Shopping tourism: chi, dove e quanto. Il report di Risposte Turismo

26 Febbraio 12:35 2024 Stampa questo articolo

Andare per negozi è sempre più una leva decisiva quando si sceglie una destinazione per vacanza. Lo conferma il report realizzato da Risposte Turismo, società di ricerca e consulenza in ambito turistico, presentato a Milano nel corso del 7° Shopping Tourism Forum.

Le città italiane più attrattive per lo shopping tourism, infatti, sono quelle che già nel 2023 hanno recuperato e superato i dati di presenze del 2019, mentre nel resto del Paese si è ancora fermi a -4,58% secondo le stime provvisorie dell’Istat. Rilevando le presenze dei soli turisti che hanno come motivazione del viaggio lo shopping, si calcola che nel 2023 ne siano arrivati in Italia 2,1 milioni, ovvero il 7% in più rispetto al 2019. E altrettanto è aumentata la spesa: +7%.

Nelle due città italiane considerate trainanti per lo shopping, Milano e Roma, si è registrato un aumento rispettivamente del 14% e del 5,6%. Questi calcoli comprendono anche il turismo interno. Ma se ci si limita ai soli viaggiatori che arrivano dall’estero, la spesa di questa categoria è cresciuta del 9%.

Il trend sembra confermarsi per l’anno in corso e per i prossimi. Anche perché l’Italia risulta al terzo posto delle destinazioni preferite dagli shopping tourist di tutto il mondo, dietro solo a Stati Uniti e Giappone.

La conferma dell’importanza delle città italiane per questo tipo di turista arriva dall’analisi del mercato immobiliare. Nella classifica degli affitti più costosi per negozi del lusso in tutto il mondo, via Montenapoleone di Milano è seconda solo alla celebre 5tg avenue di New York. Subito dopo ci sono Hong Kong, Londra e Parigi. Nella classifica delle sole città europee, quindi, è la prima e al terzo posto c’è via Condotti, a Roma.

L’altra domanda cruciale è: chi spende di più? E anche in questa classifica gli Usa sono al primo posto, seguiti dai cinesi. Ma prima del Covid le posizioni erano invertite: i cinesi totalizzavano ben 250 miliardi di dollari di spesa turistica mentre gli Stati Uniti non arrivavano ai 200 miliardi. Gli italiani risultavano all’11°posto nel 2019 e nel 2022 sono passati al 7°.

Naturalmente, si tratta di dati ancora condizionati dalla pandemia dato che il 2022 vedeva molte frontiere ancora chiuse per motivi sanitari. In ogni caso, l’Estremo Oriente rimane il bacino di consumatori più interessante per la destinazione Italia sia per il mondo del turismo che per il cosiddetto retail, il commercio al dettaglio.

Ma dallo studio di Risposte Turismo emergono dei cambiamenti tra i turisti cinesi che tornano a viaggiare dopo la pandemia: lo shopping rimane per loro una forte motivazione ma si riduce progressivamente a favore delle esperienze. Un dato molto importante per chi si occupa di incoming e può già orientarsi su un’accoglienza che sappia raccontare le destinazioni, soprattutto le città d’arte, come luoghi unici per le atmosfere e per le attività peculiari legate al contesto specifico. Quindi, uno storytelling efficace che utilizzi anche la gamification.

GLI SPAZI COMMERCIALI

Se i turisti arrivano avendo già in mente una città o una precisa via in cui fare shopping, a spingerli a fare acquisti ci sono anche le atmosfere dei centri storici e delle città minori per dimensione ma non per fascino, soprattutto legato alla fama del made in Italy. Ma c’è il fenomeno crescente di due spazi commerciali relativamente recenti: gli outlet e i centri commerciali. Autentici villaggi artificiali che, però, sono riusciti a loro volta a costruirsi un’identità e a comunicare direttamente con il turista già prima che questo prenda l’aereo.

