamo già previsto un aumento impetuoso del traffico aereo che – da qui ai prossimi 20 anni – raddoppierà i volumi, passando da quattro a otto miliardi di passeggeri».
La preoccupa il “travel alert” lanciato dagli Stati Uniti? Si rischia di svilire lo sforzo operativo dei vettori e in particolare di quelli americani che hanno allestito una rete di 37 rotte tra Usa e Italia?
«Più che di preoccupazione parlerei di attesa. Bisognerà capire come l’utenza reagirà all’aumento del volume d’offerta. Ci sono forti aspettative per i nuovi voli attivati sugli scali di Napoli e Bari. A questo si coniuga anche un abbattimento di costi per alcune tratte intercontinentali. L’Enac punta ora a valorizzare i piccoli aeroporti per promuovere un’Italia diversa, delocalizzata. Vendere, ad esempio, un New York-Siena, che contempli l’utilizzo di aerei ed elicotteri o piccoli velivoli che rendano possibile il collegamento minore».
Altre iniziative che vale la pena evidenziare?
«Senza dubbio la nuova policy per il trasporto di piccoli animali a bordo, sdoganata nell’ottica di favorire l’implementazione dei servizi a bordo ma anche a terra. A questo si aggiunge la nostra nuova campagna di comunicazione “F-Air Play – Gioca pulito, vola sereno”, che mira a instaurare anche in aeroporto una nuova cultura nei confronti del passeggero-utente e dei suoi bisogni».



