Sciopero natalizio: il 22 si fermano i lavoratori del turismo

Sciopero natalizio: il 22 si fermano i lavoratori del turismo
21 Dicembre 11:41 2023 Stampa questo articolo

Lo sciopero sotto l’albero. Venerdì 22 dicembre si fermano oltre 5 milioni di lavoratori dei comparti del commercio, del turismo e della ristorazione, in attesa da più di tre anni dei rinnovi dei contratti nazionali di settore. Sindacati e imprese, infatti, non hanno raggiunto un accordo sugli aumenti salariali da inserire nel contratto collettivo, scaduto nel 2019.

La giornata di stop, indetta dalle sigle nazionali di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs dopo la brusca l’interruzione dei negoziati, punta a «sollecitare un avanzamento del confronto, denunciare lo stallo delle trattative e la situazione in cui versano i dipendenti, mentre i settori del terziario e del turismo registrano una ripresa e un aumento dei fatturati». La giornata di mobilitazione prevede tre manifestazioni interregionali a Roma, Milano e Napoli e due regionali a Cagliari e Palermo.

«Bisogna riconoscere – rivendicano i sindacati – alle lavoratrici e ai lavoratori incrementi retributivi in linea con l’andamento inflazionistico. Nel comparto turistico le associazioni datoriali Fipe, Angem, Legacoop Produzione e Servizi, Confcooperative Lavoro e Servizi e Agci Servizi, Federalberghi, Faita, Federcamping, Fiavet, Federturismo Aica, Confturismo, Federterme, Assohotel, Assocamping, Assoviaggi, Fiba e Fiepet si rifiutano di parlare di aumenti salariali in linea con gli indici Ipca e adeguati a far recuperare ai lavoratori l’aumento del costo della vita, in alcuni casi disconoscendo gli accordi interconfederali a suo tempo sottoscritti». Se applicato, l’Ipca porterebbe a 300 euro mensili di aumento nelle buste paga dei lavoratori, ma le controparti sono disposte a offrirne solo la metà.

«Le associazioni – sottolineano ancora le sigle di settore –propongono di riformare l’attuale classificazione del personale, con la revisione al ribasso dei livelli di inquadramento, il taglio dei permessi retribuiti, la sterilizzazione degli scatti di anzianità, l’aumento dell’importo della trattenuta pasto, un maggiore ricorso ai contratti a tempo determinato, la riduzione del periodo di comporto tra malattia e infortunio e del periodo di preavviso».

«Le imprese affermano di non poter sostenere i costi per il rinnovo, ma noi nel turismo vediamo un’evidente ripartenza, dalla stagione balneare alle città d’arte, e le vendite nella grande distribuzione stanno tenendo», aveva fatto notare nei giorni scorsi a Repubblica il segretario generale della UilTucs, Paolo Andreani.

Confcommercio, dal canto suo, ribadisce la propria «disponibilità al confronto immediato», respinge le motivazioni dei sindacati alla base dello sciopero e contrattacca: «Quando si è giunti alla necessità di stringere il negoziato, a fronte della disponibilità a riconoscere incrementi salariali in linea con l’inflazione ma a condizioni di piena sostenibilità per le imprese, si è registrata una totale indisponibilità ad affrontare un confronto a tutto tondo».

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