«Marhaba, benvenute. Rilassatevi ora, perché qui – care mie – si sta come in un utero». Tiziana è la nostra Beatrice sul Golfo Persico. Da 12 anni Doha l’ha adottata, facendola sua. Italo-colombiana, è uno dei 2,4 milioni di expat che oggi rappresentano il 90% della popolazione locale. È la guida di Discover Qatar, a cui Idee per Viaggiare ha affidato il gruppo di donne (sole donne, curioso il fato) destinato all’Arabia Saudita nel suo Unconvention World Party, organizzato per i trent’anni.
Agenti, nonché grandi viaggiatrici, scortate dalle due sceicche di IpV: Paola Schiavone e Tiziana Spila, l’una responsabile marketing, l’altra product manager Medio Oriente.
Donne colte, gentili, a cui dedichiamo il primo unreportage al femminile dal Qatar: storie, persone, attività, ispirazioni per lady traveller in terra araba.
COME NELL’UTERO
Protette «come nell’utero», si diceva. Ebbene sì. La placenta ti avvolge appena atterri all’Hamad
International Airport. Ancor prima nella Business Class di Qatar Airways, migliore compagnia del pianeta secondo Skytrax. Sebbene a poche miglia si incrocino i missili – e Doha ospiti i colloqui tra Israele e Palestina, culminati il 9 settembre in un inusuale attacco in terra qatariota contro i vertici di Hamas – i venti di guerra non sono soliti sferzare il suo perimetro. Il tasso di criminalità, inoltre, è talmente basso da garantirgli il podio nel ranking Numbeo delle mete più sicure al mondo.
E se è vero che i diritti delle donne sono limitati e il corpo è celato dall’abaya, l’abito lungo e nero, lo è altrettanto che l’occupazione femminile risulta al di sopra della media mondiale, il suffragio universale è in vigore dal 1999 e l’uguaglianza di genere è incorporata nella Qatar National Vision 2030.
Insomma, molta strada è stata fatta da quando istruirsi era vietato e alle mogli dei pescatori di perle spettava riunirsi in riva al mare intonando canzoni struggenti quando all’orizzonte s’intravedeva un dhow, l’imbarcazione tradizionale oggi adibita al trasporto dei turisti.
IL MIA, OVVERO LA DEA MADRE
Li vediamo ormeggiati uno dietro l’altro lungo la Corniche, la passeggiata sulla baia. Su di loro svetta il Mia, il Museum of Islamic Art, prima fondamentale tappa del nostro viaggio femminile a Mamma Doha. Ci appostiamo ai suoi piedi. Le sue forme sono severe ma accoglienti, come le donne del Qatar. L’ultimo blocco di calcare richiama la maschera di ferro talvolta indossata dalle donne arabe. Lo sguardo di insieme suggerisce una variante cubista della Dea Madre.
È opera dell’archistar cino-americano Ieoh Ming Pei, colui che realizzò la piramide del Louvre di Parigi, per intenderci. Quando l’allora emiro Hamad bin Khalifa Al Thani gli commissionò “la casa dei tesori dell’Islam”, lui si disse impreparato e – sovvenzionato dal governo – trascorse sei mesi in giro per il mondo per cercare ispirazione. E la trovò.
Di divinità femminili, in verità, nel mondo musulmano non v’è traccia. Le ultime risalgono al pantheon politeista preislamico con le sue Tre Guru: Allāt, nota come la Divina; Al-‘Uzzā, la Potentissima; e la dea del fato Manāt. Tutte e tre figlie del grande Dio Ubal, erano venerate con idoli e santuari. Fino alla loro scomparsa.
SCEICCHE-INFLUENCER
Oggi le figure di riferimento femminili in Qatar sono due e tutto sommato laiche: Sheikha Mozah e Sheikha Al Mayassa, mamma e figlia, simbolo di un Paese che investe nella cultura, nell’educazione e che negli affari (lo dimostrano i fatti) offre pari opportunità a uomini e donne. Purché – il vero discrimine è questo – provengano da famiglie ricche o dinastiche. Vediamole da vicino le due sceicche-influencer, seguite su Instagram da oltre 1 milione di follower ciascuna.
