Abusivismo, low cost e altri mali. Video intervista a Gabriele Milani (Fto)

29 Gennaio 15:49 2024 Stampa questo articolo

L’abusivismo nel settore del turismo, soprattutto dell’intermediazione, è stato al centro della convention di Fto – Federazione turismo organizzato che si è tenuta a Malta. E non si tratta più solo di chi opera senza licenza o trascurando qualcuno dei tanti obblighi previsti per agenzie di viaggi e tour operator. L’accusa di abusivismo adesso arriva alle compagnie aeree che, denunciano a Fto, sulle loro piattaforme vendono ai propri clienti anche alberghi e noleggi. Un’attività che per la rete distributiva regolare prevede obblighi e costi che, invece, per i vettori aerei non sono previsti. Una concorrenza asimmetrica che si unisce alle compagnie low cost, che in Italia hanno quote di mercato molto maggiori del resto d’Europa.

Come mai l’Italia ha dato tanto spazio alle low cost e non riesce a garantire una competizione ad armi pari? Lo spiega Gabriele Milani, direttore nazionale di Fto, associazione che comprende tutta la filiera del turismo, in questa video-intervista concessa a L’Agenzia di Viaggi Magazine a conclusione della convention maltese.

Per il vostro evento avete scelto Malta all’ultimo momento perché in realtà era stata programmata in Israele.
«Sì, siamo stati costretti a posticipare l’evento in Israele per ovvie ragioni, vista la situazione, e abbiamo trovato la disponibilità di Malta, che sicuramente sarebbe arrivata dopo».

Quanti partecipanti ci sono stati sui 1.900 iscritti a Fto?
«Erano presenti in 60, individuati tra i soci nazionali e i nostri responsabili a livello regionale. Non siamo ancora in grado di poter offrire una convention così grande, per 1.900 soci, però abbiamo il lavoro costante dei referenti regionali che coordinano l’attività nelle singole regioni».

Avete presentato i risultati di un’indagine condotta fra i vostri soci. Viene fuori un grande ottimismo: si aspettano quasi tutti un 2024 di grandi successi. E poi avete parlato dei problemi da risolvere, ma la cosa che sembra impegnarvi di più è la formazione. Cioè preparare questi professionisti ai grandi sconvolgimenti che stanno travolgendo il settore; come l’intelligenza artificiale di cui si parla tanto, che però non è l’unica novità che cambia il modo di lavorare.
«Sicuramente la formazione è un nostro pilastro, un valore aggiunto che abbiamo sempre ritenuto opportuno mettere in campo per le imprese. Perché comunque il nostro settore è fatto da grandi imprese ma soprattutto da microimprese e imprese individuali. Quindi pensiamo che, come federazione, sia utile e necessario dare la formazione adeguata a un mondo che cambia alla velocità della luce e dove la singola impresa, indaffarata nel suo business quotidiano, ha difficoltà a stare al passo con l’innovazione, con la tecnologia e con la digitalizzazione. Dato che abbiamo la fortuna l’opportunità di lavorare comunque in modo trasversale con tutti i soci, di conoscere i professionisti che sono in grado di erogare la formazione adeguata alle imprese del nostro settore, quindi che conoscono le agenzie di viaggi, investiamo tantissimo in formazione per mettere a disposizione degli strumenti che consentano loro di avere più opportunità. Inclusa l’intelligenza artificiale».

Facciamo qualche esempio pratico?
«Siamo partiti con un corso sull’utilizzo di ChatGpt in agenzia a 360 gradi, dalla creazione immagine alla gestione dei social alla realizzazione di contenuti, di itinerari, in risposta ai clienti. Oggi pensiamo che l’intelligenza artificiale sia un aiutante esterno all’agenzia che possa in tempi istantanei fare quello per cui una persona impiega qualche minuto, mezz’ora o anche ore: realizzare un contenuto, un testo, una traduzione. Il fatto di poterla utilizzare per liberare tempo da dedicare al proprio cliente, attività a valore raggiunto, secondo noi è la strada giusta da intraprendere».

