Santanchè in Senato: «Mai ricevuti avvisi di garanzia»

Santanchè in Senato: «Mai ricevuti avvisi di garanzia»
05 Luglio 15:43 2023 Stampa questo articolo

Daniela Santanché atto primo, Aula del Senato, mercoledì 5 luglio ore 15: «Affermo sul mio onore che non sono stata raggiunta da alcun avviso di garanzia e che, anzi, per escluderlo ho chiesto ai miei avvocati di verificare che non ci fossero dubbi», è lo scudo alzato dal ministro del Turismo, dopo la bufera scatenata dalla puntata di Report “Open to fallimento” sulla presunta mala gestione delle sue imprese.

Daniela Santanchè atto secondo, tarda sera: l’ufficio stampa del ministro diffonde una nota ufficiale in cui lo scenario cambia: «Il ministro Santanchè apprende, da comunicati stampa, che farebbero riferimento a informazioni ricevute da fonti interne dalla Procura della Repubblica di Milano, che risulterebbe iscritta nel registro degli indagati (sebbene ciò non risultasse dal certificato a suo tempo estratto nel mese di dicembre 2022). Dai comunicati risulterebbe che tale informazione sarebbe stata resa disponibile ai mezzi di informazione, a seguito della desecretazione del relativo fascicolo,  avvenuta trascorso il periodo di legge di tre mesi dall’inizio delle indagini. In altre parole, la desecretazione sarebbe stata disposta intorno a gennaio/febbraio 2023, mentre la stessa notizia – mai ricevuta dall’interessata – sarebbe stata fornita ai mezzi di informazione, in concomitanza proprio con l’audizione resa oggi in Senato dal ministro».

In altre parole Santanchè, che si era scagliata contro il quotidiano Domani, sarebbe indagata da mesi per falso in bilancio, ma la proroga delle indagini, chiesta a fine marzo dalla Procura, a oggi non è stata ancora notificata dal Gip.

Ora riavvolgiamo il nastro e torniamo all’Aula del Senato. Santanchè chiarisce di voler replicare alle accuse «per non far pesare al governo le conseguenze di una campagna di vero e proprio odio nei miei confronti, è stata un’imboscata». Parole intervallate ora da applausi, della sua parte politica, ora da mormorii dell’opposizione, che chiede le dimissioni.

Il ministro continua a sfogliare, uno dopo l’altro, i fogli sui quali è tracciata la sua difesa e ribadisce: «Contro di me è in atto una strumentalizzazione politica, sono qui per difendere il mio onore e quello di mio figlio». Poi entra nel merito, cambia abito e apre il libro dei ricordi: «Sono fiera del mio lavoro, faccio impresa da quando ho 25 anni, sono partita da Cuneo con la forza del lavoro contando solo su me stessa, ho raccolta importanti successi imprenditoriali, fiera di aver dato lavoro a tante persone. Ho investito nella pubblicità, nell’intrattenimento e nell’editoria. E ho scritto pagine di successo».

Poi arriva il momento di sguainare la spada: «Ho messo a disposizione il mio patrimonio personale, non mi sono mai appropriata di nulla, non ho mai abusato delle mie posizioni apicali delle aziende, sfido chiunque a dimostrare il contrario». Tutto lecito, rimarca ancora Santanchè: «Il mio progetto di ristrutturazione è molto più virtuoso di quello di altre aziende nelle stesse condizioni. Essere un imprenditore e anche un politico non significa che gli sia proibito fare ricorso alle leggi vigenti, non ho avuto favoritismi ma nemmeno ci deve essere un’indebita penalizzazione ad personam».

E via via, arrivano riferimenti sempre più espliciti all’oggetto degli attacchi: «Nel 2010 il gruppo del settore biologico è stato preso non da me, ma dal padre di mio figlio con cui non avevo più alcun legame e comunque con il suo intervento i lavoratori hanno avuto 12 mesi di retribuzione». Da Ki group Srl, spiega, «ho incassato 27mila euro lordi in tre anni, una media di 9mila euro l’anno per gli anni precedenti, tra 2014 e 2018 in cui la società ha fatto margini operativi positivi, nessun compenso stratosferico».

Santanchè si avvia alla conclusione e lancia il guanto di sfida ai suoi detrattori: «Ci vuole ben altro per spezzare il mio umore e farmi diventare triste, mi piace l’immagine che vedo ogni giorno riflessa allo specchio. E come diceva mio padre, solo chi ruba nasconde, ma io non ho nulla da nascondere. Noto che le accuse più feroci spesso arrivano da chi prenota nei miei locali. E qui mi fermo, per carità di patria», sottolinea il ministro del Turismo alzando nuovamente la voce. Sipario sul primo atto. Poi comincia il secondo.

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L'Autore

Fabrizio Condò
Fabrizio Condò

Giornalista professionista, innamorato del suo lavoro, appassionato di Storia, Lettura, Cinema, Sport, Turismo e Viaggi. Inviato ai Giochi di Atene 2004

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