Climate change e travel:
imperativo sostenibilità

Climate change e travel: <br>imperativo sostenibilità
10 Ottobre 07:00 2023 Stampa questo articolo

Non ci sono più le vacanze di una volta. O per dirla come Bill Mc Guire, vulcanologo e professore “emerito” di rischi geofisici e climatici, in un editoriale pubblicato a luglio dalla Cnn, «le vacanze come le conosciamo sono finite, vanno limitati l’outgoing e gli spostamenti aerei». Potenza di un climate change che sta martellando senza pietà il turismo e sta ridefinendo la geografia dei viaggi, almeno come li abbiamo pensati finora. I turisti in fuga dagli incendi e dalle alluvioni sulle isole greche, gli hotel evacuati, i campeggi spazzati via dalla furia degli uragani non sono le immagini di un
film, ma la realtà vissuta in estate, soffocata da un caldo infernale. Tanto che il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha parlato di «ebollizione globale», in sintonia con un pool di scienziati: un’ondata di calore anomalo, che in teoria si verifica ogni 100 anni, ma d’ora in poi potrebbe capitare ogni due.

Anche il trasporto aereo ha subito danni incalcolabili per via del caldo record: basta ripensare agli aeroporti di Catania e Palermo, con passeggeri sballottati di qua e di là e disagi a valanga per tour operator e agenzie di viaggi. Tanto che anche il mondo delle assicurazioni ora è costretto a cambiare pelle, per garantire maggiori soluzioni e protezioni contro i cataclismi naturali. Contromisure? Cominciamo dalla sostenibilità, che può essere un argine valido contro il cambiamento climatico, anche e soprattutto sul versante turistico. In Grecia ne hanno parlato la European
Travel Agents’ and Tour Operators’ Associations e la Hellenic Association of Travel and Tourist Agencies.

E anche Pier Ezhaya, presidente di Astoi (Pad. A3 a Ttg Travel Experience 2023), batte e ribatte su questo tasto: «Il turismo può essere un formidabile costruttore di sostenibilità sociale, ma nel nostro settore si deve fare molto di più. Se oggi dovessi dire che tutte le imprese hanno messo in cima alle priorità questo tema rischierei di essere smentito. Dobbiamo prendere coscienza che questo è un fenomeno molto importante anche per l’economia delle nostre aziende. E non dimentichiamo che i nuovi consumatori indirizzano gli acquisti proprio in ragione di questi valori».
Quindi avanti tutta con la sostenibilità, a patto che sia vera e non di facciata, avverte Ezhaya, che mette al bando il greenwashing: «È legato a quelle strategie aziendali di comunicazione che puntano più ad annunciare che a fare, va fermato. Fortunatamente il fatto che si sia elevata la soglia di attenzione e di sensibilità verso un tema così importante è da salutare con grande soddisfazione e fiducia. Quello che ci stanno dicendo i maggiori studi sui cambiamenti climatici non si può più ignorare».

Dichiara guerra al greenwashing anche Magda Antonioli, docente di Macroeconomia ed Economia del turismo all’Università Bocconi, membro del cda di Enit e vicepresidente di European Travel Commission, che suggerisce: «Una tipologia di turismo che può favorire la sostenibilità nel settore – e limitare l’overtourism – è quello “fuori stagione”, appannaggio dei viaggiatori silver, cioè il segmento altospendente e multigenerazionale dai 55-65 anni in su. La tendenza è in aumento tra gli stranieri, che vengono in Italia con figli e nipoti e possono permettersi vacanze più lunghe, perché hanno più tempo e maggiore disponibilità economica. In questo modo si fa anche un ulteriore passo verso la destagionalizzazione del turismo». A mettere in difficoltà il turismo, però, non è solo la componente climatica. Pensiamo alle previsioni meteo, che rischiano di mandare a monte i piani delle aziende turistiche, spiega la Antonioli: «Già il grande caldo al mare ha contribuito a spostare il turismo di breve durata, se poi è influenzato anche dalle previsioni… Perché se viene annunciato il maltempo, che poi magari non si verifica, la gente cambia idea e non parte più».

A breve scruteranno il cielo per capire se nevicherà gli impiantisti: la settimana bianca è alle porte e sarà difficile avere la neve a bassa quota, dove prima si poteva sciare. «Adelante con juicio», risponde Valeria Ghezzi, presidente di Anef, reduce dall’assemblea annuale che ruotava intorno a climate change e sostenibilità. «L’anno scorso si è verificata una situazione straordinaria, senza neve, ma la stagione è stata eccezionale: sugli Appennini sono stati recuperati i due terzi dei turisti persi a Natale. Già nel biennio 88-90 siamo rimasti senza neve e abbiamo fatto un salto di
qualità grazie ai sistemi di innevamento programmato. Alle istituzioni chiediamo un cambio di passo con il ddl Montagna». «Non dormiamo tra due guanciali – precisa – Ma essere consapevoli dei problemi è fondamentale. Intanto, in vista dell’inverno le imprese funiviarie hanno investito oltre 250 milioni per migliorare la fruibilità della montagna».

Ma è lecito parlare già a ottobre di previsioni invernali, mandando in fibrillazione imprese turistiche e clienti? «No», risponde il professor Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società meteorologica italiana: «Il meteo ha un orizzonte a breve termine, di una settimana, in qualche caso di 15 giorni. A volte invece è difficile fare una buona previsione per le 48 ore seguenti. Tanto è vero che i bollettini “seri” inseriscono un codice di affidabilità: alta, media, bassa o una percentuale. Manca una gerarchia qualitativa degli organi che producono le previsioni, ci si affida a
siti poco credibili e i riflessi negativi sul turismo sono inevitabili». Ma perché i moniti sul climate change son ostati snobbati? «Frutto di un immobilismo che impera da 30 anni. Basta aprire qualsiasi rapporto sui cambiamenti climatici degli anni ‘90 per capire che era tutto previsto. Bisogna agire subito. Prima che sia troppo tardi». Parola di Mercalli.

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L'Autore

Fabrizio Condò
Fabrizio Condò

Giornalista professionista, innamorato del suo lavoro, appassionato di Storia, Lettura, Cinema, Sport, Turismo e Viaggi. Inviato ai Giochi di Atene 2004

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