Allarme lavoro nel travel, lo studio Slea: “Serve più qualità”

Allarme lavoro nel travel, lo studio Slea: “Serve più qualità”
09 Maggio 07:00 2023 Stampa questo articolo

Un settore d’oro, ma che umilia il lavoro”. Titola così la sinossi dello studio “Il lavoro nel turismo italiano attraverso l’era Covid” redatto dalla società di consulenza Slea con la coordinazione scientifica del suo fondatore Stefano Landi. Il travel, da una profonda crisi della domanda dovuta alla pandemia, è giunto poi a una crisi di costi generata dall’inflazione, per vivere oggi un persistente vuoto di personale (soprattutto qualificato) che rischia di compromettere o comunque rallentare il grande rilancio del settore. Quella dell’occupazione è una sfida cruciale che non si può eludere.

Negli ultimi decenni, si evince dallo studio, “il lavoro nel turismo è stato caratterizzato da una crescente precarietà e dalla svalorizzazione delle professionalità, con un continuo e diffuso peggioramento delle condizioni lavorative”. I dati raccolti da Slea parlano di un 70% di lavoratori irregolari, di un 60% a tempo parziale, il 55% a chiamata, il 40% precario e il 20% stagionale. Inoltre, le retribuzioni sono inferiori rispetto alla media degli altri settori economici e produttivi: l’80% del personale è infatti inquadrato ai livelli più bassi dei contratti nazionali di lavoro. Tutte criticità, queste, in realtà già presenti nel comparto ma rese ancora più evidenti dal Covid. Il prezzo più alto lo hanno pagato senza dubbio gli stagionali.

Tra i lavoratori del travel, per tipo di contratto riferibile a “servizi turistici”, in linea generale gli ultimi dati disponibili al 2021 illustrano un saldo tra attivazioni e cessazioni di rapporti di lavoro positivo per ciò che riguarda i contratti a tempo determinato e indeterminato, questi ultimi in netta predominanza. Sono 167mila le attivazioni nette; il saldo è negativo solo per l’apprendistato.

IL LAVORO NELLE AGENZIE DI VIAGGI

Quanto alle agenzie di viaggi, queste sono state fortemente colpite dagli eventi pandemici (nel 2022, come emerge dal nostro Annuario hanno chiuso 366 imprese del turismo organizzato, adv comprese), quando il 60% del personale ha lavorato in smart working. I lavoratori dipendenti nell’intermediazione turistica sono 25.965, dei quali l’83,4% sotto contratto a tempo indeterminato (10,4% a tempo determinato e 6,1% stagionale). Gli apprendisti sono poco più del 4%, stessa percentuale per i dirigenti. Nel 2021 i lavoratori a chiamata nell’intermediazione sono stati 4.617, con una media mensile di 1.406 (in crescita dal 2015, con la sola eccezione del 2020).

Ad aprile 2023, le previsioni di Unioncamere Excelsior in collaborazione con Anpal dicono che il turismo è al primo posto tra i settori che assumeranno fino a giugno: il 22,5% di quelle che prevedono assunzioni sono imprese ricettive e della ristorazione, il 19% del commercio. Di rilievo la domanda di lavoro della filiera turistica, con 108mila opportunità offerte nel mese e oltre 393mila nell’intero trimestre aprile-giugno. Non si conoscono le tipologie di accordo, ma considerato il periodo pre-estivo si presume che la maggior parte dei contratti possa essere a tempo determinato.

IL GUEST RATING ONLINE

Nel corso del 2022, però, il team di Stefano Landi sottolinea che il guest rating online di molte località turistiche italiane è peggiorato rispetto a quello degli anni passati. E questo non va sottovalutato: “Inutile continuare a ignorare il problema della disponibilità di manodopera specializzata nel settore del turismo”, prosegue il report, disponibile online sul sito web di Slea. È chiaro che il lavoro nel turismo nel prossimo futuro crescerà inevitabilmente sulla spinta dell’espansione della domanda.

Ma ciò che auspica il settore e rimarca Slea è la crescita della qualità: “È necessario un lavoro nuovo, regolare, dignitoso, stabile, con il corretto riconoscimento delle professionalità e delle competenze, che sicuramente devono essere in costante aggiornamento attraverso la formazione”.

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Giulia Di Camillo
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