Altre cose che avete in cantiere, sempre nell’ambito della formazione?
«Continuiamo a fare formazione su tutta la parte legale e fiscale, perché non è mai sufficiente. Sappiamo benissimo quali sono le responsabilità che attaccate al mondo del turismo organizzato. Purtroppo tante, forse troppe. Ed è importante conoscere quali sono le regole del gioco e applicarle correttamente. Per cui: come si fa un contratto di viaggio, che cosa bisogna dire al cliente, come si gestisce un’eventuale controversia che capiterà sempre, purtroppo o per fortuna. Bisogna essere dalla parte del giusto, anche perché oggi i clienti sono abituati a trovare un avvocato che possa fare un’azione nei confronti dell’agenzia».

Avete parlato dei danni che arrivano dall’abusivismo. Perché tale fenomeno nel turismo organizzato sembra raggiungere livelli patologici?
«Direi che nel nostro caso è patologico perché come dicevo prima è un settore fatto di tante regole, responsabilità, oneri. Siamo un settore forse eccessivamente regolato. Perché comunque le agenzie viaggi hanno un direttore tecnico, pagano una RC, pagano un fondo insolvenza, pagano correttamente i propri dipendenti, e sappiamo purtroppo in Italia quanto costano in termini di contributi accessori. Quindi in un settore in cui la marginalità non è altissima, chi non rispetta le regole ha un vantaggio competitivo enorme rispetto alle imprese che sono in regola. Questo purtroppo per noi è un grande problema perché le nostre imprese sono in regola con le imposte, le tasse e le norme che conseguono, e poi c’è qualcuno che le sorpassa a destra perché, non rispettando quelle regole o addirittura lavorando in altri Paesi con fiscalità diverse, può avere un vantaggio a livello economico con tutti noi».

Il problema quindi sono le norme eccessivamente capillari e puntigliose o la mancanza di controlli per chi non le rispetta?
«Sicuramente anche la seconda. Norme senza controlli alimentano la presenza di operatori abusivi. I controlli oggi in Italia, con così tante regole, sono delegati allw Amministrazioni locali. Con il titolo quinto della Costituzione, la responsabilità di tutto questo è passata dal governo centrale a quelli regionali e, con la scomparsa delle province, si è passati anche al livello comunale. E non c’è una preparazione adeguata nei singoli Comuni per capire chi non rispetterà regole e quali sono le regole. Non ci sono nemmeno le risorse umane sufficienti a fare questi controlli. Ecco perché dilaga l’abusivismo».

Le norme qualcuno le scrive. E un’associazione ha fra i propri principali ruoli quello di interloquire con le istituzioni, con il legislatore o con chi aiuta il legislatore. Che tipo di lavoro fate su questo piano in Italia e in Unione europea?
«C’è un lavoro preventivo, finalmente, soprattutto a livello europeo. Si stanno ripensando le regole della direttiva pacchetti turistici, che deve essere coordinata con il regolamento di trasporti a livello europeo. Perché le due cose comunque vanno di pari passo. Nel momento in cui abbiamo la responsabilità sui pacchetti, uno dei nostri principali fornitori sono i vettori aerei. Per cui se abbiamo tante responsabilità a livello di tour operator, di organizzatori, di agenzie di viaggi, dobbiamo far sì che, quando qualcun altro non sta lavorando bene, a cascata si prenda certe responsabilità che non devono restare attaccate alle nostre imprese. Nell’ambito della revisione della direttiva pacchetti, a nostro avviso, oggi, la bilancia Ue pende troppo dalla parte del consumatore finale, a danno delle imprese. Già nella direttiva pacchetti attuale ci sono degli oneri eccessivi per le aziende. Guardando al Covid, è evidente come sia insostenibile economicamente il fatto che un tour operator sia costretto a rimborsare il cliente e poi sia quasi impossibilitato a recuperare quanto ha pagato ai fornitori a cui ha già anticipato tutti i soldi che aveva ricevuto dai clienti. C’è il pericolo che l’Unione europea peggiori ulteriormente questa situazione: un male che dobbiamo prevenire. Lo stiamo facendo con la nostra presenza in Ectaa, che sta lavorando ormai da qualche anno per evitare una revisione non corretta della direttiva. In Italia la situazione è complicata perché bisogna lavorare in modo capillare a livello regionale, provinciale comunale per aumentare ad esempio i controlli sull’abusivismo».