Sono presenti in tutta la penisola 26 outlet, oltre a quello presente a San Marino. Una quantità che ci mette al secondo posto in Europa, dopo il Regno Unito, e che secondo gli stessi responsabili copre a sufficienza le esigenze di tutto il territorio. Non sembra, quindi, esserci spazio per ulteriori aperture, anche se si prevede, nel corso di quest’anno, un aumento del 4% della superficie commerciale, che ammonta a 750mila metri quadrati. I top 3 del settore sono McArthurGlen, che copre il 24,5% del totale italiano, Land of Fashion, che copre il 20%, e Promos, che gestisce il 15%.

Risposte Turismo ha rilevato anche le attività organizzate dagli outlet che sempre più spesso puntano alla valorizzazione del territorio circostante. Anche per venire incontro al turista che comunque sceglie una destinazione come l’Italia proprio per un territorio ricco di tradizioni.

Meno legati ai flussi turistici sono i centri commerciali, che si rivolgono soprattutto a una clientela residenziale. A differenza dei department store, come Coin e Rinascente, che registrano un flusso soprattutto di stranieri e che sono sempre più presenti nelle stazioni e negli aeroporti, arricchendo così l’offerta del cosiddetto travel retail.

GLI ITALIANI

Ma gli italiani si possono definire shopping tourist? Meno di francesi e americani. Sono queste tre le nazionalità prese in esame dal rapporto, intervistando un campione di oltre 850 viaggiatori. Mentre tra gli italiani solo il 23% dichiarava di viaggiare soprattutto per fare acquisti all’estero, la percentuale saliva a oltre il 40% tra gli altri intervistati. All’interno di quel 23%, comunque, gli shopping tourist sono più numerosi a mano a mano che sale l’età.

Sono stati presi in considerazione anche italiani che fanno gite e vacanze nel proprio Paese, non solo all’estero. E appena l’8% di chi organizza un viaggio principalmente per fare shopping si rivolge a un’agenzia. Gli altri si organizzano autonomamente. Nella classifica delle città preferite per queste finalità, spiccano le italiane Milano, Roma e Palermo (in quest’ordine) e tra le straniere, New York, Dubai e Londra/Parigi/Tokyo (a pari merito).

Naturalmente, quale che sia la ragione principale di un viaggio, tutti trovano tempo per fare anche altro. Anche se si va in una città per approfittare dei saldi, come succede per oltre la metà degli shopping tourist italiani, una volta sul posto si andrà a visitare qualche monumento o attrazione di altro genere, come i parchi a tema. Un fenomeno crescente sembra essere quello dei musei d’impresa. Una formula che si è sviluppata di recente e che serve, dice lo stesso presidente di Risposte Turismo, Francesco Di Cesare, per rinforzare il legame tra il territorio e i suoi prodotti, visto che grazie alla globalizzazione il made in Italy si può trovare anche nelle vie di Shanghai o all’aeroporto di Dubai.

Un intero capitolo del rapporto è dedicato al tax free, il rimborso dell’iva ai turisti che arrivano da fuori dell’Ue. Uno strumento che si sta rivelando un driver notevole, soprattutto per il settore del lusso, e che da quest’anno si prevede potrà incentivare ulteriormente le vendite perché è stata più che dimezzata la soglia minima di spesa: da 155 a 70 euro.

L’Italia era divenuta il Paese europeo con la più alta soglia di spesa minima, dopo che la Francia nel 2020 aveva abbassato tale soglia da 175 a 100 euro, manovra già adottata nel 2018 da un altro Paese competitor, la Spagna, che ha totalmente eliminato la soglia minima di spesa (prima ammontava a 90 euro).

Ci si aspetta che questa mossa possa incrementare la spesa turistica di 200 milioni di euro. Guardando allo scontrino medio, sul quale si basano le strategie del retail, nel 2023 ammonta a 981 euro, ovvero il 22% in più del 2019. Il quadro generale delle regioni mostra la metà delle stesse aver raggiunto una completa ripresa rispetto al 2019. Il recupero più importante lo registra il Molise (200%), mentre quello più basso le vicine Marche (46%). Lo scontrino più alto si osserva in Sardegna: 2.158 euro (120% sulla media nazionale) seguita dall’Umbria, dove sta poco sotto i 2mila euro.

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Giampiero Moncada
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