Sebbene non sia pop come Rania di Giordania, Mozah – madre dell’attuale emiro Tamim bin Hamad al Thani e seconda delle tre mogli dell’ex sovrano Hamad bin Khalifa al Thani – è stata per anni baluardo della propaganda qatariota: al 79º posto nella classifica delle cento donne più potenti di Forbes, è tra le più influenti del Medio Oriente, e presiede tra l’altro la Qatar Foundation for Education, Science and Community Development. Istituzione cardine di un Paese che – dalle perle al petrolio, alle energie rinnovabili, fino al turismo – ha contribuito a trasformare un lembo di deserto grande quanto l’Abruzzo (circa 11mila km2) in una delle economie più floride al mondo, con un Pil pro capite tra i dieci più alti in assoluto. Merito di un’attitudine che i locali sono soliti sintetizzare così: «L’unico limite che abbiamo è il cielo».
Tacchi a spillo, abiti Valentino, oggi Mozah ha 66 anni ed è talmente attiva nella vita politica che il marito stesso ha dichiarato al Time: «Quando dobbiamo parlare, sono io che vado nel suo ufficio. Perché è mia moglie quella sempre impegnata». Al netto di una certa e diffusa diffidenza, c’è chi come Emma Bonino – di cui invece tendiamo a fidarci – individua i «due poli della sua azione nel progresso culturale e nell’emancipazione femminile».
Ma la vera leader culturale è oggi la sceicca Al-Mayassa, figlia di Mozah e sorella dell’attuale emiro. Attivissima sui social, c’è chi la chiama “la signora del contemporaneo”: presiede l’ente Qatar Museums e spende – si dice – 1 miliardo di euro l’anno per l’acquisto di opere d’arte, portando in città capolavori di Andy Warhol e Damien Hirst, autore tra l’altro di The Miraculous Journey, 14 sculture in bronzo poste all’esterno del Sidea Medical che ripercorrono il viaggio della vita: dall’evoluzione del feto nell’utero alla nascita, rappresentata dalla statua di un bambino alta 14 metri.
LA ROSA DEL DESERTO
A lei fa capo un gioiello tappa di questo viaggio: il National Museum of Qatar, di cui ci colpisce lo stile avanguardistico. Nonché l’accessibilità. Lo raggiungiamo infatti in metropolitana: la Gold Line – nomen omen – è tutta un programma, dotata persino di business class.
Colpisce anzitutto l’architettura del museo, nato nel 2019 dalla mano del parigino Jean Nouvel, colui che firmò tra l’altro il Louvre di Abu Dhabi. La struttura – progettata in 3D – è composta da 539 dischi il cui intreccio richiama la rosa del deserto: formazione cristallina frutto dell’interazione tra vento, acqua salata e sabbia. Un simbolo di resistenza e bellezza in condizioni avverse.
Caratteristiche che l’accomunano alle donne del Qatar, il cui ruolo è riconosciuto nei 52mila mq di un’esposizione che ripercorre con installazioni interattive e pavimenti twister la storia del Paese: dalle tribù beduine che – falchi in spalla, cavalli al galoppo – sferzavano le dune, agli ardimentosi pescatori di perle, capaci di calarsi con pochi e rudimentali attrezzi a 30 metri di profondità. E se le perle erano un tempo moneta di scambio, lo sono in un certo senso il petrolio e gas di cui il Qatar è potente detentore ed esportatore. Una ricchezza a termine, però. Che oggi cede il passo al turismo, sul cui scacchiere Doha è già tappa e snodo cruciale in Medio Oriente.