È sul piatto anche un ripensamento della normativa fiscale sul 74ter, visti i rischi di non essere competitivi in Italia rispetto ad altri Paesi che regolano l’Iva sui singoli servizi. Ricordiamo cosa prevede questo articolo?
«Il 74ter oggi è un’imposta sul margine del pacchetto venduto. Per cui si va a scorporare un 22% della marginalità generata da un singolo pacchetto turistico. Nel momento in cui dentro quel pacchetto turistico ci sono dei servizi sui quali vige invece un’aliquota al 10%, come nel caso di trasporti e degli alberghi, la differenza diventa significativa in termini di quanta imposta vado a pagare a parità di offerta. E se le regole non sono omogenee, questo diventa un problema. Noi più  sosteniamo da sempre un tema di “stesso mercato stesse regole”. Questo è un principio guida che è corretto e che dovrebbe essere applicato e bisogna vigilare sull’applicazione di questo principio. Per cui il nostro stesso lavoro non lo può fare l’abusivo, non lo può fare chi non ha i nostri stessi requisiti o i medesimi oneri. Ad esempio, alcuni vettori aerei tendono a vendere servizi che diventano quasi pacchetti turistici. Ma tali compagnie non hanno un fondo insolvenza come le agenzie viaggi e i tour operator. Quindi è importante che le regole siano il più possibile chiare per evitare poi controversie con il cliente finale e soprattutto che, una volta definite, siano applicate».

Vogliamo chiudere con le compagnie aeree? La cosa curiosa è che sullo stesso mercato, ovvero l’Unione europea, voi vi trovate con le compagnie aeree meno bene di quanto vi troviate, per esempio, con le compagnie americane.
«Ci troviamo meno bene con le compagnie aeree soprattutto in Italia. Perché l’Italia è un mercato molto differente, quasi dopato dalla presenza di vettori low cost. Oggi in Italia a novembre siamo intorno al 55-56% di peso delle low cost sul mercato. Nel 2022 superavano il 60% e questa è un’anomalia che non esiste in nessun altro Paese europeo, dove la media è del 30%. In Germania siamo sotto il 30%».

Perché?
«Perché non è stato consentito loro di conquistare quei mercati, come purtroppo hanno potuto fare in Italia per molti motivi. Uno su tutto la capillarità degli aeroporti che abbiamo in Italia che non ha eguali negli altri Paesi. Oggi ci sono forse troppi aeroporti, nati sulla base di esigenze delle amministrazioni locali e che pagano contributi ai vettori per portare traffico: perché se l’aeroporto non ha traffico non ha un futuro. In Italia ci sono troppi aeroporti che pagano oltre 500 milioni, oltre mezzo miliardo di euro, ai vettori aerei per volare sulle singole destinazioni. Questa situazione non è uguale negli altri Paesi e per noi diventa un problema nel momento in cui determinate compagnie non vogliono lavorare con la distribuzione, con le agenzie viaggi, con i tour operator. Che, viceversa, ricevono un mandato dai loro clienti per comprare biglietti per loro conto e invece si trovano le porte sbarrate da compagnie che bloccano i pagamenti e impongono il riconoscimento facciale. Questo non è ammissibile. Uno, perché l’Italia vive di incoming. Pensiamo a un cliente che arriva dall’America con una compagnia legacy, a cui vogliamo far vivere esperienze in Italia prevedendo spostamenti interni. Ebbene, non è accettabile il fatto che quel cliente sia obbligato a fare un riconoscimento facciale o che il tour operator non possa gestire quello stesso cliente, che magari ha pagato decine di migliaia di euro, per via di un volo che costa qualche centinaio di euro, offerto da una compagnia che non ci consente di lavorare. Ci sono aeroporti che sono fortemente sbilanciati su questi vettori. Tra le città coinvolte penso a Torino, Pisa, Bologna. Le agenzie che lavorano in quei territori hanno enormi difficoltà a svolgere al meglio il servizio per i loro clienti».

Ma tutta questa attività che vi danneggia è o non è legale? Perché voi avete fatto anche una class action nei confronti di uno di questi operatori…
«Noi abbiamo fatto una segnalazione all’Autorità garante della concorrenza del mercato evidenziando tutti questi problemi per cui è stata aperta un istruttoria. Ed è già un passaggio importante da parte del Garante. In un mercato dove esiste una situazione di monopolio su centinaia di tratte aeree in Italia e nel resto d’Europa, non è torrebile un monopolio anche nella gestione del cliente. Bisognerebbe giocare più di squadra per il bene di tutti. Per il bene del turismo e per il bene del nostro Paese. È questo che ci aspettiamo. Non è nel dna di Fto fare la guerra ai propri partner. In questo caso siamo stati obbligati».

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Giampiero Moncada
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