DAL CORANO AL MARE
Ma torniamo alle donne. Facciamolo sfogliando per un istante il Corano, il libro sacro dell’Islam tacciato di volerle sottomesse. Non è sempre e solo così. La Sura an-Nisa (4, 19), ad esempio, invita a trattarle con gentilezza: «Comportatevi verso di loro convenientemente», incita. E lo stesso Maometto, nel suo Sermone dell’Addio del 632, disse agli uomini: «Voi avete determinati diritti sulle donne, ma anch’esse hanno diritti su di voi». Nonostante tutto, però, la cultura araba continua a portare con sé un certo maschilismo, denunciato da Amnesty International e da Human Rights Watch, che punta il dito contro la Wilaya maschile, che affida all’uomo-guardiano l’ultima parola su nozze, viaggi e cure, comprese quelle ginecologiche.
Imposizioni che non riguardano le turiste. A loro è richiesto – e nemmeno ovunque – di coprirsi spalle e ginocchia. «Questione di rispetto. In fondo anche gli uomini vestono abiti ampi. E abbassano lo sguardo quando incontrano una donna. Piccole accortezze per salvaguardare i matrimoni», ci spiega la nostra guida, con la sua giacca sempre e ostinatamente indosso, nonostante i 40º di maggio.
Non cede alla tentazione di toglierla nemmeno al Doha Beach Club, uno dei tre stabilimenti balneari più cool della capitale, dove il bikini è sdoganato e un pareo è ciò che basta a salvare l’apparenza. Né più, né meno che in Romagna, alle cui maestranze è stato per l’appunto affidato il progetto “Doha mare”.
UNA SIGNORA MOSCHEA
Terra di slanci e inattese aperture, il Qatar. Come dimostra il luogo che più di tutti ne racchiude le ambizioni: il Katara Cultural Village, dove l’Oriente abbraccia disinvolto l’Occidente nel nome dell’arte e del bon vivre. Un progetto faraonico, costato 82 milioni di dollari, che l’emiro padre erse come tributo alla diversità.
Qui la nostra tappa femminile è la Moschea di Katara, progettata dalla turca Zeynep Fadilloglu, prima architetta a specializzarsi in tali edifici religiosi. Un’opera ornata di piastrelle e smalti blu-oro, che richiama l’Uzbekistan e si ispira al Dolmabahçe Palace di Istanbul, la cui particolarità è una: il corpo centrale è separato dal minareto, come a suggerire la possibilità della donna di emanciparsi dall’uomo.
LA CHEF-IMPRENDITRICE
È sera quando raggiungiamo il Souq Waqif, il brulicante mercato di Doha con la sua nuvola di spezie e acqua di rose. È il regno di una delle donne simbolo del Qatar: la chef e imprenditrice Shams Al-Qassabi, per molti la suffragetta in chador. Emancipata anzitempo, ha fatto a modo suo la rivoluzione, conducendo con maestria la sua impresa: il ristorante Shay Al-Shoomos. Non c’è Vip che non vi abbia fatto visita e le foto sulle pareti – tra cui quella con il calciatore Andrea Pirlo – ne narrano le gesta, esaltate dai rotocalchi di tutto il mondo.
OLTRE LE DUNE
L’indomani la sveglia è all’alba. All’ingresso del Park Hyatt Doha ci attende Abdel con la sua jeep. In meno
di un’ora raggiungiamo il deserto bianco di Khor Al Adaid: il colpo d’occhio è portentoso. Il fuoristrada s’inerpica su per le dune, ne accarezza i fianchi, per poi lanciarsi in picchiata giù dai pendii. La musica araba arremba dallo stereo, l’adrenalina sale, ma di Abdel ci fidiamo: ha soli 23 anni, eppure è già un pilota off-road esperto.
L’avventura – che prosegue con noi donne al volante dei dune buggy – è il primo contatto con ciò che di più vero ha il Qatar: il suo deserto. Un luogo che riserva inaudite sorprese. Prima tra tutte l’Inland Sea, il mare interno, una laguna cobalto avvolta dalle dune che oggi è riserva naturale.
Ci sediamo sulla sua riva, all’orizzonte si scorge l’Arabia Saudita, terra fino a ieri inaccessibile a noi donne. Da qui è facile credere che un altro mondo sia possibile. E che il viaggio, a ben vedere, sia appena cominciato.



